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Rinuncia al ricorso: niente doppio contributo unificato

La Corte di Cassazione ha dichiarato estinto un giudizio tributario a seguito della rinuncia al ricorso da parte di un Comune contro un’Azienda Sanitaria Locale. La Corte ha stabilito che la rinuncia al ricorso, accettata dalla controparte, estingue il processo ma non fa scattare l’obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, poiché tale misura si applica solo in caso di rigetto, inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione.

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Pubblicato il 21 novembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Rinuncia al ricorso: la Cassazione esclude il raddoppio del contributo

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fa luce su un importante aspetto processuale: le conseguenze della rinuncia al ricorso in merito all’obbligo di versamento del doppio contributo unificato. La decisione chiarisce che la scelta di porre fine a una controversia tramite rinuncia, accettata dalla controparte, non comporta l’applicazione di questa misura sanzionatoria, favorendo così la risoluzione concordata delle liti.

I Fatti del Contenzioso Tributario

La vicenda trae origine da una disputa fiscale tra un Comune e un’Azienda Sanitaria Locale. Il Comune aveva emesso avvisi di accertamento per il mancato pagamento dell’ICI (poi IMU) relativamente agli anni 2008, 2009 e 2010 per un immobile di proprietà dell’ente sanitario, precedentemente adibito a ospedale.

Il caso era approdato davanti alle Commissioni Tributarie. La Commissione Tributaria Provinciale aveva parzialmente accolto il ricorso dell’Azienda Sanitaria, annullando l’accertamento per il 2008 per decadenza e le sanzioni per gli altri anni. Successivamente, la Commissione Tributaria Regionale aveva respinto sia l’appello del Comune sia quello dell’ente sanitario. Avverso tale sentenza, il Comune aveva infine proposto ricorso per cassazione, al quale l’Azienda Sanitaria aveva risposto con un controricorso.

La Svolta in Cassazione: La Rinuncia al Ricorso

Durante il giudizio dinanzi alla Suprema Corte, è intervenuto un fatto decisivo. Le parti, a seguito di trattative, hanno raggiunto un accordo per la definizione complessiva del contenzioso. Di conseguenza, il difensore del Comune ricorrente ha depositato un atto di rinuncia al ricorso, prontamente accettato dai legali dell’Azienda Sanitaria.

Questo atto ha cambiato radicalmente il corso del procedimento. Anziché decidere nel merito dei motivi di ricorso, la Corte di Cassazione si è trovata a dover prendere atto della volontà delle parti di porre fine alla lite.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte, applicando l’art. 391 del codice di procedura civile, ha dichiarato l’estinzione del giudizio. La parte più significativa della decisione, tuttavia, riguarda l’applicazione dell’art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. n. 115 del 2002. Questa norma prevede che, quando un’impugnazione è respinta integralmente o dichiarata inammissibile o improcedibile, la parte che l’ha proposta è tenuta a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso stesso.

La Cassazione ha ribadito un principio consolidato: questa misura ha natura sanzionatoria ed è eccezionale. Pertanto, non può essere applicata al di fuori dei casi tassativamente previsti dalla legge. La rinuncia al ricorso non rientra tra queste ipotesi. Come affermato dalla Corte, citando un proprio precedente (Cass. n. 23175/2015), la norma “non trova applicazione in caso di rinuncia al ricorso per cassazione in quanto tale misura si applica ai soli casi tipici del rigetto dell’impugnazione o della sua declaratoria d’inammissibilità o improcedibilità”. Trattandosi di una misura lato sensu sanzionatoria, essa è di stretta interpretazione e non suscettibile di applicazione analogica o estensiva.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Decisione

L’ordinanza conferma un orientamento fondamentale per la gestione delle controversie legali. La scelta di definire una lite attraverso un accordo, formalizzato con una rinuncia al ricorso, non solo estingue il processo in modo efficiente, ma mette anche al riparo la parte rinunciante dalla ‘sanzione’ del raddoppio del contributo unificato. Questa chiarezza giuridica incentiva le parti a cercare soluzioni transattive anche in fase di legittimità, con evidenti benefici in termini di deflazione del contenzioso e di certezza dei costi processuali. La decisione rafforza la distinzione tra la soccombenza nel merito e la chiusura concordata del giudizio, valorizzando quest’ultima come uno strumento efficace e privo di oneri sanzionatori aggiuntivi.

Cosa succede a un processo se la parte che ha fatto ricorso decide di rinunciare?
Se la parte che ha proposto ricorso presenta un atto di rinuncia e questo viene accettato dalla controparte, il giudizio si estingue, ovvero si chiude senza una decisione nel merito della questione.

La rinuncia al ricorso in Cassazione comporta il pagamento del doppio del contributo unificato?
No. Secondo la costante giurisprudenza della Corte di Cassazione, la rinuncia al ricorso non fa scattare l’obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato.

Perché il raddoppio del contributo unificato non si applica in caso di rinuncia?
Il raddoppio del contributo unificato è considerato una misura eccezionale con carattere sanzionatorio. Si applica solo nei casi specificamente previsti dalla legge: rigetto integrale, inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione. Essendo una norma di stretta interpretazione, non può essere estesa per analogia alla rinuncia.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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