Rinuncia al Ricorso: Quando la Fine del Processo Dipende dal Contribuente
Nel complesso mondo del contenzioso tributario, l’esito di una controversia non è sempre una sentenza di vittoria o sconfitta. A volte, il processo si conclude per una scelta strategica di una delle parti. Un’ordinanza recente della Corte di Cassazione ci offre un chiaro esempio di come la rinuncia al ricorso da parte del contribuente possa determinare l’estinzione del giudizio, un meccanismo processuale tanto semplice quanto decisivo. Questo caso analizza le conseguenze di tale atto, soprattutto quando avviene nel contesto di una definizione agevolata della lite.
I Fatti: Dall’Accertamento IRPEF al Ricorso in Cassazione
La vicenda ha origine da un accertamento sintetico con cui l’Agenzia delle Entrate recuperava a tassazione una maggiore IRPEF per l’anno d’imposta 2008 a carico di un contribuente. L’atto si basava sull’articolo 38 del D.P.R. 600/1973, che permette al fisco di presumere un reddito superiore a quello dichiarato sulla base delle spese sostenute dal cittadino.
Il contribuente impugnava l’atto impositivo, ma sia la Commissione Tributaria Provinciale (CTP) che la Commissione Tributaria Regionale (CTR) respingevano le sue ragioni, confermando la legittimità dell’operato dell’Amministrazione Finanziaria. Non dandosi per vinto, il contribuente decideva di portare la questione fino all’ultimo grado di giudizio, proponendo ricorso per cassazione.
La Svolta Processuale: La Rinuncia al Ricorso
Mentre la causa era pendente dinanzi alla Suprema Corte, si verificava un evento determinante: il ricorrente depositava un atto di espressa rinuncia al ricorso. Contestualmente, presentava documentazione attestante una richiesta di definizione agevolata della controversia e le ricevute dei relativi pagamenti rateali.
La Corte, tuttavia, ha osservato che i documenti relativi alla definizione agevolata non permettevano di ricollegare in modo inequivocabile quella procedura alla specifica lite in esame. Ciononostante, questo dettaglio è passato in secondo piano di fronte all’atto formale depositato: la rinuncia esplicita all’impugnazione.
Le Motivazioni della Corte: L’Effetto Estintivo della Rinuncia
La decisione della Cassazione si fonda su un principio cardine del diritto processuale, sancito dall’art. 391 del codice di procedura civile. La Corte ha stabilito che l’atto di espressa rinuncia configura inequivocabilmente un’ipotesi di estinzione del giudizio. Non è stato necessario entrare nel merito della definizione agevolata, poiché la volontà chiara e formale del contribuente di abbandonare la causa era di per sé sufficiente a chiudere il procedimento.
Di conseguenza, la Corte ha dichiarato l’estinzione del giudizio. Per quanto riguarda le spese legali, i giudici hanno optato per la loro integrale compensazione tra le parti. La motivazione di questa scelta risiede nel fatto che la fine del processo non è derivata dall’accoglimento o dal rigetto del ricorso iniziale, ma da motivi “sopravvenuti” – la rinuncia – che hanno interrotto il normale corso della lite. Infine, la Corte ha precisato che non vi erano i presupposti per il pagamento del cosiddetto “doppio contributo unificato”, una sanzione prevista in caso di ricorso respinto o dichiarato inammissibile, proprio perché il giudizio si è estinto per una causa differente.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Decisione
Questa ordinanza ribadisce l’importanza e la definitività dell’atto di rinuncia. Per un contribuente, rinunciare a un ricorso è una scelta strategica che pone fine immediata e certa a una controversia legale. Spesso, come in questo caso, tale scelta è la naturale conseguenza di un’adesione a una sanatoria o definizione agevolata, che rende inutile e antieconomico proseguire la battaglia legale.
La decisione sottolinea che, ai fini processuali, ciò che conta è la manifestazione di volontà formale. La rinuncia è un atto che produce i suoi effetti estintivi a prescindere dalle motivazioni sottostanti. Le implicazioni pratiche sono rilevanti: l’estinzione del giudizio evita una possibile condanna alle spese e, come chiarito dalla Corte, esclude l’applicazione del raddoppio del contributo unificato. Si tratta, quindi, di uno strumento che, se utilizzato correttamente, permette di chiudere una pendenza con il fisco in modo controllato e definitivo.
Cosa succede se un contribuente rinuncia al ricorso in Cassazione?
La rinuncia formale al ricorso comporta l’estinzione del giudizio, come previsto dall’art. 391 del codice di procedura civile. La Corte prende atto della volontà della parte e dichiara terminato il procedimento senza emettere una decisione sul merito della controversia.
Se un giudizio si estingue per rinuncia, come vengono regolate le spese legali?
In questo caso, la Corte ha disposto la compensazione integrale delle spese tra le parti. La ragione è che la chiusura del processo è dovuta a motivi sopravvenuti (la rinuncia) e non all’esito del ricorso, e l’Agenzia delle Entrate non ha formulato osservazioni contrarie.
In caso di estinzione per rinuncia, si deve pagare il doppio del contributo unificato?
No. La Corte ha chiarito che non sussistono i presupposti per l’obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, poiché tale sanzione si applica solo in caso di rigetto, inammissibilità o improcedibilità del ricorso, non in caso di estinzione per motivi sopravvenuti come la rinuncia.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 6017 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 6017 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 06/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME , rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO e dall’AVV_NOTAIO;
– ricorrente
–
contro
RAGIONE_SOCIALE , in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura generale dello Stato, e presso la stessa domiciliata in Roma, INDIRIZZO;
-controricorrente –
Avverso la sentenza n. 3341/29/16 depositata il 26 maggio 2016 e resa dalla Commissione Tributaria Regionale del Lazio.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 7 febbraio 2024 dal consigliere NOME COGNOME.
RILEVATO CHE
1.L’Agenzia recuperava a tassazione maggior IRPEF (anno d’imposta 2008) a seguito di accertamento sintetico ai sensi dell’art. 38, d.p.r. n. 600/1973. La CTP respingeva il ricorso, e la CTR, adìta in sede d’appello confermava la sentenza di primo grado.
Ricorre il contribuente in cassazione affidandosi a tre motivi, mentre l’Agenzia resiste a mezzo di controricorso.
RINUNCIA
Successivamente il ricorrente ha depositato atto di rinuncia avendo a suo dire presentato istanza di definizione agevolata.
CONSIDERATO CHE
1.Il ricorrente ha depositato una domanda di definizione agevolata, ed altresì delle ricevute di pagamento delle relative rate. Tuttavia, dagli identificativi dell’atto ivi contenuti non è possibile, sulla base della documentazione in atti, riconnettere senza equivoco tale domanda alla presente controversia. Peraltro, la parte ha depositato atto di espressa rinuncia, il che configura senz’altro il ricorrere dell’ipotesi estintiva di cui all’art. 391, cod. proc. civ.
La definizione conseguente ad estinzione e la mancanza di osservazioni da parte della controricorrente determinano il Collegio a disporre che la compensazione integrale delle spese.
Dipendendo la definizione non dal ricorso introduttivo ma da motivi sopravvenuti, non sussistono i presupposti processuali per dichiarare l’obbligo di versare, ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della l. 24 dicembre 2012, n. 228, un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, se dovuto.
P. Q. M.
La Corte dichiara l’estinzione del giudizio.
Dichiara le spese integralmente compensate.
Così deciso in Roma, il 7 febbraio 2024