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Rinuncia al ricorso: estinzione e spese legali

Un consorzio, dopo aver impugnato in Cassazione una sanzione fiscale, aderisce alla “rottamazione-quater” e presenta una rinuncia al ricorso. La Corte Suprema dichiara l’estinzione del giudizio e, in assenza di accettazione della controparte, condanna la parte rinunciante al pagamento delle spese legali in base al principio di causalità, senza affrontare la questione più ampia degli effetti della rottamazione sul processo.

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Pubblicato il 19 agosto 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Rinuncia al ricorso: estinzione e spese legali

La decisione di presentare una rinuncia al ricorso durante un giudizio di Cassazione è un atto che comporta conseguenze precise, soprattutto per quanto riguarda il destino del processo e la ripartizione delle spese legali. Un’ordinanza recente della Corte di Cassazione chiarisce come, in assenza di accettazione della controparte, i costi del giudizio ricadano interamente sulla parte rinunciante, applicando il principio di causalità.

I fatti del caso

La vicenda giudiziaria ha origine da un avviso di irrogazione sanzioni emesso nei confronti di un consorzio per la mancata compilazione e invio delle dichiarazioni relative agli studi di settore. La società contribuente impugnava l’atto, sostenendo di essere esentata da tali obblighi in quanto la sua sede si trovava nell’area del cratere del sisma che ha colpito l’Abruzzo nel 2009.

In primo grado, la Commissione Tributaria Provinciale accoglieva il ricorso. Tuttavia, la Commissione Tributaria Regionale, in sede di appello proposto dall’Agenzia delle Entrate, ribaltava la decisione.

Il consorzio proponeva quindi ricorso per cassazione. Prima della data fissata per l’udienza, la società aderiva alla procedura di definizione agevolata dei carichi, nota come “rottamazione-quater”, e depositava una memoria con cui dichiarava di non avere più interesse alla decisione, rinunciando espressamente al ricorso.

La decisione della Corte: estinzione per rinuncia al ricorso

La Corte di Cassazione, preso atto della volontà espressa dalla parte ricorrente, ha dichiarato l’estinzione del giudizio. La richiesta è stata accolta senza entrare nel merito delle questioni fiscali, in quanto la rinuncia rappresenta un evento che priva il processo del suo oggetto.

La Corte ha sottolineato come l’esame dell’atto di rinuncia sia preliminare rispetto a qualsiasi altra valutazione, inclusa quella, particolarmente complessa, sugli effetti dell’adesione alla rottamazione-quater sui giudizi pendenti. Proprio su questo tema, la stessa Sezione aveva in precedenza valutato di rimettere la questione alle Sezioni Unite. Tuttavia, la chiara e inequivocabile rinuncia al ricorso ha reso superfluo affrontare tale problematica nel caso specifico, consentendo una definizione immediata del processo.

Le motivazioni

Il punto centrale delle motivazioni riguarda la regolamentazione delle spese processuali. La Corte ha chiarito che, sebbene la rinuncia sia un atto che non necessita di accettazione per produrre l’effetto estintivo, le modalità con cui essa avviene sono decisive per la condanna alle spese.

L’articolo 391 del Codice di Procedura Civile stabilisce che il giudice non dispone la condanna alle spese se la rinuncia è stata accettata dalle altre parti. In questo caso, l’Agenzia delle Entrate (controricorrente) non ha formalmente accettato la rinuncia. In assenza di un’accettazione, esplicita o implicita, si applica il cosiddetto principio di causalità. Secondo tale principio, i costi del processo gravano sulla parte che vi ha dato causa e che, con la sua rinuncia, ne determina la chiusura anticipata.

Pertanto, essendo stata la società ricorrente a promuovere il giudizio di Cassazione e poi a rinunciarvi, è su di essa che devono ricadere le spese sostenute dalla controparte. La Corte ha quindi condannato il consorzio al pagamento di Euro 1.000,00 a titolo di compensi, oltre alle spese prenotate a debito.

Le conclusioni

L’ordinanza offre importanti indicazioni pratiche. In primo luogo, la rinuncia al ricorso è uno strumento efficace per chiudere un contenzioso in cui non si ha più interesse, ad esempio dopo aver aderito a una sanatoria fiscale. In secondo luogo, essa evidenzia che tale scelta non è priva di conseguenze economiche. Per evitare la condanna alle spese, è fondamentale ottenere l’accettazione della controparte. In mancanza, chi rinuncia sarà quasi certamente tenuto a rimborsare i costi legali sostenuti dall’altra parte, in applicazione del principio di causalità che governa la materia.

Cosa succede se una parte rinuncia al ricorso in Cassazione?
La Corte dichiara l’estinzione del giudizio, chiudendo il processo senza una decisione nel merito della questione.

Chi paga le spese legali in caso di rinuncia al ricorso?
La parte che rinuncia è condannata a pagare le spese processuali, a meno che la controparte non accetti formalmente la rinuncia. In assenza di accettazione, si applica il principio di causalità, per cui chi ha dato causa al giudizio e alla sua estinzione ne sopporta i costi.

L’adesione alla “rottamazione-quater” è sufficiente per estinguere il giudizio pendente?
L’ordinanza non fornisce una risposta definitiva a questa domanda. La Corte chiarisce che il caso è stato risolto grazie alla rinuncia esplicita al ricorso, rendendo superfluo affrontare la complessa questione degli effetti automatici della rottamazione sul processo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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