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Rinuncia al ricorso: niente spese e doppio contributo

Una contribuente, dopo aver impugnato fino in Cassazione un accertamento fiscale basato sul “redditometro”, decide di effettuare una rinuncia al ricorso. La Suprema Corte dichiara estinto il giudizio e chiarisce due principi importanti: in caso di rinuncia, la condanna alle spese è una facoltà discrezionale del giudice e non un obbligo, e non si applica il raddoppio del contributo unificato, previsto solo per i casi di rigetto o inammissibilità.

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Pubblicato il 3 novembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Rinuncia al ricorso: Quando è possibile evitare spese e sanzioni

La rinuncia al ricorso rappresenta una scelta strategica che può chiudere un contenzioso, ma quali sono le sue reali conseguenze economiche? Un’ordinanza recente della Corte di Cassazione fa luce su due aspetti cruciali: la condanna alle spese legali e l’obbligo di versare il doppio del contributo unificato. La decisione analizza il caso di una contribuente che, dopo un lungo iter giudiziario contro l’Agenzia delle Entrate, ha deciso di rinunciare al proprio ricorso, portando la Corte a dichiarare l’estinzione del giudizio con importanti precisazioni sulle spese processuali.

Il caso: dal Redditometro alla Cassazione

La vicenda ha origine da due avvisi di accertamento notificati dall’Agenzia delle Entrate a una contribuente. L’Amministrazione Finanziaria, utilizzando lo strumento del cosiddetto “redditometro”, aveva rettificato i redditi dichiarati per gli anni 2007 e 2008, ritenendoli inferiori a quelli presumibilmente percepiti sulla base delle spese sostenute.

La contribuente ha impugnato gli atti impositivi prima davanti alla Commissione Tributaria Provinciale e poi, a seguito della prima sconfitta, di fronte alla Commissione Tributaria Regionale. Entrambi i gradi di giudizio si sono conclusi con un esito sfavorevole per la parte privata, che ha quindi deciso di proseguire la battaglia legale presentando ricorso per cassazione, lamentando vizi procedurali e una errata applicazione delle norme sul redditometro.

La svolta: la rinuncia al ricorso e le sue conseguenze

Prima della data fissata per la discussione in camera di consiglio, la ricorrente ha compiuto un passo decisivo: ha formalmente depositato un atto di rinuncia al ricorso. Questo atto unilaterale ha cambiato radicalmente il corso del procedimento, spostando l’attenzione della Corte non più sul merito della pretesa fiscale, ma sulle conseguenze procedurali di tale rinuncia.

La decisione sulla estinzione del giudizio

Preso atto della rinuncia, formalizzata nel rispetto dei termini e delle modalità previste dalla legge, la Corte di Cassazione non ha potuto fare altro che dichiarare l’estinzione del giudizio. A questo punto, però, si sono poste due questioni fondamentali di natura economica: chi paga le spese legali e si deve applicare il raddoppio del contributo unificato?

Le motivazioni della Corte: un’analisi sulla rinuncia al ricorso

La Suprema Corte ha fornito una motivazione chiara e dettagliata su entrambi i punti, basandosi su un’interpretazione rigorosa delle norme procedurali e su precedenti consolidati.

Discrezionalità sulla condanna alle spese

In primo luogo, la Corte ha chiarito che, in caso di rinuncia, la condanna alle spese della parte rinunciante non è automatica. L’articolo 391, comma 2, del codice di procedura civile (nel testo applicabile al caso) non impone al giudice di condannare alle spese la parte che ha dato causa al giudizio, ma gli conferisce la facoltà di farlo. Si tratta, quindi, di una scelta discrezionale. In questo caso specifico, la Corte ha deciso di non provvedere in ordine alle spese, lasciandole a carico di ciascuna parte.

Nessun raddoppio del contributo unificato

Ancora più rilevante è la statuizione sul cosiddetto “doppio contributo”. L’articolo 13, comma 1-quater, del Testo Unico sulle spese di giustizia prevede che la parte la cui impugnazione è respinta integralmente, o dichiarata inammissibile o improcedibile, è tenuta a versare un ulteriore importo pari a quello del contributo unificato. La Corte ha sottolineato che questa norma ha un carattere eccezionale e sanzionatorio. In quanto tale, non può essere interpretata in modo estensivo o analogico per includere casi non espressamente previsti, come l’estinzione del giudizio per rinuncia. Pertanto, la ricorrente non è stata tenuta a pagare alcuna somma aggiuntiva.

Conclusioni: implicazioni pratiche della sentenza

L’ordinanza in esame offre spunti pratici di notevole importanza per chiunque si trovi a gestire un contenzioso. La decisione di procedere con una rinuncia al ricorso, magari a seguito di una valutazione aggiornata delle probabilità di successo o di un accordo stragiudiziale, può avere conseguenze economiche meno gravose del previsto. Questa pronuncia conferma che:
1. La condanna alle spese non è una conseguenza certa della rinuncia, ma dipende da una valutazione discrezionale della Corte.
2. L’estinzione del processo per rinuncia esclude categoricamente l’applicazione della sanzione del raddoppio del contributo unificato, limitando i costi a carico della parte che decide di abbandonare l’impugnazione.

Chi rinuncia a un ricorso in Cassazione deve sempre pagare le spese legali della controparte?
No. Secondo la Corte, la normativa applicabile (art. 391, c. 2, c.p.c.) non impone, ma conferisce alla Corte la facoltà di condannare alle spese la parte che rinuncia. Si tratta di una decisione discrezionale.

La rinuncia al ricorso comporta il pagamento del doppio del contributo unificato?
No. La Corte ha stabilito che la norma che prevede il raddoppio del contributo unificato ha carattere eccezionale e sanzionatorio e si applica solo nei casi di rigetto integrale, inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione, non in caso di estinzione del processo per rinuncia.

Qual è l’effetto principale della rinuncia al ricorso presentata prima dell’udienza?
L’effetto principale, se la rinuncia è avvenuta nelle forme e nei termini di legge, è la declaratoria di estinzione del giudizio. Il processo si chiude senza che la Corte si pronunci sul merito della questione controversa.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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