Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 21357 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 21357 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 25/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 27395/2022 R.G. proposto da:
COGNOME NOME che col proprio ministero ex art. 86 c.p.c. si rappresenta e difende
-ricorrente-
AGENZIA DELLE ENTRATE – DIREZIONE PROVINCIALE I DI ROMA UFF. TERR. DI ROMA 2 AURELIO rappresentata e difesa l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO -resistente- avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. LAZIO n. 2347/2022 depositata il 26/05/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 12/06/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME impugnava l’avviso di liquidazione dell’imposta di registro per € 200,00 in relazione a un atto di esecuzione mobiliare, eccependo la genericità dell’atto impositivo, invocando, inoltre, l’esenzione fiscale e denunciando la violazione dello Statuto del contribuente.
Successivamente, dopo il versamento dell’imposta, il contribuente rinunciava agli atti chiedendo la declaratoria di estinzione del
giudizio. La C.T.P. di Roma, con sentenza n. 5032 del 2020, dichiarava estinto il giudizio e condannava COGNOME al pagamento delle spese processuali (€200), in quanto rinunciante.
La Commissione Tributaria Regionale adita dal contribuente, che chiedeva la riforma della sentenza di prime cure in punto di spese, per non aver deciso alla stregua del criterio della soccombenza virtuale, rigettava l’appello e condannava l’impugnante a ulteriori spese (€ 350), sul rilievo che .
Avverso detta sentenza, l’avv. COGNOME propone ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo.
L’amministrazione finanziaria è rimasta intimata.
Il ricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’art. 380 bis1 c.p.c., in prossimità dell’udienza.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., si deduce .
Si assume che la Commissione Giudicante doveva procedere ad un accertamento della soccombenza cd. virtuale ai fini della regolamentazione delle spese, quale corollario della pronuncia giudiziale dichiarativa della cessata materia del contendere.
In particolare, secondo il ricorrente, la soccombenza virtuale detta un principio secondo il quale il decidente, secondo una valutazione
prognostica dovrebbe stimare se la domanda sarebbe stata accolta o respinta, sostenendo che la stessa giurisprudenza di legittimità è ferma nell’affermare che il Giudice con la dichiarazione della cessazione della materia del contendere, deve, comunque, pronunciarsi sulla conflittualità in ordine alle spese secondo il summenzionato principio, ‘ laddove tale soccombenza dovrà essere individuata in base ad una ricognizione della ‘normale’ probabilità di accoglimento della pretesa della parte su criteri di verosimiglianza o su indagine sommaria di delibazione del merito’.
Il motivo non ha pregio.
L’art. 44 del d.lgs. n. 546/92 al primo comma sancisce che il processo si estingue per rinuncia al ricorso, ed al secondo comma prevede che il ricorrente che rinuncia deve rimborsare le spese alle altre parti, salvo diverso accordo tra loro. Il successivo art. 46 contempla l’ipotesi dell’estinzione del giudizio (in tutto o in parte), nei casi di definizione delle pendenze tributarie previsti dalla legge e in ogni altro caso di cessazione della materia del contendere, precisando al successivo terzo comma, che le spese del giudizio estinto a norma del comma primo restano a carico della parte che le ha anticipate, salvo diversa disposizione di legge (la Corte Cost. ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del presente comma, con sentenza n. 274/2005, nelle ipotesi in cui si riferisce alla cessazione della materia del contendere diverse dai casi di definizione delle pendenze tributarie previste dalla legge).
