Rinuncia al ricorso: una scelta che evita il raddoppio del contributo unificato
Nel complesso mondo del contenzioso tributario, la scelta di proseguire un percorso giudiziario fino all’ultimo grado di giudizio deve essere ponderata con attenzione. Un’ordinanza recente della Corte di Cassazione illumina una strategia processuale fondamentale: la rinuncia al ricorso. Questo atto, come vedremo, non solo può essere la via più saggia in caso di definizione amministrativa della pendenza, ma protegge anche il contribuente da sanzioni pecuniarie come il raddoppio del contributo unificato. Analizziamo insieme la decisione e le sue importanti implicazioni pratiche.
I Fatti del Caso
Un contribuente aveva impugnato una sentenza della Corte di giustizia tributaria di secondo grado, portando la controversia dinanzi alla Corte di Cassazione. Tuttavia, durante il procedimento, il ricorrente ha deciso di avvalersi di una definizione amministrativa per risolvere la propria posizione fiscale con l’Agenzia delle Entrate. Coerentemente con questa scelta, ha depositato un atto di rinuncia al ricorso, notificandolo formalmente alla controparte.
La Decisione della Corte di Cassazione sulla Rinuncia al Ricorso
Preso atto della rinuncia, la Corte di Cassazione ha agito di conseguenza. In primo luogo, ha dichiarato l’estinzione del giudizio. Questo significa che il processo si è concluso senza una decisione nel merito della questione, poiché la parte che lo aveva promosso ha ritirato la propria impugnazione. In secondo luogo, la Corte ha disposto la compensazione delle spese di lite, stabilendo che ciascuna parte dovesse sostenere i propri costi legali. Ma il punto più significativo riguarda un aspetto economico di grande rilevanza.
Le Motivazioni: Perché la Rinuncia al Ricorso non Comporta il Raddoppio del Contributo Unificato
Il cuore dell’ordinanza risiede nella chiara affermazione che la rinuncia al ricorso non fa scattare l’obbligo del cosiddetto ‘raddoppio del contributo unificato’. Questa misura, prevista dall’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115/2002, impone alla parte che ha visto il proprio appello respinto, dichiarato inammissibile o improcedibile di versare un ulteriore importo pari al contributo unificato iniziale.
La Corte, richiamando una propria precedente pronuncia (Cass. n. 21182/2022), ha ribadito la natura eccezionale e sostanzialmente sanzionatoria di questa norma. Proprio per tale natura, la sua applicazione non può essere estesa per analogia oltre i casi espressamente previsti dalla legge. La rinuncia non rientra tra queste ipotesi. Mentre il rigetto o l’inammissibilità sanciscono un ‘torto’ processuale dell’appellante, la rinuncia è un atto dispositivo della parte, che sceglie volontariamente di porre fine alla lite, spesso per ragioni di opportunità come, appunto, una definizione bonaria della controversia. Impedire l’applicazione estensiva della sanzione è quindi una garanzia per il contribuente che opta per una soluzione conciliativa.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza
Questa ordinanza offre un’indicazione strategica chiara e preziosa per contribuenti e difensori. Scegliere di rinunciare a un ricorso in Cassazione, specialmente quando si aprono canali di definizione amministrativa, è una mossa processualmente sicura che non espone al rischio di costi aggiuntivi imprevisti. La decisione conferma che l’istituto del raddoppio del contributo è una misura punitiva legata all’esito negativo dell’impugnazione decisa dal giudice, e non a una scelta volontaria della parte di terminare il contenzioso. Di conseguenza, la rinuncia al ricorso si consolida come uno strumento efficace per gestire l’uscita da un procedimento giudiziario senza incorrere in ulteriori oneri economici.
Se un contribuente rinuncia al ricorso in Cassazione, il giudizio si estingue?
Sì, la Corte di Cassazione, accertata la presenza di un atto di rinuncia, dichiara l’estinzione del giudizio, ponendo fine al procedimento.
In caso di rinuncia al ricorso, si è tenuti a pagare il doppio del contributo unificato?
No, l’ordinanza chiarisce che la rinuncia al ricorso non fa scattare l’obbligo del raddoppio del contributo unificato, poiché questa misura ha natura sanzionatoria e si applica solo nei casi di rigetto, inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione.
Come vengono regolate le spese legali quando un ricorso viene rinunciato?
Nel caso specifico esaminato, la Corte ha disposto la compensazione delle spese processuali tra le parti, il che significa che ogni parte sostiene i propri costi legali.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 7644 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 7644 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 22/03/2025
Oggetto: rinuncia al ricorso
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 14075/2023 R.G. proposto da COGNOME rappresentato e difeso per mandato speciale apposto in atto separato prodotto unitamente al ricorso dall’avv. NOME COGNOME (PEC: EMAIL
-ricorrente – contro
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato presso i cui Uffici è domiciliata in Roma, INDIRIZZO (PEC: EMAIL
-controricorrente – per la cassazione della sentenza della Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Calabria n. 3929/02/22 depositata in data 21/12/2022;
Udita la relazione della causa svolta nell’adunanza camerale del 13/02/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Rilevato e considerato che:
-è in atti rinuncia al ricorso, con la quale il ricorrente dichiara di voler provvedere alla definizione amministrativa della propria posizione tributaria/fiscale e rinunciare al ricorso;
tale atto risulta notificato alla controparte ma non vistato da questa;
va quindi dichiarata l’estinzione del giudizio, con compensazione delle spese di lite;
infine, è stato chiarito (cfr. ex multis Cass. 5 luglio 2022, n. 21182) che, trattandosi di rinuncia al ricorso, non trova applicazione il raddoppio del contributo unificato ex art. 13, comma 1-quater, d.P.R. n. 115 del 2002, misura la cui natura eccezionale, perché in senso ampio sanzionatoria, impedisce ogni estensione interpretativa oltre i casi tipici del rigetto, inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione ;
p.q.m.
dichiara estinto il giudizio; compensa le spese processuali tra le parti. Così deciso in Roma, il 13 febbraio 2025.