Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 15336 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 15336 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 09/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 30806/2020 R.G. proposto da :
COGNOME NOME , rappresentato e difeso dall’Avv. COGNOME NOME (CODICE_FISCALE e con elezione di domicilio digitale;
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore generale pro tempore, ex lege domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende;
-controricorrente-
nonché
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore generale pro tempore, ex lege domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende;
avverso la SENTENZA della COMM. TRIB. REG. DI L’AQUILA n. 264/2020, depositata il 5/06/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 21/05/2025 dal Cons. COGNOME NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Il contribuente avv. NOME COGNOME impugnava avanti la CTP di L’Aquila il pignoramento presso terzi per cartelle esattoriali notificatogli nel corso del 2019. Il giudizio veniva incardinato al rgn. 124/2019 ed era chiamato alla discussione il 17 settembre 2019, nel corso della quale il ricorrente confermava quanto aveva preannunciato con atto del 2 luglio 2019, ovvero di non aver più interesse né alla pronuncia sulla cautela, né alla decisione nel merito, avendo definito con procedura agevolata la pretesa impositiva sottesa alle cartelle esattoriali di cui l’impugnato atto di pignoramento era la conseguenza.
Il collegio di primo grado non teneva in conto tale dichiarazione (o la considerava solo parzialmente) e pronunciava nel merito, dichiarando la carenza di giurisdizione con riguardo ad alcune pretese non tributarie, l’incompetenza territoriale per altre ca rtelle connesse a tributi riferibili a Teramo e non a L’Aquila, definendo il contenzioso per le cartelle ritenute afferenti alla prefata procedura agevolata e rigettando il ricorso per il resto.
Il giudizio d’appello esitava nella conferma della sentenza di primo grado, con conseguente proposizione di ricorso per cassazione ad opera della parte contribuente, affidato a cinque motivi, cui ha resistito l’Amministrazione finanziaria , spiegando tempestivo controricorso.
In prossimità dell’adunanza la parte contribuente ha conferito mandato a nuovo difensore ed ha depositato memoria ad ulteriore illustrazione delle proprie ragioni.
CONSIDERATO
Vengono proposti cinque motivi di ricorso.
1.1 con il primo motivo si denuncia – ai sensi dell’articolo 360, primo comma, numero 4, del codice di procedura civile – violazione dei principi in tema di domanda e di interesse ad agire, violazione del principio dispositivo e di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, nonché vizio di extrapetizione e difetto motivazionale.
1.2. Con il secondo motivo si deduce – ai sensi dell’articolo 360, primo comma, numero 4, del codice di procedura civile – violazione e falsa applicazione dell’articolo 46 del decreto legislativo numero 546 del 1992 dell’articolo 115 del codice di procedura civile, nonché illogicità e perplessità della motivazione.
1.3. Con il terzo motivo proposto in via subordinata, si lamenta – ai sensi dell’articolo 360, primo comma, numero 4, del codice di procedura civile -la violazione dell’articolo 44 del decreto legislativo numero 546 del 1992 e dell’articolo 115 del codice procedura civile.
1.4. Con il quarto motivo si denuncia – ai sensi dell’articolo 360, primo comma, numero 5, del codice di procedura civile -l’ omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti.
1.5. Con il quinto ed ultimo motivo si prospetta – ai sensi dell’articolo 360, primo comma, numero 4, del codice di procedura civile – la violazione dell’articolo 15 del decreto legislativo numero 546 del 1992 e degli articoli 91 e 92 del codice di procedura civile, nonché il vizio di omessa motivazione.
In via pregiudiziale si deve esaminare l’eccezione sollevata nel controricorso erariale, laddove si afferma che il contribuente, difeso da se stesso all’atto della proposizione del ricorso , non sia avvocato iscritto nello speciale albo dei difensori ammessi al patrocinio davanti alle giurisdizioni superiori.
2.1. A seguito di apposita ricerca svolta in via telematica tanto presso l’albo nazionale degli avvocati ammessi al patrocinio avanti le
giurisdizioni superiori, quanto all’albo dell’ordine di appartenenza, presso il tribunale di Teramo, risulta che l’avvocato COGNOME NOME risulta ammesso al patrocinio avanti le giurisdizioni superiori a far data del 14 dicembre 2001.
L’eccezione, quindi, è infondata e il ricorso può essere scrutinato.
Con il primo motivo di ricorso la parte contribuente lamenta che i collegi di merito abbiano dichiarato il difetto di interesse e pronunciata l’estinzione del giudizio solo con riguardo alle cartelle per cui è stata seguita la procedura di definizione agevolata, in questo modo ‘parcellizzando’ il petitum in spregio al principio della domanda di parte.
Si ritiene che non vi è stata violazione del principio dell’impulso di parte, ove si consideri che i collegi di merito hanno dichiarato di non poter procedere all’estinzione integrale, in difetto di univoca dichiarazione di parte che, anche in questa sede, conferma che la definizione agevolata aveva investito solo alcune cartelle esattoriali sul totale di quelle impugnate.
