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Rinuncia al ricorso: estinzione del giudizio

Una società ha presentato ricorso in Cassazione contro una sentenza della Commissione Tributaria Regionale sfavorevole in materia di IVA. Successivamente, le parti hanno raggiunto un accordo transattivo ai sensi della L. 197/2022. Di conseguenza, la società ha formalizzato la rinuncia al ricorso, che è stata accettata dall’Agenzia delle Entrate. La Corte di Cassazione, verificata la regolarità della procedura, ha dichiarato l’estinzione del giudizio, compensando le spese di lite tra le parti.

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Pubblicato il 8 novembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Rinuncia al Ricorso: Come un Accordo Pone Fine al Contenzioso Tributario

La rinuncia al ricorso rappresenta uno strumento processuale fondamentale che consente di chiudere una controversia legale prima di giungere a una sentenza definitiva. L’ordinanza della Corte di Cassazione che analizziamo oggi illustra perfettamente come questo istituto, specialmente nel contesto di una definizione transattiva con l’amministrazione finanziaria, porti all’estinzione del giudizio, con importanti conseguenze per le parti coinvolte.

I Fatti del Contenzioso Tributario

Il caso trae origine da un avviso di accertamento in materia di IVA notificato a una società per l’anno d’imposta 2005. L’accertamento riguardava una complessa operazione di cessione di immobili. Inizialmente, la Commissione Tributaria Provinciale aveva dato ragione alla società, accogliendo il suo ricorso.

Successivamente, l’Agenzia delle Entrate ha impugnato la decisione dinanzi alla Commissione Tributaria Regionale, la quale ha ribaltato il verdetto di primo grado, accogliendo l’appello dell’Ufficio e respingendo quello incidentale della contribuente. Di fronte a questa sentenza sfavorevole, la società ha deciso di presentare ricorso per cassazione, basandolo su sei distinti motivi. L’Agenzia, a sua volta, ha resistito con un controricorso.

La Rinuncia al Ricorso come Soluzione Definitiva

Prima che la Corte di Cassazione potesse esaminare nel merito i motivi del ricorso, è intervenuto un fatto decisivo. Le parti hanno raggiunto una definizione transattiva della controversia, avvalendosi delle disposizioni agevolative previste dalla Legge n. 197 del 2022.

In seguito a questo accordo, la società ricorrente, tramite i suoi difensori muniti di procura speciale, ha depositato un atto formale di rinuncia al ricorso. Tale atto è stato contestualmente accettato e sottoscritto dal rappresentante dell’Avvocatura Generale dello Stato, per conto dell’Agenzia delle Entrate. Questo passaggio ha segnato il punto di svolta, spostando l’attenzione della Corte dalla disputa fiscale alla verifica della procedura di chiusura del contenzioso.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione non è entrata nel merito dei sei motivi di ricorso presentati dalla società, poiché l’intervenuta rinuncia ha reso superfluo ogni esame. Il compito dei giudici si è concentrato sulla verifica della correttezza formale e temporale dell’atto di rinuncia. La Corte ha constatato che la rinuncia era rituale, in quanto:

1. Tempestiva: È stata depositata entro il termine del 30 settembre 2023, previsto dalla normativa sulla definizione agevolata delle liti pendenti.
2. Antecedente all’udienza: È intervenuta prima dell’adunanza camerale fissata per la discussione del caso, come richiesto dall’art. 390 del codice di procedura civile.
3. Formalmente corretta: È stata sottoscritta dai difensori di entrambe le parti, muniti delle necessarie procure speciali.

Sulla base di queste verifiche, la Corte ha dichiarato l’estinzione del giudizio. Conseguentemente, ha disposto la compensazione delle spese di lite, stabilendo che ciascuna parte dovesse sostenere i propri costi legali. Inoltre, i giudici hanno chiarito che, data l’estinzione, non si applicava l’obbligo per la parte ricorrente di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto solitamente per chi perde l’impugnazione.

Conclusioni: L’Importanza della Definizione Transattiva

Questa ordinanza evidenzia l’efficacia degli strumenti di definizione transattiva delle liti fiscali. La rinuncia al ricorso non è una sconfitta, ma il risultato di un accordo che offre certezza e chiude una controversia che si protraeva da anni. Per il contribuente, significa porre fine a un lungo periodo di incertezza e a costi legali continui. Per l’amministrazione finanziaria, rappresenta un modo per recuperare parte delle somme contestate in tempi rapidi, alleggerendo il carico di lavoro degli uffici giudiziari. La decisione della Cassazione, dichiarando l’estinzione del giudizio, ratifica la volontà delle parti e conferma la validità di un percorso alternativo alla sentenza, premiando la scelta conciliativa.

Cosa succede quando una parte decide di rinunciare al proprio ricorso in Cassazione?
Se la rinuncia è formalmente corretta (sottoscritta dal difensore con procura speciale) e accettata dalla controparte, la Corte di Cassazione dichiara l’estinzione del giudizio, ponendo fine al procedimento senza una decisione sul merito della questione.

La rinuncia al ricorso è sempre accettata dalla Corte?
La Corte non accetta o respinge la rinuncia nel merito, ma ne verifica la ritualità. Se l’atto è stato presentato nei tempi e nelle forme previste dalla legge (es. prima dell’udienza e con le dovute sottoscrizioni), la Corte non può che prenderne atto e dichiarare il giudizio estinto.

Se un giudizio si estingue per rinuncia, chi paga le spese legali?
In caso di estinzione del giudizio per rinuncia, la Corte di Cassazione ha disposto la compensazione delle spese di lite. Questo significa che ogni parte si fa carico dei costi sostenuti per i propri avvocati, come solitamente accade quando la chiusura del processo deriva da un accordo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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