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Rinuncia al ricorso: estinzione del giudizio

Una contribuente, dopo aver impugnato in Cassazione tre avvisi di accertamento basati su presunzioni di reddito da movimentazioni bancarie, ha effettuato una rinuncia al ricorso a seguito di adesione a una definizione agevolata. La Corte Suprema ha dichiarato l’estinzione del giudizio, chiarendo anche le conseguenze su spese e contributo unificato.

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Pubblicato il 8 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Rinuncia al Ricorso: Come e Perché Porta all’Estinzione del Giudizio

Nel complesso mondo del contenzioso tributario, la rinuncia al ricorso rappresenta un istituto processuale di fondamentale importanza, capace di chiudere definitivamente una lite pendente. Un’ordinanza recente della Corte di Cassazione ci offre un chiaro esempio di come questo strumento operi nella pratica, specialmente quando interviene in concomitanza con una definizione agevolata delle pretese fiscali. Analizziamo insieme i dettagli di questo caso per comprendere le dinamiche e le conseguenze di tale scelta.

I Fatti di Causa

Una contribuente si è trovata a impugnare tre avvisi di accertamento con i quali l’Agenzia delle Entrate aveva recuperato a tassazione maggiori redditi per tre annualità d’imposta. L’accertamento si basava sulla presunzione legale, prevista dall’art. 32 del D.P.R. n. 600/1973, secondo cui i versamenti su conti correnti non giustificati costituiscono reddito imponibile.

Sia la Commissione Tributaria Provinciale che quella Regionale avevano respinto le ragioni della contribuente. I giudici di merito avevano ritenuto che non fosse stata fornita una prova sufficiente e attendibile per superare la presunzione legale, sottolineando come le operazioni contestate, per la loro entità, avrebbero richiesto formalità e atti specifici, dei quali non vi era traccia.

Di fronte alla doppia soccombenza, la contribuente ha proposto ricorso per cassazione, affidandosi a due motivi di impugnazione. Tuttavia, prima che la Corte si riunisse per la decisione, è intervenuto un fatto nuovo e decisivo.

L’Impatto della Rinuncia al Ricorso dopo la Definizione Agevolata

Il colpo di scena è arrivato quando la ricorrente ha depositato un atto di rinuncia al ricorso. La ragione di questa scelta strategica era chiara: la contribuente aveva aderito alla definizione agevolata delle pretese fiscali, una sorta di “pace fiscale” prevista dalla Legge 197/2022. Questa mossa ha reso di fatto inutile la prosecuzione del giudizio, poiché la controversia era stata risolta in via amministrativa.

La Corte Suprema, preso atto della rinuncia, non è entrata nel merito dei motivi di impugnazione, ma si è limitata a trarre le dovute conseguenze sul piano processuale.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte di Cassazione, applicando l’articolo 391 del codice di procedura civile, ha dichiarato l’estinzione del giudizio. Questo articolo stabilisce che la rinuncia al ricorso, se accettata dalle altre parti costituite o in assenza di altre parti, pone fine al processo.

Un aspetto importante chiarito dall’ordinanza riguarda le spese legali. A norma del comma 4 dello stesso articolo 391, in caso di estinzione per rinuncia non si procede alla liquidazione delle spese, salvo diverso accordo tra le parti. Poiché l’Agenzia delle Entrate non si era costituita nel giudizio di Cassazione, non c’era luogo a provvedere sulle spese.

Infine, la Corte ha affrontato la questione del cosiddetto “doppio contributo unificato”. L’articolo 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115/2002 prevede che la parte soccombente, il cui ricorso sia stato respinto, dichiarato inammissibile o improcedibile, debba versare un ulteriore importo pari al contributo unificato già pagato. I giudici hanno specificato che questa norma ha natura sanzionatoria e carattere eccezionale. Pertanto, non può essere applicata per analogia a casi diversi da quelli espressamente previsti. Poiché l’estinzione per rinuncia non rientra in tale elenco, la ricorrente non è stata condannata al pagamento di alcuna somma aggiuntiva a titolo di contributo unificato.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame offre due importanti lezioni pratiche. In primo luogo, conferma che la rinuncia al ricorso è lo strumento processuale corretto per chiudere un giudizio divenuto superfluo a seguito di una definizione agevolata della lite. In secondo luogo, chiarisce in modo inequivocabile che l’estinzione del processo per rinuncia non fa scattare l’obbligo del versamento del doppio contributo unificato, una sanzione prevista solo per i casi di esito negativo dell’impugnazione nel merito o per ragioni di rito che ne impediscano l’esame.

Cosa succede processualmente se una parte rinuncia al ricorso in Cassazione?
Il giudizio viene dichiarato estinto ai sensi dell’art. 391 del codice di procedura civile, senza che la Corte si pronunci sul merito della questione.

In caso di estinzione del giudizio per rinuncia, la parte che rinuncia è condannata a pagare le spese legali?
No, di norma non si provvede alla liquidazione delle spese. L’art. 391, comma 4, c.p.c. stabilisce che le spese restano a carico della parte rinunciante, salvo diverso accordo. Se la controparte non si è costituita, non vi è alcuna statuizione sulle spese.

La rinuncia al ricorso comporta il pagamento del doppio del contributo unificato?
No. La Corte ha chiarito che l’obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato è una sanzione applicabile solo nei casi di rigetto, inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione, e non si estende al caso di estinzione del giudizio per rinuncia.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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