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Rinuncia al ricorso: estinzione del processo tributario

Una società cooperativa, dopo aver impugnato un avviso di accertamento fiscale fino alla Corte di Cassazione, ha presentato una rinuncia al ricorso tramite il suo commissario liquidatore. La Suprema Corte ha dichiarato l’estinzione del processo, stabilendo che la rinuncia, essendo un atto unilaterale recettizio di cui la controparte ha avuto conoscenza, produce i suoi effetti a prescindere dall’accettazione. Di conseguenza, ha disposto la compensazione delle spese legali.

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Pubblicato il 27 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Rinuncia al Ricorso in Cassazione: Quando Porta all’Estinzione del Processo?

L’esito di un contenzioso tributario non è sempre una sentenza che stabilisce chi ha torto e chi ha ragione. A volte, il percorso processuale si interrompe prima, come nel caso analizzato dall’Ordinanza n. 2623/2024 della Corte di Cassazione. La vicenda, che vedeva contrapposte una società cooperativa e l’Agenzia delle Entrate, si è conclusa non con una decisione nel merito, ma con una declaratoria di estinzione a seguito della rinuncia al ricorso da parte del contribuente. Questo provvedimento offre spunti cruciali per comprendere la natura e gli effetti di tale atto nel giudizio di legittimità.

Il Contesto: Un Accertamento Fiscale e i Nove Motivi di Ricorso

La controversia trae origine da un avviso di accertamento per imposte dirette (II.DD.) e IVA relative all’anno 2006, notificato a una società cooperativa per un importo complessivo di quasi 88.000 euro, oltre sanzioni. La società aveva contestato l’atto impositivo, ma le sue ragioni erano state respinte sia dalla Commissione Tributaria Provinciale che da quella Regionale.

I giudici di secondo grado avevano confermato la legittimità dell’accertamento, basato sul rinvenimento di documentazione extracontabile durante una verifica fiscale. Secondo la Commissione Regionale, tale documentazione provava l’esistenza di operazioni non registrate, rendendo irrilevante la regolarità formale delle scritture contabili.

Contro questa decisione, la società e il suo legale rappresentante avevano proposto ricorso per cassazione, affidandolo a ben nove motivi, che spaziavano da vizi procedurali (come l’omessa pronuncia su specifiche domande) a violazioni di legge sostanziale (errata applicazione di norme fiscali e tributarie).

La Svolta Processuale: La Rinuncia al Ricorso del Commissario Liquidatore

Il colpo di scena è avvenuto prima dell’udienza di discussione. Nel frattempo, la gestione della società era passata a un Commissario Liquidatore, il quale, tramite il proprio legale, ha depositato un atto di rinuncia al ricorso per cassazione. Questo atto è stato formalmente comunicato via PEC all’Agenzia delle Entrate e all’Avvocatura generale dello Stato.

Questo evento ha cambiato radicalmente la natura del procedimento: la Corte non è stata più chiamata a valutare la fondatezza dei nove motivi di ricorso, ma a prendere atto della volontà della parte ricorrente di porre fine al giudizio.

Le Motivazioni della Corte

La Suprema Corte ha dichiarato estinto il processo di cassazione, basando la sua decisione sulla natura giuridica della rinuncia al ricorso. I giudici hanno chiarito che la rinuncia è un atto unilaterale recettizio. Ciò significa che essa produce i suoi effetti nel momento in cui viene a conoscenza della controparte, senza che sia necessaria una sua esplicita accettazione.

L’accettazione della controparte, infatti, rileva solo ai fini della regolamentazione delle spese legali, ma non è una condizione per l’estinzione del processo. Nel caso di specie, essendo stata provata la comunicazione della rinuncia prima dell’udienza, la Corte non ha potuto fare altro che dichiarare il giudizio estinto.

Le Conclusioni: Effetti della Rinuncia sulle Spese e sul Contributo Unificato

Le implicazioni pratiche di questa decisione sono significative. In primo luogo, la Corte ha ritenuto equo disporre la compensazione delle spese di lite tra le parti. Ciò significa che ogni parte ha sostenuto i propri costi legali, senza che la società ricorrente fosse condannata a rimborsare le spese dell’Agenzia delle Entrate.

In secondo luogo, e di notevole importanza per la parte ricorrente, la declaratoria di estinzione esclude l’applicazione dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002. Questa norma prevede l’obbligo, per la parte la cui impugnazione è respinta, dichiarata inammissibile o improcedibile, di versare un ulteriore importo pari a quello del contributo unificato già pagato. Poiché il processo si è estinto per rinuncia, e non per una decisione sfavorevole nel merito, tale obbligo non sorge. La rinuncia al ricorso si rivela quindi uno strumento che, oltre a chiudere il contenzioso, può evitare ulteriori oneri economici.

Cosa succede se una parte rinuncia al ricorso in Cassazione?
Il processo di cassazione si estingue. La Corte dichiara la fine del giudizio senza entrare nel merito dei motivi di ricorso, a condizione che la controparte abbia avuto conoscenza della rinuncia prima dell’udienza.

La parte avversa deve accettare la rinuncia al ricorso perché il processo si estingua?
No. La rinuncia è un atto unilaterale recettizio e produce l’effetto di estinguere il processo a prescindere dall’accettazione della controparte. L’accettazione rileva solo per la decisione sulle spese legali.

In caso di estinzione del processo per rinuncia, la parte ricorrente deve pagare il doppio del contributo unificato?
No. La declaratoria di estinzione del giudizio per rinuncia esclude l’applicazione della norma che obbliga al versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto solo in caso di rigetto, inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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