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Rinuncia al ricorso: niente contributo unificato doppio

Una società navale, dopo aver impugnato in Cassazione una sentenza sfavorevole in materia di Tassa sui Rifiuti (T.I.A.) relativa ad aree portuali, ha raggiunto un accordo transattivo con il Comune. Di conseguenza, ha presentato una rinuncia al ricorso. La Corte di Cassazione ha dichiarato estinto il processo, chiarendo un principio fondamentale: in caso di rinuncia al ricorso, non si applica l’obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, poiché tale misura ha natura sanzionatoria e si applica solo nei casi di rigetto o inammissibilità dell’impugnazione.

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Pubblicato il 5 novembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Rinuncia al ricorso: Quando non si paga il doppio contributo unificato

La rinuncia al ricorso per Cassazione, specialmente a seguito di un accordo tra le parti, rappresenta un momento cruciale nel percorso processuale. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce un aspetto di grande rilevanza pratica: l’inapplicabilità del cosiddetto “raddoppio del contributo unificato” in caso di estinzione del giudizio per rinuncia. Analizziamo questa decisione per comprenderne la portata e le implicazioni per i contribuenti e i loro difensori.

Il caso: Dalla Tassazione Portuale alla Transazione

Una società operante nel settore navale si è vista recapitare avvisi di accertamento relativi alla T.I.A. (Tariffa di Igiene Ambientale) per gli anni 2011 e 2012 da parte di un Comune costiero. Oggetto della tassazione erano alcune aree portuali e specchi d’acqua utilizzati dalla società in virtù di una concessione demaniale.

La società ha impugnato gli atti, ma i suoi ricorsi sono stati respinti sia in primo grado sia in appello dalla Commissione Tributaria Regionale. Ritenendo errata la sentenza di secondo grado, la contribuente ha proposto ricorso per Cassazione, lamentando, tra le altre cose, un vizio di motivazione sulla questione della tassabilità degli specchi d’acqua.

Tuttavia, prima che la Corte si riunisse per decidere, è intervenuto un fatto nuovo e decisivo: le parti hanno raggiunto un accordo transattivo per chiudere la controversia. Conseguentemente, la società ricorrente ha depositato un atto formale di rinuncia al ricorso, chiedendo alla Corte di dichiarare l’estinzione del processo.

La Decisione della Corte: Estinzione del Giudizio

Preso atto della rinuncia al ricorso, intervenuta prima dell’udienza di discussione, la Corte di Cassazione ha dichiarato estinto il giudizio, come previsto dal codice di procedura civile. La Corte ha inoltre stabilito che non vi fosse luogo a provvedere sulle spese processuali, in quanto le parti le avevano già regolate nel loro accordo privato di transazione.

Le motivazioni della Corte Suprema

Il punto centrale e più interessante dell’ordinanza riguarda l’applicazione dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115/2002. Questa norma prevede che, quando un’impugnazione è respinta integralmente o dichiarata inammissibile o improcedibile, la parte che l’ha proposta è tenuta a versare un ulteriore importo pari a quello del contributo unificato già pagato. Si tratta del cosiddetto “raddoppio del contributo unificato”.

La Corte ha affermato con chiarezza che tale obbligo non sussiste in caso di rinuncia al ricorso. La motivazione si basa sulla natura stessa della norma: si tratta di una misura eccezionale e con una finalità lato sensu sanzionatoria, che colpisce la parte che ha insistito in un’impugnazione risultata infondata.

Poiché si applica solo ai casi tipici e specificamente elencati (rigetto, inammissibilità, improcedibilità), la norma non può essere interpretata in modo estensivo o analogico per includere anche l’ipotesi della rinuncia. La rinuncia, infatti, non è un esito negativo del giudizio imposto dalla Corte, ma una scelta volontaria della parte che pone fine alla lite.

Le conclusioni: Implicazioni Pratiche della Pronuncia

Questa pronuncia consolida un principio di notevole importanza pratica. Incentiva le parti a cercare soluzioni transattive anche quando la causa è pendente in Cassazione, senza il timore di incorrere in un onere economico aggiuntivo come il raddoppio del contributo unificato. La decisione conferma che la rinuncia al ricorso, quale esito di un accordo, è un meccanismo processuale virtuoso che non deve essere penalizzato economicamente. In definitiva, chi sceglie la via dell’accordo e rinuncia all’impugnazione non può essere equiparato a chi perde la causa nel merito o per ragioni procedurali.

Cosa succede a un processo in Cassazione se la parte ricorrente rinuncia al ricorso?
Il processo viene dichiarato estinto. Questo significa che il procedimento si conclude senza una decisione sul merito della questione, come se non fosse mai arrivato a quel grado di giudizio.

In caso di rinuncia al ricorso per Cassazione, si deve pagare il doppio del contributo unificato?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che l’obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato non si applica nei casi di rinuncia al ricorso.

Perché la rinuncia al ricorso esclude l’obbligo di pagare il doppio contributo unificato?
Perché la norma che prevede tale pagamento ha una natura sanzionatoria e si applica solo nei casi specifici di rigetto, inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione. Essendo una misura eccezionale, non può essere estesa ad altre ipotesi come la rinuncia, che è una scelta volontaria della parte per chiudere la lite.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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