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Rinuncia al ricorso: niente doppio contributo

Un Comune e una società, dopo aver presentato ricorso e controricorso in Cassazione per una controversia sull’IMU, hanno raggiunto un accordo. A seguito della loro richiesta congiunta, la Corte ha dichiarato l’estinzione del giudizio per rinuncia al ricorso. La decisione chiarisce che in caso di rinuncia non è dovuto il raddoppio del contributo unificato, poiché tale misura si applica solo in caso di rigetto o inammissibilità dell’impugnazione.

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Pubblicato il 10 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Rinuncia al Ricorso in Cassazione: Quando Non si Paga il Doppio Contributo

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fornisce un chiarimento fondamentale per chiunque affronti un contenzioso tributario. La decisione stabilisce che la rinuncia al ricorso, a seguito di un accordo tra le parti, non comporta l’obbligo di versare il cosiddetto “doppio contributo unificato”. Questo principio, basato su una stretta interpretazione della normativa, incentiva la risoluzione bonaria delle liti, anche in fase di legittimità.

I Fatti del Caso

La vicenda trae origine da un avviso di accertamento per l’IMU relativa all’anno 2014, notificato da un Comune a una società. La contribuente impugnava l’atto e otteneva ragione in primo grado presso la Commissione Tributaria Provinciale. Successivamente, la Commissione Tributaria Regionale ribaltava la decisione, respingendo l’appello della società.

Contro la sentenza di secondo grado, il Comune proponeva ricorso per cassazione, affidato a tre motivi. La società, a sua volta, resisteva con un controricorso, proponendo anche un ricorso incidentale basato su un unico motivo.

La Conciliazione e la Rinuncia al Ricorso

Prima che la Corte di Cassazione potesse decidere nel merito, le parti raggiungevano una conciliazione per risolvere la controversia. Di conseguenza, depositavano un’istanza congiunta con cui dichiaravano di rinunciare, rispettivamente, al ricorso principale e a quello incidentale. Ogni parte aderiva alla rinuncia dell’altra, manifestando così una volontà comune di porre fine al giudizio.

A fronte di tale accordo, la Corte non ha potuto fare altro che prendere atto della volontà delle parti e dichiarare l’estinzione del processo.

Le Motivazioni della Corte

Il punto cruciale della decisione riguarda le conseguenze economiche della rinuncia al ricorso, in particolare l’applicabilità del versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dall’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 115/2002. Questa norma impone al ricorrente che ha visto la sua impugnazione respinta, dichiarata inammissibile o improcedibile, di pagare un importo pari a quello del contributo già versato.

La Corte Suprema ha ribadito il suo orientamento consolidato, secondo cui tale obbligo ha una natura sanzionatoria e, in quanto misura eccezionale, deve essere interpretato in modo restrittivo. Non è possibile, pertanto, applicarla in via analogica o estensiva a casi non espressamente previsti dalla legge. I casi tipici che attivano l’obbligo sono il rigetto nel merito o la declaratoria di inammissibilità o improcedibilità.

La rinuncia al ricorso non rientra in nessuna di queste categorie. Pertanto, la Corte ha concluso che non sussistono i presupposti per imporre il pagamento del doppio contributo. Parallelamente, data la natura consensuale della chiusura del contenzioso, ha disposto la compensazione integrale delle spese di lite, lasciando che ogni parte sostenesse i propri costi legali.

Conclusioni

L’ordinanza conferma un principio di notevole importanza pratica: la via della conciliazione è sempre percorribile e vantaggiosa, anche quando la lite è giunta al suo ultimo grado di giudizio. La scelta di accordarsi e procedere con una rinuncia al ricorso non solo chiude la controversia in modo definitivo, ma evita anche l’aggravio di costi rappresentato dal raddoppio del contributo unificato. Si tratta di un incentivo implicito alla risoluzione alternativa delle controversie, che alleggerisce il carico della giustizia e offre alle parti una via d’uscita più rapida ed economicamente meno onerosa rispetto a una sentenza.

In caso di rinuncia al ricorso in Cassazione si deve pagare il doppio del contributo unificato?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che l’obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato non si applica nei casi di rinuncia al ricorso, poiché questa misura sanzionatoria è prevista solo per le ipotesi di rigetto, inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione.

Cosa accade al processo se le parti si accordano e rinunciano ai rispettivi ricorsi?
Se le parti raggiungono un accordo e rinunciano reciprocamente agli atti del giudizio, la Corte dichiara l’estinzione del processo. Questo significa che il procedimento si conclude senza una decisione sul merito della questione.

Come vengono regolate le spese legali in caso di estinzione del giudizio per rinuncia?
Nel caso specifico, dato che la rinuncia è stata conseguenza di un accordo tra le parti che hanno aderito reciprocamente alle istanze dell’altra, la Corte ha disposto la compensazione integrale delle spese di lite. Ciò significa che ciascuna parte ha sostenuto i propri costi legali.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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