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Rinuncia al ricorso: come estinguere il giudizio

Una società contribuente, dopo aver visto respinta la sua domanda di definizione agevolata, ha impugnato il diniego in Cassazione. Successivamente, perfezionata la sanatoria per la cartella di pagamento relativa, ha presentato una formale rinuncia al ricorso. L’Agenzia delle entrate ha accettato la rinuncia, portando la Corte di Cassazione a dichiarare l’estinzione del giudizio con compensazione delle spese.

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Pubblicato il 21 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Rinuncia al Ricorso: Come un Accordo Fiscale Può Chiudere un Processo

La rinuncia al ricorso rappresenta uno strumento processuale decisivo per porre fine a una lite giudiziaria. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione illustra perfettamente come, nel contesto tributario, il perfezionamento di una definizione agevolata possa sfociare in una rinuncia accettata, determinando l’estinzione del giudizio. Analizziamo insieme questo caso emblematico.

I Fatti del Caso: un Lungo Contenzioso Fiscale

La vicenda trae origine da alcuni avvisi di accertamento per imposte dirette e IVA relativi agli anni 2003, 2004 e 2005, notificati a una società. Il contenzioso ha attraversato vari gradi di giudizio:

1. Primo Grado: La Commissione Tributaria Provinciale (CTP) dichiara i ricorsi della società inammissibili.
2. Appello: La Commissione Tributaria Regionale (CTR) accoglie l’appello della società.
3. Cassazione: L’Agenzia delle Entrate ricorre in Cassazione. La Suprema Corte, con una sentenza del 2018, accoglie il ricorso dell’Agenzia, cassa la sentenza della CTR e, decidendo nel merito, dichiara inammissibili i ricorsi originari della società, chiudendo di fatto la lite a favore del Fisco.

Successivamente, la società tenta la via della revocazione della sentenza di Cassazione e, nel frattempo, presenta domande di definizione agevolata per le stesse pendenze. L’Agenzia delle Entrate rigetta tali domande, sostenendo che la lite era ormai “esaurita” dalla sentenza definitiva della Cassazione. Contro questo diniego, la società propone un nuovo ricorso in Cassazione.

La Svolta: l’Accordo e la Rinuncia al Ricorso

Durante la pendenza di quest’ultimo ricorso, interviene un fatto nuovo e risolutivo: si perfeziona la domanda di definizione agevolata relativa alla cartella di pagamento emessa a seguito della controversia. Raggiunto l’obiettivo di sanare la propria posizione, la società non ha più interesse a proseguire il giudizio sul diniego.

Di conseguenza, la società e i suoi difensori depositano un atto formale di rinuncia al ricorso, che viene prontamente accettato e sottoscritto anche dal rappresentante dell’Agenzia delle Entrate.

Le Motivazioni: la Ritualità della Rinuncia e l’Estinzione del Giudizio

La Corte di Cassazione, presa visione degli atti, non entra nel merito della questione originaria (la legittimità del diniego), ma si concentra sull’atto di rinuncia. La motivazione della sua decisione si basa su semplici ma fondamentali presupposti processuali:

* Tempestività: La rinuncia è intervenuta prima dell’adunanza camerale, rispettando i termini previsti dall’art. 390, comma 2, del codice di procedura civile.
* Formalità: L’atto è stato sottoscritto sia dalla parte ricorrente sia dal suo difensore, come richiesto dalla normativa.
* Accettazione: La controparte, l’Agenzia delle Entrate, ha formalmente accettato la rinuncia.

La presenza di questi tre elementi rende la rinuncia rituale e pienamente efficace. Di conseguenza, l’unica decisione possibile per la Corte è dichiarare l’estinzione del giudizio. Inoltre, viene stabilita la compensazione delle spese di lite, segno che l’accordo tra le parti si estende anche a questo aspetto. Infine, la Corte chiarisce che la declaratoria di estinzione esclude l’applicazione dell’obbligo di versare un importo ulteriore a titolo di contributo unificato, previsto solo in caso di soccombenza.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Decisione

Questa ordinanza evidenzia l’importanza strategica della rinuncia al ricorso come via d’uscita da un contenzioso, specialmente quando le parti raggiungono un accordo stragiudiziale come una definizione agevolata. Per il contribuente, significa chiudere definitivamente una pendenza, evitando i tempi e i costi di un ulteriore grado di giudizio dall’esito incerto. Per l’amministrazione finanziaria, rappresenta un incasso certo e la fine di un procedimento. La decisione della Corte conferma che, una volta formalizzato l’accordo tra le parti tramite una rinuncia ritualmente accettata, il processo si conclude con una declaratoria di estinzione, un esito che soddisfa l’interesse di entrambe le parti a non proseguire la lite.

Cosa succede se un contribuente rinuncia al ricorso per cassazione dopo aver aderito a una definizione agevolata?
Se la rinuncia viene presentata formalmente prima dell’udienza e viene accettata dalla controparte (in questo caso, l’Agenzia delle Entrate), la Corte di Cassazione dichiara il giudizio estinto, ponendo fine alla controversia.

Chi paga le spese legali in caso di estinzione del giudizio per rinuncia al ricorso?
Nel caso specifico, la Corte ha disposto la compensazione delle spese di lite. Questo significa che ogni parte si fa carico delle proprie spese legali, una soluzione comune quando l’estinzione deriva da un accordo tra le parti.

In caso di rinuncia al ricorso, si deve pagare il doppio del contributo unificato?
No. L’ordinanza chiarisce che la declaratoria di estinzione del giudizio esclude l’obbligo di versare un’ulteriore somma pari al contributo unificato già pagato. Tale obbligo scatta solo in caso di rigetto, inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione, non in caso di estinzione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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