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Rinuncia al ricorso: niente doppio contributo unificato

Un ente locale, dopo aver impugnato una sentenza tributaria sfavorevole, ha raggiunto un accordo con il contribuente. La conseguente rinuncia al ricorso ha portato la Cassazione a dichiarare l’estinzione del giudizio. La Corte ha stabilito che, in caso di estinzione, non si applica la sanzione del raddoppio del contributo unificato, prevista solo per i casi di rigetto o inammissibilità dell’impugnazione.

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Pubblicato il 8 dicembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Rinuncia al Ricorso in Cassazione: Quando si Evita il Raddoppio del Contributo Unificato

La gestione di un contenzioso, specialmente quando arriva in Corte di Cassazione, presenta diverse variabili, non solo giuridiche ma anche economiche. Una recente ordinanza della Suprema Corte chiarisce un punto fondamentale riguardante le conseguenze della rinuncia al ricorso: l’esclusione dell’obbligo di versare il doppio del contributo unificato. Questa decisione, basata su un’interpretazione rigorosa della normativa, offre uno spunto strategico importante per le parti che valutano una soluzione transattiva della lite.

Il caso: da un avviso IMU alla rinuncia in Cassazione

La vicenda trae origine da un avviso di accertamento per l’IMU notificato da un Comune a una contribuente. Quest’ultima aveva impugnato con successo l’atto dinanzi alle commissioni tributarie. L’ente locale, non soddisfatto della sentenza di secondo grado, aveva deciso di proseguire la battaglia legale presentando ricorso per Cassazione.

Tuttavia, nelle more del giudizio di legittimità, le parti hanno trovato un punto d’incontro, siglando un accordo transattivo che ha risolto la controversia. Di conseguenza, il Comune ha depositato un atto di rinuncia al ricorso, prontamente accettato dalla contribuente.

La decisione della Corte sulla rinuncia al ricorso

Preso atto della rinuncia e della relativa accettazione, la Corte di Cassazione ha dichiarato l’estinzione del giudizio. La decisione si fonda su un principio consolidato del diritto processuale: quando la parte che ha promosso l’impugnazione decide di ritirarla e la controparte accetta tale ritiro, il processo si chiude senza una pronuncia sul merito della questione. Due sono state le conseguenze immediate di questa pronuncia.

In primo luogo, in applicazione dell’art. 391, quarto comma, del codice di procedura civile, la Corte non ha emesso alcuna statuizione sulle spese legali, lasciando che la loro regolamentazione seguisse quanto eventualmente previsto nell’accordo tra le parti. In secondo luogo, e questo è il punto più rilevante, ha escluso l’obbligo per il ricorrente di versare un’ulteriore somma a titolo di contributo unificato.

Le Motivazioni: Perché la rinuncia al ricorso esclude il doppio contributo

La Corte ha fornito una spiegazione chiara e lineare sul perché l’estinzione del giudizio per rinuncia non attiva la cosiddetta sanzione del “doppio contributo”. La norma di riferimento è l’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115/2002. Questa disposizione prevede che la parte che ha proposto un’impugnazione poi respinta integralmente, o dichiarata inammissibile o improcedibile, è tenuta a versare un importo ulteriore pari a quello del contributo unificato già pagato.

I giudici hanno sottolineato che tale norma ha una natura lato sensu sanzionatoria ed eccezionale. Il suo scopo è scoraggiare le impugnazioni pretestuose o palesemente infondate. Proprio per questa sua natura, la norma deve essere interpretata in modo restrittivo e non può essere applicata per analogia a situazioni non espressamente contemplate. L’estinzione del giudizio è una fattispecie del tutto diversa dal rigetto, dall’inammissibilità o dall’improcedibilità. Mentre queste ultime implicano una valutazione negativa dell’impugnazione da parte del giudice, l’estinzione deriva semplicemente dalla volontà delle parti di porre fine al processo. Di conseguenza, non sussiste il presupposto per applicare la sanzione.

Le Conclusioni: Implicazioni pratiche della pronuncia

La decisione della Cassazione conferma un orientamento giurisprudenziale consolidato e riveste un’importanza pratica notevole. Essa offre una maggiore certezza alle parti che, pendente un ricorso, decidono di negoziare un accordo. Sapere che la rinuncia al ricorso, quale esito naturale di una transazione, non comporterà il costo aggiuntivo del doppio contributo unificato può incentivare la ricerca di soluzioni conciliative. Questo approccio non solo riduce il carico di lavoro delle corti, ma permette anche alle parti di definire la controversia in modo più rapido ed economicamente prevedibile, evitando gli aleatori esiti di un giudizio di legittimità.

Se si rinuncia a un ricorso in Cassazione, si devono pagare le spese legali alla controparte?
No. Secondo l’ordinanza, in caso di rinuncia al ricorso accettata dalla controparte, la Corte non dispone sulla regolamentazione delle spese giudiziali, come previsto dall’art. 391, quarto comma, del codice di procedura civile.

La rinuncia al ricorso comporta sempre il pagamento del doppio del contributo unificato?
No. La Corte di Cassazione chiarisce che l’obbligo di versare un’ulteriore somma pari al contributo unificato si applica solo in caso di rigetto, inammissibilità o improponibilità del ricorso, non in caso di estinzione del giudizio per rinuncia.

Perché l’obbligo di versare il doppio del contributo unificato non si applica in caso di estinzione del giudizio?
Perché la norma che prevede tale obbligo (art. 13, comma 1-quater, d.P.R. 115/2002) è considerata di natura sanzionatoria ed eccezionale. Come tale, deve essere interpretata in senso stretto e non può essere estesa a casi non espressamente previsti, come l’estinzione del giudizio.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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