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Rinuncia al ricorso: estinzione del processo tributario

Una società di capitali, dopo aver impugnato una sentenza sfavorevole in materia di TARI (Tassa sui Rifiuti) dinanzi alla Corte di Cassazione, ha raggiunto un accordo transattivo con il Comune resistente. A seguito di tale accordo, la società ha presentato una rinuncia al ricorso. La Suprema Corte, prendendo atto della volontà delle parti, ha dichiarato l’estinzione del processo, compensando integralmente le spese di giudizio in conformità con i termini dell’accordo raggiunto.

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Pubblicato il 5 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Rinuncia al Ricorso: Come un Accordo Mette Fine al Processo in Cassazione

La rinuncia al ricorso rappresenta uno strumento processuale decisivo che può chiudere una controversia legale, specialmente quando le parti trovano un’intesa extragiudiziale. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione, Sezione Tributaria, illustra perfettamente questo meccanismo, dimostrando come un accordo transattivo possa portare all’estinzione del giudizio e alla compensazione delle spese legali, offrendo una via d’uscita efficiente dal contenzioso.

La Vicenda: Dalla TARI al Ricorso in Cassazione

Il caso ha origine da una controversia tra una società per azioni e un Comune in merito al pagamento della TARI (Tassa sui Rifiuti) per l’anno 2016. Inizialmente, il ricorso della società era stato respinto dalla Commissione Tributaria Regionale, che aveva dato ragione all’ente locale.

Insoddisfatta della decisione di secondo grado, la società decideva di portare la questione dinanzi alla Corte di Cassazione, presentando un ricorso basato su cinque motivi di impugnazione. Il Comune, a sua volta, si costituiva in giudizio per difendere le proprie ragioni.

L’Accordo Transattivo e la Rinuncia al Ricorso

Il colpo di scena si verifica durante il procedimento in Cassazione. Le parti, infatti, raggiungono un accordo transattivo che risolve non solo la pendenza relativa all’anno 2016, ma tutte le controversie sulla TARI per il periodo dal 2014 al 2020. Nell’ambito di questo accordo, le parti concordano espressamente di abbandonare il contenzioso pendente e di compensare le spese legali.

Di conseguenza, la società ricorrente deposita un atto formale di rinuncia al ricorso, chiedendo alla Corte di dichiarare l’estinzione del giudizio senza alcuna condanna alle spese, proprio in virtù dell’intesa raggiunta.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione, analizzati gli atti, accoglie la richiesta della ricorrente. La decisione si fonda su precise disposizioni del codice di procedura civile.

In primo luogo, i giudici prendono atto della documentazione depositata, che prova l’esistenza di un accordo transattivo completo, il quale include anche una clausola sulla gestione delle spese di lite. Questo elemento è fondamentale perché dimostra la volontà comune delle parti di chiudere ogni aspetto della controversia.

Sulla base di ciò, la Corte dichiara l’estinzione del giudizio ai sensi dell’art. 390 c.p.c., che disciplina appunto gli effetti della rinuncia. Poiché la rinuncia è supportata da un accordo che prevede la compensazione delle spese, la Corte dispone in tal senso, come previsto dall’art. 391, quarto comma, c.p.c. Questo articolo stabilisce che, sebbene di norma il rinunciante debba pagare le spese, le parti possono accordarsi diversamente.

Infine, la Corte chiarisce un punto tecnico di grande rilevanza: l’estinzione del processo per rinuncia non fa scattare l’obbligo di versamento del cosiddetto “doppio contributo unificato” (previsto dall’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 115/2002). I giudici richiamano la propria giurisprudenza consolidata, spiegando che tale sanzione ha natura eccezionale e si applica solo nei casi di rigetto, inammissibilità o improcedibilità del ricorso, non in caso di estinzione.

Conclusioni

Questa ordinanza offre importanti spunti pratici. In primo luogo, evidenzia come la via della transazione sia sempre percorribile, anche quando un contenzioso è giunto al massimo grado di giudizio. Raggiungere un accordo permette alle parti di definire autonomamente i termini della chiusura della lite, compresa la ripartizione delle spese legali, evitando l’incertezza di una decisione giudiziale.

In secondo luogo, la pronuncia conferma un principio fondamentale: la rinuncia al ricorso che segue un accordo transattivo è la via maestra per formalizzare la fine del processo, garantendo che i patti sottoscritti dalle parti vengano rispettati anche in sede giudiziale. Infine, la precisazione sull’inapplicabilità del doppio contributo unificato offre una certezza in più per le parti che scelgono la via conciliativa, evitando aggravi economici.

Cosa succede se le parti di un processo in Cassazione raggiungono un accordo?
La parte che ha presentato il ricorso può formalizzare una rinuncia. Se l’accordo prevede anche come regolare le spese legali, la Corte di Cassazione dichiarerà il processo estinto e disporrà in conformità con quanto pattuito dalle parti, solitamente compensando le spese.

In caso di rinuncia al ricorso, chi paga le spese legali?
Normalmente, il rinunciante dovrebbe pagare le spese della controparte. Tuttavia, se la rinuncia deriva da un accordo transattivo in cui le parti hanno stabilito di compensare le spese (cioè ognuno paga le proprie), il giudice si atterrà a tale accordo.

L’estinzione del processo per rinuncia comporta il pagamento del doppio del contributo unificato?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che l’obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato si applica solo in caso di rigetto, inammissibilità o improcedibilità del ricorso, ma non quando il processo si estingue per rinuncia.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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