Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 30812 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 30812 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 02/12/2024
ONERI DEDUCIBILI RAPPORTO TRA SOCIETA’ CORRETTA IMPUTAZIONE
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 08211/2016 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, domiciliata ex lege in Roma, INDIRIZZO presso l’Avvocatura generale dello Stato che la rappresenta e difende;
-ricorrente –
Contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli Avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME in virtù di procura speciale a margine del controricorso ed elettivamente domiciliato presso lo studio dei difensori in Roma, INDIRIZZO
-controricorrente – avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale di Roma, n. 5073/4/15, depositata il 29/09/2015;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 18 ottobre 2024 dal consigliere NOME COGNOME
Fatti di causa
A seguito di indagini svolte dalla Guardia di Finanza e concluse con processo verbale di costatazione del 18.4.2008, l’Agenzia delle Entrate notificava alla RAGIONE_SOCIALE quale società consolidante la RAGIONE_SOCIALE l’avviso di accertamento
NUMERO_DOCUMENTO, avente ad oggetto la contestazione dell’imposta teorica dovuta dal gruppo (cui avrebbe fatto seguito la concreta liquidazione) e la contestazione della responsabilità solidale della consolidata RAGIONE_SOCIALE L’Amministrazione finanziaria riteneva di procedere al recupero di pretesi oneri dichiarati dalla società, e contabilizzati quali «perdita su crediti», in relazione all’anno 2005, oneri che l’Ente impositore qualificava come, invece, generati da una vera e propria rinuncia ad un ingente credito vantato nei confronti di una società infragruppo. Ne discendeva che tali importi, nella valutazione dell’Agenzia delle Entrate, dovevano qualificarsi come un incremento del costo della partecipazione societaria della società consolidata RAGIONE_SOCIALE nella RAGIONE_SOCIALE, società interamente posseduta, risultando pertanto indeducibili, conseguendone che la società consolidata, anziché registrare rilevanti perdite, nella prospettazione dell’Ente impositore aveva ottenuto nell’anno un reddito molto rilevante da sottoporre ad imposizione. La società replicava che la propria dichiarazione dei redditi era corretta, non avendo operato alcuna rinuncia ad un credito, perché tra le società era intercorso un accordo transattivo, frutto di complesse e reciproche concessioni, come attestato da conforme scrittura privata.
La società RAGIONE_SOCIALE proponeva ricorso avverso l’atto impositivo, innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Roma. L’Agenzia delle Entrate si costituiva chiedendo il rigetto dell’impugnazione. La Commissione adita riteneva, in un primo e diverso giudizio, corretta l’imputazione contabile delle somme per come operata dalla società consolidata e di conseguenza, nel secondo giudizio, annullava l’avviso di accertamento anche nei confronti della consolidante.
Spiegava appello avverso la decisione sfavorevole emessa dai primi giudici l’Amministrazione finanziaria, innanzi alla Commissione Tributaria Regionale del Lazio. La società RAGIONE_SOCIALE
RAGIONE_SOCIALE proponeva le sue controdeduzioni. La Commissione tributaria regionale respingeva l’appello e confermava la decisione adottata dal giudice di primo grado.
Ha proposto ricorso per cassazione, avverso la pronuncia emessa dal giudice dell’appello, l’Ente impositore, affidandosi ad un motivo di ricorso. La RAGIONE_SOCIALE si è costituita depositando controricorso.
Il ricorso è stato trattato dal Collegio nella camera di consiglio del 18/10/2024.
Ragioni della decisione
Con l’unico motivo di ricorso l’Agenzia delle Entrate deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 101 e 94 d.p.r. 22/12/1986, n. 917 (t.u.i.r.) nella quale sarebbe incorso il giudice dell’appello per aver ritenuto corretta l’imputazione contabile degli esiti del contratto stipulato tra la RAGIONE_SOCIALE (società consolidata dalla odierna controricorrente) e la RAGIONE_SOCIALE, interamente posseduta dalla prima.
Secondo l’Ufficio ricorrente l’imputazione a perdite su crediti della operazione effettuata dalla prima società nei confronti della seconda sarebbe in contrasto con l’art. 94, comma 6, t.u.i.r., disposizione che recita: «l’ammontare dei versamenti fatti a fondo perduto o in conto capitale alla società dai propri soci o della rinuncia ai crediti nei confronti della società dagli stessi soci si aggiunge al costo dei titoli e delle quote di cui all’articolo 85, comma 1, lettera c), in proporzione alla quantità delle singole voci della corrispondente categoria» perché quella erroneamente contabilizzata era la rinuncia a un credito.
Il motivo è fondato; il Collegio condivide i principi di diritto affermati da questa Corte nella sentenza Cass. 21/02/2023, n. 5422, resa a definizione del giudizio iscritto al n. 5482/2015 r.g. e svoltosi, in relazione alla medesima vicenda, tra la società RAGIONE_SOCIALE
RAGIONE_SOCIALEla consolidata e l’Agenzia delle Entrate e intende dare continuità al relativo orientamento.
2.1. Assume rilievo la circostanza, decisiva e incontroversa tra le parti, che la società consolidata dalla RAGIONE_SOCIALE, la RAGIONE_SOCIALE è divenuta socia unica di RAGIONE_SOCIALE prima della definizione della vicenda: ad avviso del Collegio avrebbero dovuto trovare applicazione le norme che disciplinano i rapporti di debito/credito tra socio e società, e non le disposizioni di carattere generale operanti nei confronti dei soggetti terzi. In particolare, l’art. 94, comma 1, lett. c), d.P.R. n. 917 del 1986 (t.u.i.r.) prevede che «l’ammontare dei versamenti fatti a fondo perduto o in conto capitale alla società dai propri soci o della rinuncia ai crediti nei confronti della società dagli stessi soci, si aggiunge al costo dei titoli e delle quote di cui all’articolo 85, comma 1, lettera c), in proporzione alla quantità delle singole voci della corrispondente categoria».
2.2.. Deve, ulteriormente, ricordarsi che questa Corte ha già avuto modo di statuire che: in tema di determinazione del reddito d’impresa, secondo la disciplina dettata dall’art. 55 (oggi art. 88), comma 4, del d.P.R. n. 917 del 1986, nella formulazione, vigente “ratione temporis”, come introdotta dal d.l. n. 557 del 1993, conv., con modif., dalla l. n. 133 del 1994, a partire dall’esercizio 1993, la rinuncia, da parte del socio, ai crediti nei confronti della società non va considerata sopravvenienza attiva ove sia operata in conto capitale, atteso che, in tale ipotesi, esprime la volontà di patrimonializzare la società e non può, pertanto, essere equiparata alla rimessione del debito da parte di un soggetto estraneo alla compagine sociale (Cass. 24/03/2017, n. 7636).
2.3. Pertanto, in ragione dell’indiscutibile rapporto di cointeressenza intercorrente tra la società creditrice e la società partecipata, la rinuncia al credito operata dalla RAGIONE_SOCIALE società consolidata, non doveva essere considerata, ai fini fiscali, una
perdita su crediti che genera una componente negativa del reddito, ma un incremento del costo fiscalmente riconosciuto della partecipazione.
In conclusione, in accoglimento del motivo di ricorso proposto dall’Amministrazione finanziaria, la sentenza impugnata deve essere cassata, con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio che, in diversa composizione, procederà a nuovo esame, e provvederà anche a regolare la spese processuali del giudizio di legittimità tra le parti.
P.Q.M.
accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata, e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio, in diversa composizione, cui è demandata anche la regolazione delle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, del 18 ottobre