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Rinuncia al ricorso: niente doppio contributo

Una società, dopo aver presentato un ricorso per revocazione di una sentenza della Cassazione in materia di ICI, ha effettuato una rinuncia al ricorso. La Suprema Corte ha dichiarato l’estinzione del giudizio, compensando le spese legali. La decisione chiarisce che la rinuncia al ricorso non comporta il pagamento del doppio del contributo unificato, in quanto tale sanzione si applica solo in casi tassativi come rigetto o inammissibilità e non può essere estesa per analogia.

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Pubblicato il 7 novembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Rinuncia al ricorso: quando non si paga il doppio contributo unificato

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 7262 del 19 marzo 2024, offre un importante chiarimento sugli effetti della rinuncia al ricorso per cassazione. La decisione stabilisce un principio fondamentale: chi rinuncia all’impugnazione non è tenuto al versamento del raddoppio del contributo unificato. Questa pronuncia delinea con precisione il perimetro applicativo di una norma di natura sanzionatoria, escludendone l’interpretazione estensiva.

I Fatti del Contenzioso

La vicenda trae origine da un contenzioso tributario tra una società finanziaria e un Comune, relativo ad avvisi di accertamento per il pagamento dell’ICI per gli anni 2002, 2003 e 2004, per un importo complessivo di oltre 217.000 euro.

Inizialmente, la Commissione Tributaria Provinciale (CTP) e successivamente la Commissione Tributaria Regionale (CTR) avevano dato ragione alla società. Tuttavia, il Comune aveva impugnato la decisione davanti alla Corte di Cassazione, la quale, con una precedente sentenza, aveva accolto il ricorso dell’ente locale. Contro quest’ultima sentenza, la società aveva proposto un ulteriore ricorso per revocazione.

La Rinuncia al Ricorso come Atto Strategico

Prima che la Corte si riunisse per decidere, la società ricorrente ha depositato un atto di rinuncia al ricorso, manifestando un sopravvenuto difetto di interesse alla prosecuzione del giudizio. La controparte, il Comune, si è costituita accettando la rinuncia e aderendo alla proposta di compensazione integrale delle spese di lite.

Questo atto, come sottolineato dalla Corte, è stato ritualmente presentato prima dell’adunanza camerale e sottoscritto dal difensore munito di specifico potere, conformemente a quanto previsto dal codice di procedura civile (art. 390 c.p.c.). La formalità della procedura ha quindi portato la Corte a dichiarare l’estinzione del giudizio.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha colto l’occasione per ribadire alcuni principi consolidati e per fare chiarezza su un aspetto di grande rilevanza pratica. In primo luogo, ha ricordato che la rinuncia al ricorso è un atto unilaterale recettizio: per essere efficace, non necessita dell’accettazione della controparte, ma deve essere portato a conoscenza di quest’ultima tramite notifica o comunicazione agli avvocati. Il rispetto di tali formalità porta direttamente all’estinzione del processo, come previsto dall’art. 391 del codice di procedura civile.

Il punto cruciale dell’ordinanza riguarda l’applicazione dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002. Questa norma impone al ricorrente che rimane soccombente di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello già versato (il cosiddetto “raddoppio del contributo”).

La Corte ha stabilito in modo inequivocabile che tale obbligo non si applica in caso di rinuncia al ricorso. La norma, infatti, elenca casi tassativi: il rigetto dell’impugnazione, la sua declaratoria di inammissibilità o di improcedibilità. Trattandosi di un prelievo di natura tributaria, con finalità sanzionatorie, non è suscettibile di interpretazione estensiva o analogica. Pertanto, l’estinzione del giudizio per rinuncia non rientra tra le ipotesi che fanno scattare l’obbligo del pagamento aggiuntivo.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Rinuncia

La decisione della Cassazione ha importanti implicazioni pratiche. La rinuncia al ricorso si conferma uno strumento processuale che permette di chiudere una controversia in modo efficiente, evitando ulteriori costi. La chiarezza fornita dalla Corte sull’inapplicabilità del raddoppio del contributo unificato in questo scenario offre una certezza giuridica fondamentale per le parti e i loro difensori. Scegliere di rinunciare a un ricorso, magari a seguito di un accordo o di una riconsiderazione delle proprie possibilità di successo, non comporta quindi l’aggravio di una sanzione economica, favorendo la definizione concordata delle liti e alleggerendo il carico dei tribunali.

Cosa succede se una parte rinuncia al ricorso in Cassazione?
Se la rinuncia viene presentata ritualmente prima dell’udienza e notificata alla controparte, la Corte di Cassazione dichiara l’estinzione del giudizio. Il processo si conclude senza una decisione sul merito della questione.

Chi rinuncia al ricorso deve pagare il doppio del contributo unificato?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che l’obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato si applica solo nei casi tassativi di rigetto, inammissibilità o improcedibilità del ricorso. L’estinzione per rinuncia non rientra in queste ipotesi.

La rinuncia al ricorso deve essere accettata dalla controparte per essere valida?
No, la rinuncia è un atto unilaterale. Non richiede l’accettazione della controparte per essere efficace. Tuttavia, la legge richiede che sia notificata alle parti costituite o comunicata ai loro avvocati, che vi appongono il visto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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