Come da orientamento consolidato di questa Corte, da cui non si vede ragioni per discostarsi in questa sede, l’atto formale di rinuncia al ricorso dev’essere comunicato alla controparte e dalla stessa accettato; in difetto di tale adempimento, viene in rilievo soltanto la manifestazione di una sopravvenuta carenza di interesse che comporta l’inammissibilità sopravvenuta limitatamente ai profili per cui l’interesse ad agire (art. 100 c.p.c.) è venuto meno (cfr. Cass. S.U. n. 3876/2010).
A questi principi si è uniformata la sentenza in scrutinio, donde il motivo non può essere accolto.
Dev’essere esaminato ora il secondo motivo, laddove si lamenta che la sentenza in esame non abbia esteso la declaratoria di estinzione anche alle altre cartelle impugnate.
Preliminarmente, per questa Corte è ammissibile il ricorso per cassazione il quale cumuli in un unico motivo le censure di cui all’art.
360, comma 1, n. 3, n. 4 e n. 5, c.p.c., allorché esso comunque evidenzi specificamente la trattazione delle doglianze relative all’interpretazione o all’applicazione delle norme di diritto appropriate alla fattispecie ed i profili attinenti alla ricostruzione del fatto (Cass. Sez. V, 11 aprile 2018, n. 8915), essendo sufficiente che la formulazione del motivo consenta di cogliere con chiarezza le doglianze prospettate, sì da consentirne, se necessario, l’esame separato esattamente negli stessi termini in cui lo si sarebbe potuto fare se essere fossero state articolate in motivi diversi, singolarmente numerati (Cass., S.U., 6 maggio 2015, n. 9100, in linea Cass. Sez. V, n. 14756/2020).
Il motivo è, quindi, ammissibile e scrutinabile.
Tuttavia non può essere accolto per le stesse ragioni esposte nel motivo che precede, laddove si chiede l’estensione della declaratoria di inammissibilità sopravvenuta anche per cartelle su cui non è intervenuta la procedura di definizione agevolata, in assenza di una formale dichiarazione di rinuncia al ricorso.
Peraltro, è appena il caso di rammentare che il vizio di violazione di legge consiste in un’erronea ricognizione da parte del provvedimento impugnato della fattispecie astratta recata da una norma di legge implicando necessariamente un problema interpretativo della stessa; viceversa, l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta, mediante le risultanze di causa, inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, che è insindacabile in sede di legittimità (tra le tante: Cass. 11 gennaio 2016, n. 195; Cass. 30 dicembre 2015, n. 26610).
Il terzo motivo reitera le doglianze dei primi due e ne segue le sorti di infondatezza.
Con il quarto motivo si propone censura ai sensi di cui all’art. 360, primo comma, n. 5 c.p.c., per non aver la CTR considerato i documenti relativi alla definizione con procedura agevolata di alcune cartelle esattoriali.
Il motivo è inammissibile per la disposizione di cui all’art. 348 ter , comma 5, c.p.c. (‘ratione temporis’ applicabile nel caso di specie), laddove non consente di dedurre il vizio ricondotto al n. 5 dell’art. 360 c.p.c. nelle ipotesi di doppia conforme dei gradi di merito, qual è il caso in esame. Né la parte contribuente si perita di dimostrare che la conformità di pronuncia è sostenuta da diversità di rationes fra le sentenze dei due gradi di merito, unica condizione per superare la preclusione riconducibile alla c.d. ‘doppia conforme’. Infatti, essa opera se il ricorrente non indica le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse (Cfr., per tutte, Cass. n. 5947/2023).
Con il quinto ed ultimo motivo ci si duole della condanna alle spese in entrambi i gradi di merito, sul presupposto della asserita reciproca soccombenza da cui far derivare la compensazione.
La lettura e l’impostazione della sentenza in questione smentiscono questo assunto, essendovi corrispondenza tra lo svolgimento motivazionale e il dispositivo con cui è stato dichiarato il rigetto totale dell’appello , con la conseguente conferma della sentenza di primo grado, senza lasciare spazio a margini di compensazione delle spese, secondo le disposizioni in materia.
Ed infatti, tra le gravi ed eccezionali ragioni che, ai sensi dell’art. 92 c.p.c. (come risultante dalla sentenza della Corte cost. n. 77 del 2018), giustificano la compensazione delle spese processuali rientra l’incertezza giurisprudenziale sulla questione oggetto del giudizio all’epoca dell’introduzione della causa, profilo che non soccorre nel caso di specie, essendo il regime della rinuncia – formale e sostanziale -già circoscritto dalla citata sentenza delle S.U. n. 3876/2010 (seguita da numerose pronunce conformi, tra cui Cass. n. 2259/2013 e Cass. n. 14782/2018).
Donde anche il quinto motivo non può essere accolto.
in definitiva, il ricorso è infondato in tutti i suoi motivi e deve essere rigettato.
Le spese seguono la regola della soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
In virtù dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, occorre dare atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio a favore della parte controricorrente, che liquida in euro 2.500,00, oltre alle spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo un ificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 21/05/2025.