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Rinuncia al ricorso: estinzione e spese compensate

A seguito di un accertamento fiscale su una società e di riflesso su un socio, l’Agenzia delle Entrate aveva proposto ricorso in Cassazione. Tuttavia, poiché il contribuente ha aderito a una definizione agevolata del debito, l’Agenzia ha presentato una rinuncia al ricorso. La Corte di Cassazione ha dichiarato l’estinzione del giudizio, compensando le spese legali e chiarendo che in caso di rinuncia non si applica il raddoppio del contributo unificato.

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Pubblicato il 13 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Rinuncia al Ricorso Post Definizione Agevolata: la Cassazione Fa Chiarezza

L’ordinanza in esame affronta un caso emblematico di gestione del contenzioso tributario, dove una rinuncia al ricorso da parte dell’Agenzia delle Entrate, a seguito dell’adesione del contribuente a una definizione agevolata, ha portato all’estinzione del giudizio. La Corte di Cassazione fornisce importanti chiarimenti sulla gestione delle spese e sull’applicazione del contributo unificato in tali circostanze.

I Fatti di Causa

La vicenda trae origine da un accertamento fiscale a carico di una società a responsabilità limitata, alla quale veniva contestato un maggior reddito imponibile di oltre 550.000 euro. Di conseguenza, l’Amministrazione Finanziaria notificava un avviso di accertamento anche a uno dei soci, titolare di una quota del 40%, per un reddito di partecipazione di circa 223.000 euro, ai fini IRPEF e addizionali.

Il contribuente impugnava l’atto e la Commissione Tributaria Provinciale accoglieva il suo ricorso, dichiarando la nullità della notifica dell’avviso e, di conseguenza, la decadenza dell’Ufficio dal potere di accertamento. L’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate veniva rigettato anche dalla Corte di Giustizia Tributaria di II grado. L’Amministrazione Finanziaria decideva quindi di portare la questione dinanzi alla Corte di Cassazione.

La Rinuncia al Ricorso a Seguito di Definizione Agevolata

Durante la pendenza del giudizio di legittimità, si verifica l’evento decisivo: il contribuente sceglie di aderire a una procedura di definizione agevolata, saldando la propria posizione con il Fisco. A fronte di ciò, l’Agenzia delle Entrate, venuto meno l’interesse a proseguire la causa, depositava un atto di rinuncia al ricorso, supportato da documentazione attestante l’avvenuta definizione della controversia.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione, preso atto della rinuncia, ha dichiarato l’estinzione del giudizio. L’esame dell’atto di rinuncia è stato considerato preliminare e assorbente rispetto a qualsiasi valutazione nel merito dei motivi di ricorso. La decisione si è poi concentrata sulla regolamentazione delle spese processuali e sul destino del contributo unificato.

Le Motivazioni

La Corte ha basato la propria decisione su due pilastri fondamentali.

In primo luogo, per quanto riguarda le spese legali, i giudici hanno optato per la compensazione. Tale scelta è stata motivata dall’assenza di costituzione in giudizio da parte del contribuente (la parte ‘intimata’). Non essendosi formalmente difeso nel giudizio di Cassazione, non vi era una parte a cui liquidare le spese.

In secondo luogo, e con particolare rilevanza pratica, la Corte ha escluso l’applicazione della norma che prevede il raddoppio del contributo unificato a carico della parte ricorrente il cui ricorso viene respinto, dichiarato inammissibile o improcedibile. La Suprema Corte ha ribadito che la rinuncia al ricorso non rientra in questa casistica. La norma sul raddoppio del contributo è eccezionale e, come tale, va interpretata in modo restrittivo. Inoltre, la Corte ha specificato che, essendo l’Agenzia delle Entrate un’amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, essa beneficia della ‘prenotazione a debito’ del contributo, un meccanismo che già di per sé escluderebbe l’applicazione di tale sanzione.

Le Conclusioni

L’ordinanza conferma un principio procedurale di grande importanza: la definizione agevolata di una lite fiscale pendente costituisce una via efficace per chiudere il contenzioso. La conseguente rinuncia al ricorso da parte dell’amministrazione finanziaria porta inevitabilmente all’estinzione del giudizio. La pronuncia offre inoltre una garanzia fondamentale, chiarendo che chi rinuncia all’impugnazione non è soggetto alla sanzione del raddoppio del contributo unificato, favorendo così la deflazione del contenzioso e fornendo certezza giuridica alle parti coinvolte.

Cosa succede a un ricorso in Cassazione se il contribuente paga il debito tramite una definizione agevolata?
Se il contribuente definisce la lite in via agevolata, l’Amministrazione Finanziaria può presentare una rinuncia al ricorso. Questo atto processuale comporta la dichiarazione di estinzione del giudizio da parte della Corte.

Chi paga le spese legali in caso di estinzione del giudizio per rinuncia al ricorso?
Nel caso specifico, la Corte ha disposto la compensazione delle spese, il che significa che ogni parte sostiene i propri costi. Questa decisione è stata presa perché la parte contribuente non si era formalmente costituita nel giudizio di Cassazione.

La parte che rinuncia al ricorso deve pagare un contributo unificato raddoppiato?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che la norma che impone il pagamento di un importo pari al contributo unificato dovuto si applica solo in caso di rigetto, inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione, ma non in caso di rinuncia, poiché si tratta di una norma eccezionale di stretta interpretazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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