Rinuncia al Ricorso: La Cassazione Chiarisce, Niente Doppio Contributo
La rinuncia al ricorso rappresenta uno strumento processuale che consente di porre fine a una controversia in modo definitivo. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha fornito un chiarimento essenziale sulle conseguenze economiche di questa scelta, specificando quando non si applica il temuto ‘raddoppio del contributo unificato’. Analizziamo questa importante decisione.
I Fatti del Caso: Dalla Commissione Tributaria alla Cassazione
Una società in liquidazione aveva impugnato una sentenza della Commissione Tributaria Regionale, portando la questione dinanzi alla Corte di Cassazione. Il contenzioso verteva su una pretesa fiscale relativa alla tariffa di igiene ambientale (TIA) per l’anno 2004. La società controparte si era costituita in giudizio, chiedendo che il ricorso venisse dichiarato inammissibile o rigettato.
La Svolta Processuale e la Decisione sulla Rinuncia al Ricorso
Prima che la Corte potesse decidere nel merito, si è verificato un evento che ha cambiato le sorti del processo: la società ricorrente ha depositato un atto di rinuncia al ricorso. Fondamentalmente, ha deciso di abbandonare la propria impugnazione. Tale rinuncia è stata formalmente accettata dalla controparte, con un accordo per la compensazione delle spese legali. A questo punto, la Corte di Cassazione non ha dovuto esaminare i motivi del ricorso, ma si è limitata a prendere atto della volontà delle parti di chiudere il contenzioso.
Le Motivazioni della Suprema Corte
La decisione della Corte si fonda su due principi cardine del diritto processuale.
In primo luogo, ai sensi dell’art. 391 del codice di procedura civile, quando la parte che ha proposto un’impugnazione vi rinuncia e la controparte accetta, il processo si estingue. La Corte ha quindi dichiarato l’estinzione del giudizio e, conformemente all’accordo tra le parti, ha disposto la compensazione delle spese: ogni parte ha sostenuto i propri costi legali.
In secondo luogo, e questo è il punto più rilevante della pronuncia, la Corte ha affrontato la questione del versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dall’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002. Questa norma prevede che, in caso di rigetto, inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione, la parte che l’ha proposta è tenuta a pagare un importo pari a quello del contributo unificato già versato. Si tratta, di fatto, di un raddoppio del costo del giudizio.
La Corte ha stabilito che questa norma ha una natura eccezionale e sostanzialmente sanzionatoria. Di conseguenza, non può essere applicata per analogia a casi non espressamente previsti. La rinuncia al ricorso, che porta all’estinzione del processo, non rientra tra le ipotesi di rigetto, inammissibilità o improcedibilità. Pertanto, il ricorrente che rinuncia non è soggetto a questa sanzione economica.
Conclusioni
Questa ordinanza della Corte di Cassazione rafforza un principio di stretta interpretazione delle norme sanzionatorie. La decisione offre una chiara indicazione pratica: la rinuncia all’impugnazione, sebbene comporti l’abbandono della pretesa, permette di evitare il rischio di un esito negativo del giudizio e la conseguente condanna al pagamento del doppio contributo unificato. Si tratta di una valutazione strategica fondamentale per le parti che, nel corso di un lungo contenzioso, possono decidere di porre fine alla lite in modo concordato, contenendo i costi e le incertezze di un giudizio di legittimità.
Cosa succede se si rinuncia a un ricorso in Cassazione con l’accordo della controparte?
Il processo si estingue. Ciò significa che il procedimento giudiziario si conclude definitivamente senza una decisione nel merito della questione.
In caso di rinuncia al ricorso, si deve pagare il cosiddetto ‘raddoppio del contributo unificato’?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che l’obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato si applica solo nei casi di rigetto, inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione, e non in caso di estinzione del processo per rinuncia.
Perché il raddoppio del contributo unificato non si applica alla rinuncia?
Perché questa misura ha una natura eccezionale e sanzionatoria. In quanto tale, non può essere interpretata in modo estensivo o analogico e si applica solo alle ipotesi tassativamente previste dalla legge, tra le quali non figura la rinuncia.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 24266 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 24266 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data pubblicazione: 31/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 14230/2019 R.G. proposto da : RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa dall’Avv. COGNOME NOMECODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE rappresentato e difeso dall’Avv. COGNOME ANNUNZIATA RITA (CNCNNZ62R58C351O)
-controricorrente-
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. Sicilia n. 4539/2018 depositata il 22/10/2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 12/02/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Fatti di causa
La società contribuente ha proposto ricorso per cassazione con quattro motivi (per TIA anno 2004);
resiste con controricorso la RAGIONE_SOCIALE che chiede di dichiarare inammissibile o di rigettare il ricorso.
Considerato che
E’ stata depositata la rinuncia al ricorso a spese compensate, con accettazione del controricorrente.
Ai sensi dell’art. 391 cod. proc. civ. deve disporsi l’estinzione del giudizio per rinuncia con la compensazione delle spese del giudizio, in considerazione dell’accettazione della rinuncia così come proposta.
Non ricorrono, inoltre, i presupposti del versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, ai sensi dell’art. 13 comma 1quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, legge n. 228 del 2012, trattandosi di misura la cui natura eccezionale, in quanto lato sensu sanzionatoria, impedisce ogni estensione interpretativa oltre i casi tipici del rigetto, inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione (Cass., 12 novembre 2015, n. 23175; Cass., 28 maggio 2020, n. 10140; Cass., 18 luglio 2018, n. 19071).
P.Q.M.
Dichiara l’estinzione del processo.
Compensa tra le parti le spese del giudizio.
Così deciso in Roma, il 12/02/2025 .