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Rinuncia al ricorso e spese: la Cassazione decide

Una contribuente, dopo aver impugnato un avviso di accertamento fino alla Corte di Cassazione, ha effettuato una rinuncia al ricorso a seguito dell’adesione alla rottamazione delle cartelle. La Suprema Corte ha dichiarato estinto il giudizio, compensando interamente le spese processuali tra le parti. La decisione evidenzia che la motivazione alla base della rinuncia (l’adesione a una sanatoria fiscale) giustifica la mancata condanna alle spese della parte rinunciante.

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Pubblicato il 17 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Rinuncia al Ricorso per Cassazione: Quando le Spese Vengono Compensate?

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione affronta un tema di grande interesse pratico: le conseguenze sulle spese processuali in caso di rinuncia al ricorso motivata dall’adesione a una sanatoria fiscale. La decisione chiarisce che, in tali circostanze, la Corte può esercitare il proprio potere discrezionale e compensare interamente i costi del giudizio tra le parti, evitando così una condanna per la parte che ha rinunciato. Analizziamo insieme i dettagli di questa importante pronuncia.

I Fatti del Caso: Dall’Accertamento alla Cassazione

La vicenda ha origine da un avviso di accertamento emesso dall’Agenzia delle Entrate nei confronti di una contribuente. L’amministrazione finanziaria, utilizzando il metodo sintetico previsto dall’art. 38 del D.P.R. 600/1973, aveva rideterminato il reddito complessivo della persona per l’anno d’imposta 2008.

La contribuente aveva impugnato l’atto impositivo, ma il suo ricorso era stato respinto sia dalla Commissione Tributaria Provinciale sia, in appello, dalla Commissione Tributaria Regionale. Ritenendo errata la sentenza di secondo grado, in particolare per quanto riguarda l’onere della prova a suo carico, la contribuente aveva proposto ricorso per cassazione.

La Svolta: La Rinuncia al Ricorso a Seguito di Rottamazione

Mentre il giudizio pendeva dinanzi alla Suprema Corte, si è verificato un evento decisivo. La contribuente ha notificato all’Avvocatura Generale dello Stato un atto di rinuncia al ricorso. La ragione di tale scelta era l’adesione alla cosiddetta “rottamazione delle cartelle”, un procedimento che le ha permesso di definire in modo agevolato il debito relativo all’avviso di accertamento impugnato.

L’atto di rinuncia, sottoscritto dal difensore munito di mandato speciale, ha quindi portato la causa verso la sua naturale conclusione processuale: l’estinzione del giudizio.

Le Motivazioni della Corte sulla Rinuncia al Ricorso e sulle Spese

La Corte di Cassazione, preso atto della valida rinuncia, ha dichiarato estinto il giudizio di legittimità. Il punto centrale della decisione, tuttavia, riguarda la regolamentazione delle spese processuali. Secondo l’art. 391, comma 2, del codice di procedura civile, la Corte ha il potere discrezionale di condannare la parte che ha dato causa all’estinzione (in questo caso, la rinunciante) al pagamento delle spese.

Tuttavia, i giudici hanno deciso di compensare interamente le spese tra le parti. La motivazione di questa scelta risiede proprio nella causa che ha portato alla rinuncia. La Corte ha riconosciuto che l’adesione della contribuente alla rottamazione delle cartelle costituisce una valida ragione per la rinuncia, giustificando così la deroga alla regola generale della condanna alle spese.

Inoltre, la Corte ha specificato che non doveva essere applicata la sanzione del pagamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato (il cosiddetto “doppio contributo”). Questa misura, prevista dall’art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. 115/2002, ha carattere eccezionale e sanzionatorio e si applica solo in caso di rigetto integrale, inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione, non in caso di estinzione del giudizio.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Pronuncia

L’ordinanza offre due importanti spunti pratici. In primo luogo, conferma che la rinuncia al ricorso in Cassazione, se motivata da un’adesione a strumenti di definizione agevolata del debito fiscale, può portare alla compensazione delle spese legali. Questo incentiva i contribuenti a utilizzare tali strumenti, sapendo di non rischiare necessariamente una condanna alle spese per il giudizio abbandonato. In secondo luogo, ribadisce un principio fondamentale: le norme sanzionatorie, come quella sul doppio contributo unificato, non possono essere applicate in via analogica o estensiva a casi non espressamente previsti, come l’estinzione del giudizio per rinuncia.

Cosa succede al processo se una parte rinuncia al ricorso in Cassazione?
Il processo viene dichiarato estinto. La rinuncia, se formalmente valida, pone fine al giudizio di legittimità senza una decisione nel merito.

In caso di rinuncia al ricorso, chi paga le spese legali?
La Corte può decidere di compensare interamente le spese tra le parti, senza quindi una condanna per il rinunciante. Questo avviene, come nel caso di specie, quando la rinuncia è giustificata da motivazioni valide, come l’adesione a una sanatoria fiscale (rottamazione delle cartelle).

La rinuncia al ricorso comporta il pagamento del doppio del contributo unificato?
No. La Corte ha chiarito che l’obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato è una norma sanzionatoria prevista solo per i casi di rigetto, inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione, e non si applica all’estinzione del giudizio.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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