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Rinuncia al ricorso: estinzione del giudizio

Una società immobiliare aveva ottenuto ragione contro l’Agenzia delle Entrate sia in primo che in secondo grado riguardo la disapplicazione di norme antielusive. L’Agenzia ha presentato ricorso in Cassazione ma, successivamente, ha depositato una dichiarazione di rinuncia al ricorso. La Corte Suprema, prendendo atto della rinuncia, ha dichiarato l’estinzione del giudizio, specificando che non è necessaria l’accettazione della controparte in questa fase processuale e che le spese legali sono irripetibili.

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Pubblicato il 23 agosto 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Rinuncia al Ricorso: Quando l’Amministrazione Finanziaria Fa un Passo Indietro

Nel complesso mondo del contenzioso tributario, non sempre le battaglie legali arrivano fino all’ultimo grado di giudizio. Un caso emblematico è quello che analizziamo oggi, dove una rinuncia al ricorso da parte dell’Agenzia delle Entrate ha portato alla conclusione anticipata del procedimento in Cassazione. Questa ordinanza ci offre l’opportunità di esplorare le conseguenze processuali di tale atto e le sue implicazioni per il contribuente.

I Fatti di Causa: Una Società Contro le Norme Antielusive

La vicenda ha origine dall’istanza di una società immobiliare che, per l’anno d’imposta 2011, chiedeva la disapplicazione delle disposizioni sulle cosiddette ‘società di comodo’. L’azienda sosteneva di trovarsi nell’impossibilità oggettiva di raggiungere i livelli minimi di ricavi e proventi richiesti dalla legge (art. 30 della L. n. 724/1994).

L’Agenzia delle Entrate rigettava la richiesta, spingendo la società a impugnare il provvedimento di diniego davanti alla Commissione tributaria provinciale. I giudici di primo grado accoglievano il ricorso del contribuente. Non contenta, l’Amministrazione finanziaria proponeva appello, ma anche la Commissione tributaria regionale confermava la decisione favorevole alla società.

Determinata a far valere le proprie ragioni, l’Agenzia delle Entrate presentava ricorso per cassazione, portando la controversia davanti alla Suprema Corte.

La Svolta nel Processo: L’Effetto della Rinuncia al Ricorso

Il colpo di scena si è verificato durante il giudizio di legittimità. L’Agenzia delle Entrate, la stessa parte che aveva promosso il ricorso, ha depositato un atto di rinuncia. Questo evento ha cambiato radicalmente le sorti del procedimento, spostando l’attenzione dalla questione di merito (la disapplicazione delle norme antielusive) alla questione puramente processuale degli effetti di tale rinuncia.

La Corte di Cassazione è stata quindi chiamata a pronunciarsi non sul fondo della disputa tributaria, ma sulle conseguenze giuridiche derivanti dalla volontà dell’Amministrazione di non proseguire con l’azione legale.

Le Motivazioni della Corte

La Suprema Corte ha dichiarato l’estinzione del giudizio. La motivazione si fonda sull’applicazione dell’art. 390 del codice di procedura civile. I giudici hanno chiarito un punto fondamentale: nel giudizio di legittimità, la rinuncia al ricorso è un atto unilaterale che non necessita dell’accettazione della controparte per essere efficace.

Questo principio, già consolidato in giurisprudenza (come richiamato dalla stessa Corte con il riferimento alla sentenza n. 10140/2020), snellisce la procedura, rendendo la volontà del ricorrente di abbandonare l’impugnazione immediatamente produttiva di effetti. La rinuncia, essendo rituale e conforme alle norme, ha quindi determinato la fine del processo.

Un altro aspetto rilevante affrontato dalla Corte riguarda le spese di lite. Nell’ordinanza si stabilisce che le spese sono ‘irripetibili’. Ciò significa che ciascuna delle parti coinvolte nel processo deve sostenere i propri costi legali, senza possibilità di addebitarli alla controparte. La decisione sulle spese è una conseguenza diretta dell’estinzione del giudizio causata dalla rinuncia.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame offre due importanti lezioni pratiche. In primo luogo, conferma che la rinuncia al ricorso in Cassazione è uno strumento efficace e diretto per porre fine a un contenzioso, senza dover attendere il consenso della parte avversa. Per l’Amministrazione finanziaria, può rappresentare una scelta strategica per deflazionare il contenzioso in casi in cui le probabilità di successo siano riconsiderate o per effetto di mutamenti normativi o giurisprudenziali.

In secondo luogo, la statuizione sulle spese ‘irripetibili’ chiarisce che, in questo scenario, non vi è un vincitore a cui rimborsare i costi. Se da un lato il contribuente vede consolidarsi la sentenza favorevole ottenuta in appello, dall’altro deve farsi carico delle spese sostenute per difendersi nel giudizio di legittimità, poi abbandonato. Questo aspetto deve essere tenuto in considerazione nella valutazione complessiva della convenienza di una controversia legale.

Cosa accade se una parte rinuncia al ricorso in Cassazione?
La Corte di Cassazione dichiara l’estinzione del giudizio, ponendo fine al processo senza una decisione sul merito della questione.

La parte contro cui è stato presentato il ricorso deve accettare la rinuncia perché sia valida?
No. Secondo la decisione e la giurisprudenza consolidata, nel giudizio di legittimità (davanti alla Cassazione), la rinuncia è un atto che produce i suoi effetti senza bisogno dell’accettazione della controparte.

Chi paga le spese legali in caso di estinzione del giudizio per rinuncia?
Nel caso specifico esaminato, la Corte ha dichiarato le spese ‘irripetibili’. Questo significa che ogni parte si fa carico delle proprie spese legali sostenute e non può chiederne il rimborso alla controparte.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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