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Rinuncia al ricorso: niente doppia tassa in Cassazione

Un contribuente ha impugnato un avviso di accertamento IRPEF. Giunto in Cassazione, il suo legale ha comunicato la rinuncia al ricorso. La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile per sopravvenuto difetto di interesse, compensando le spese e, soprattutto, escludendo l’obbligo per il ricorrente di pagare il doppio del contributo unificato, delineando un’importante conseguenza processuale della rinuncia.

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Pubblicato il 7 novembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Rinuncia al Ricorso in Cassazione: Come Evitare il Raddoppio del Contributo Unificato

La rinuncia al ricorso è un atto processuale che può avere conseguenze significative, non solo sull’esito della causa, ma anche sui costi che le parti devono sostenere. Con l’ordinanza in commento, la Corte di Cassazione chiarisce un aspetto di grande rilevanza pratica: la rinuncia, pur portando a una declaratoria di inammissibilità, non comporta automaticamente il pagamento del doppio contributo unificato. Analizziamo insieme questa importante decisione.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine dall’impugnazione di un avviso di accertamento IRPEF da parte di un contribuente. Dopo un primo grado di giudizio sfavorevole, la questione approdava dinanzi alla Corte di Cassazione. Tuttavia, prima che la Corte potesse pronunciarsi nel merito, il difensore del contribuente depositava telematicamente un atto con cui rappresentava la volontà del suo assistito di rinunciare al ricorso.

La Decisione della Cassazione sulla Rinuncia al Ricorso

La Suprema Corte, ricevuta la comunicazione, ha dovuto valutare gli effetti di tale atto. In primo luogo, ha affermato che la dichiarazione del difensore, sebbene non accompagnata da una procura speciale a rinunciare come formalmente previsto dall’art. 390 c.p.c., era comunque sufficiente a dimostrare il “venir meno dell’interesse” del ricorrente a ottenere una decisione sulla controversia. Questo disinteresse sopravvenuto è una causa di inammissibilità dell’impugnazione. Di conseguenza, la Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile senza entrare nel merito della questione tributaria.

Le Motivazioni

La motivazione della Corte si fonda su un orientamento giurisprudenziale consolidato (richiamando le sentenze Cass. n. 2259/2013 e n. 14782/2018), secondo cui la manifestazione di volontà del difensore è idonea a far cessare l’interesse della parte alla prosecuzione del giudizio. Sul fronte delle spese legali, i giudici hanno ritenuto sussistenti “giusti motivi” per disporre la totale compensazione tra le parti, stabilendo che ciascuna dovesse farsi carico dei propri costi. L’elemento più rilevante della decisione, però, riguarda il contributo unificato. La Corte ha dato atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, della “non sussistenza dei presupposti” per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo pari a quello dovuto per il ricorso principale. Questa norma prevede un raddoppio del contributo in caso di rigetto, inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione, ma la Corte ha ritenuto che la specifica dinamica della rinuncia escludesse l’applicazione di tale sanzione economica.

Le Conclusioni

L’ordinanza offre un’indicazione strategica fondamentale: la rinuncia al ricorso, se effettuata prima della decisione, può rappresentare una via d’uscita dal processo che, oltre a definirlo, consente di evitare il raddoppio del contributo unificato. Questa decisione distingue nettamente l’inammissibilità derivante da una rinuncia volontaria dall’inammissibilità dovuta a vizi originari del ricorso o dal suo rigetto nel merito. Per il contribuente, ciò significa che, in caso di ripensamento o accordo con la controparte, la rinuncia all’impugnazione in Cassazione è un’opzione processualmente ed economicamente vantaggiosa, che limita i costi della soccombenza alla sola compensazione delle spese legali.

Una dichiarazione di rinuncia al ricorso fatta dall’avvocato è valida anche senza una procura speciale apposita?
Sì, secondo questa ordinanza, la dichiarazione del difensore è considerata idonea a rappresentare il venir meno dell’interesse della parte alla decisione, portando così all’inammissibilità del ricorso stesso, anche in assenza di una procura speciale a rinunciare.

In caso di rinuncia al ricorso, chi paga le spese legali?
Nel caso specifico, la Corte di Cassazione ha ritenuto che sussistessero “giusti motivi” per compensare interamente le spese del giudizio. Ciò significa che ogni parte ha sostenuto i costi del proprio difensore, senza alcun addebito a carico della parte che ha rinunciato.

La rinuncia al ricorso comporta il pagamento del doppio del contributo unificato?
No. La decisione chiarisce che, in caso di inammissibilità dichiarata a seguito di rinuncia, non sussistono i presupposti per il versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto invece per i casi di rigetto o inammissibilità per altre cause.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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