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Rinuncia al ricorso: estinzione e spese legali

Una società di gestione del risparmio, dopo aver impugnato un avviso di accertamento IMU e aver perso nei primi due gradi di giudizio, ha presentato ricorso in Cassazione. Durante il processo, le parti hanno raggiunto un accordo: la società ha pagato il dovuto e ha proceduto con la rinuncia al ricorso, accettata dal Comune. La Corte di Cassazione ha quindi dichiarato l’estinzione del giudizio, compensando le spese e chiarendo che in caso di rinuncia non si applica il raddoppio del contributo unificato.

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Pubblicato il 6 novembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Rinuncia al ricorso: quando conviene e quali sono gli effetti

La rinuncia al ricorso per Cassazione è uno strumento processuale che permette di porre fine a una controversia legale in modo definitivo. Un’ordinanza recente della Corte di Cassazione chiarisce gli effetti di tale atto, in particolare per quanto riguarda le spese di giudizio e l’applicazione del cosiddetto ‘raddoppio del contributo unificato’. Analizziamo il caso per comprendere le implicazioni pratiche di questa decisione.

I fatti del caso

Una società operante nel settore del risparmio gestito aveva ricevuto un avviso di accertamento per l’IMU relativa all’anno 2012 da parte di un importante Comune del Nord Italia. La società aveva impugnato l’atto, ma le sue ragioni erano state respinte sia dalla Commissione Tributaria Provinciale che da quella Regionale.

Non soddisfatta delle decisioni dei giudici di merito, la società ha presentato ricorso alla Corte di Cassazione. Tuttavia, nel corso di quest’ultimo grado di giudizio, le parti hanno trovato un accordo. La società ricorrente ha provveduto al pagamento integrale di quanto richiesto dal Comune, incluse le spese legali dei precedenti gradi di giudizio, e ha contestualmente manifestato la volontà di abbandonare l’impugnazione.

La decisione della Corte sulla rinuncia al ricorso

Preso atto dell’avvenuto pagamento e della volontà delle parti di chiudere la controversia, i rispettivi difensori hanno depositato un’istanza congiunta per dichiarare la cessata materia del contendere. La Corte di Cassazione ha accolto l’istanza e, in virtù della formale rinuncia al ricorso da parte della società e dell’accettazione da parte del Comune, ha dichiarato l’estinzione del giudizio. Inoltre, dato l’accordo tra le parti, ha disposto la compensazione delle spese legali del giudizio di legittimità.

Le motivazioni

La Corte ha motivato la sua decisione sottolineando la ritualità dell’istanza. Essa è stata presentata prima dell’udienza e sottoscritta dai difensori muniti di specifico potere, come richiesto dal Codice di procedura civile (art. 390 c.p.c.). La rinuncia è un atto che, pur non necessitando di accettazione per essere efficace, assume carattere ‘ricettizio’, nel senso che deve essere portato a conoscenza della controparte.

Il punto cruciale della motivazione riguarda però il contributo unificato. La legge (art. 13, comma 1-quater, d.P.R. 115/2002) prevede che la parte il cui ricorso viene rigettato, dichiarato inammissibile o improcedibile, debba versare un ulteriore importo pari a quello del contributo unificato già pagato. La Corte ha chiarito che questa norma ha natura sanzionatoria e si applica solo ai casi tassativamente elencati. Poiché la rinuncia al ricorso non rientra tra queste ipotesi, non è possibile applicare la norma in via estensiva o analogica. Di conseguenza, il ricorrente che rinuncia non è tenuto al pagamento del doppio contributo.

Le conclusioni

L’ordinanza in esame offre importanti spunti pratici. In primo luogo, conferma che la rinuncia al ricorso è una via efficace per chiudere definitivamente una lite, specialmente quando si raggiunge un accordo transattivo. In secondo luogo, e soprattutto, stabilisce un principio fondamentale in materia di spese di giustizia: la rinuncia all’impugnazione non comporta l’applicazione della sanzione del raddoppio del contributo unificato. Questa precisazione è di grande rilevanza per le parti che valutano di abbandonare un contenzioso, in quanto esclude un onere economico aggiuntivo e rende la via dell’accordo e della rinuncia processualmente ed economicamente più vantaggiosa rispetto a una probabile soccombenza nel merito.

Cosa succede quando una parte rinuncia al ricorso per Cassazione?
La rinuncia, se formalmente corretta, determina l’estinzione del processo. Questo significa che il giudizio si chiude definitivamente e la sentenza impugnata diventa definitiva.

Chi rinuncia al ricorso deve pagare il doppio del contributo unificato?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che l’obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato si applica solo nei casi di rigetto, inammissibilità o improcedibilità del ricorso, e non può essere esteso al caso di rinuncia.

Quali sono i requisiti formali per una valida rinuncia al ricorso?
La rinuncia deve avvenire prima dell’adunanza camerale (l’udienza in camera di consiglio) e deve essere sottoscritta dai difensori muniti di uno specifico potere conferito tramite la procura speciale (procura ad litem), come previsto dall’art. 390 del codice di procedura civile.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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