3.1. Nella presente fattispecie, emerge dalla decisione impugnata che i giudici di prossimità hanno dichiarato l’estinzione del giudizio – e non la cessazione della materia del contendere -in virtù della formulata espressa rinuncia al ricorso da parte del contribuente e della correlata istanza di declaratoria di estinzione del giudizio. Dalla lettura del ricorso non si evince, (poi), in quale atto, (diverso da quello allegato al ricorso per cassazione) il contribuente abbia
prospettato ai giudici di merito l’allegazione del fatto sopravvenuto che avrebbe generato il mutamento della situazione sostanziale dedotta. In particolare, l’evento prospettato, vale a dire il versamento della somma dovuta (da parte del terzo pignorato), e posto a base della rinuncia non giustifica l’applicazione del criterio della soccombenza virtuale, non essendo state rappresentate nell’atto abdicativo le ragioni della fondatezza dell’impugnazione e del suo verosimile accoglimento, essendosi il contribuente limitato a formulare istanza di rinuncia al ricorso e conseguente richiesta di cessazione della materia del contendere, in ragione del predetto versamento della somma, circostanza questa che, in assenza di diverse allegazioni, di certo non accredita l’ipotesi della non debenza della pretesa fiscale, unico rilievo questo, non dedotto, che, se accolto, avrebbe giustificato l’applicazione del principio della soccombenza virtuale.
3.2. Non è possibile sostenere che nel caso di specie sia sopravvenuta una cessazione della materia del contendere, la quale presuppone la sopravvenuta carenza d’interesse della parte alla definizione del giudizio, postulando che siano accaduti nel corso del giudizio fatti tali da determinare il venir meno delle ragioni di contrasto tra le parti e da rendere incontestato l’effettivo venir meno dell’interesse sottostante alla richiesta pronuncia di merito (Cass. Sez. 2, n. 30251/2023).
3.3. La rinuncia all’azione non richiede formule sacramentali, può essere anche tacita e va riconosciuta quando vi sia incompatibilità assoluta tra il comportamento dell’attore e la volontà di proseguire nella domanda proposta, peraltro, essa presuppone il riconoscimento dell’infondatezza dell’azione, accompagnato dalla dichiarazione di non voler insistere nella medesima; a queste condizioni la rinuncia all’azione determina, indipendentemente dall’accettazione della controparte, l’estinzione dell’azione e la cessazione della materia del contendere. Deve, viceversa, essere
dichiarata, anche d’ufficio, cessata la materia del contendere in ogni caso in cui risulti acquisito agli atti del giudizio che non sussiste più contestazione tra le parti sul diritto sostanziale dedotto e che conseguentemente non vi è più la necessità di affermare la volontà della legge nel caso concreto (Cass. 23/07/2019, n. 19845; Cass. n. 979/2023). In special modo, la cessazione della materia del contendere presuppone che le parti si diano reciprocamente atto del sopravvenuto mutamento della situazione sostanziale dedotta in giudizio e sottopongano conclusioni conformi in tal senso al giudice, potendo al più residuare un contrasto solo sulle spese di lite, che il giudice con la pronuncia deve risolvere secondo il criterio della cosiddetta soccombenza virtuale. Allorquando, invece, la sopravvenienza di un fatto, che si assume suscettibile di determinare la cessazione della materia del contendere, sia allegato da una sola parte e l’altra non aderisca a tale prospettazione, il suo apprezzamento, ove esso sia dimostrato, non può concretarsi in una pronuncia di cessazione della materia del contendere, ma, ove abbia determinato il soddisfacimento del diritto azionato con la domanda dell’attore, in una valutazione dell’interesse ad agire, con la conseguenza che il suo rilievo potrà dare luogo ad una pronuncia dichiarativa dell’esistenza del diritto azionato (e, quindi, per tale aspetto, di accoglimento della domanda) e di sopravvenuto difetto di interesse ad agire dell’attore in ordine ai profili non soddisfatti da tale dichiarazione, in ragione dell’avvenuto soddisfacimento della sua pretesa per i profili ulteriori rispetto alla tutela dichiarativa (Cass. n. 21757 del 29/07/2021; Cass. n. 1043/2024).
3.4. Alla stregua delle valutazioni svolte il ricorso va rigettato.
Nulla va disposto in ordine alle spese del giudizio di cassazione in favore dell’intimato poiché il medesimo non ha svolto attività difensiva.
Rigetta il ricorso.
v.to l’art. 13, comma 1 quater, D.P.R. n. 115 del 2002, come modificato dalla L. n. 228 del 2012; – dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, a carico della parte ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis dello stesso art.13, se dovuto.
Così deciso nella sezione tributaria della Corte di cassazione il