Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 26037 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 26037 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: CANDIA COGNOME
Data pubblicazione: 04/10/2024
SILENZIO RIFIUTO RIMBORSO SOSPENSIONE GIUDIZIO
sul ricorso iscritto al n. 25423/2020 del ruolo generale, proposto
DA
RAGIONE_SOCIALE (codice fiscale CODICE_FISCALE), con sede in Sala Bolognese (INDIRIZZO), al INDIRIZZO, in persona del legale rappresentante pro tempore, NOME COGNOME, rappresentata e difesa, in ragione di procura speciale e nomina rilasciate a margine del ricorso, dall’AVV_NOTAIO (codice fiscale CODICE_FISCALE).
– RICORRENTE –
CONTRO
RAGIONE_SOCIALE (codice fiscale CODICE_FISCALE), in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato (codice fiscale CODICE_FISCALE).
– CONTRORICORRENTE –
per la cassazione della sentenza n. 222/4/2020 della Commissione tributaria regionale della Lombardia, depositata il 28 gennaio 2020, non notificata;
UDITA la relazione svolta all’ adunanza camerale del 27 giugno 2024 dal Consigliere NOME COGNOME;
RILEVATO CHE:
oggetto di controversia è il silenzio-rifiuto a seguito di domanda di rimborso RAGIONE_SOCIALE somme versate dalla contribuente in data 17 agosto 2017 per complessivi 342.977,48 € a titolo di imposta di registro, ipotecaria e catastale, in esito a cartella di pagamento n. 020/2015/00255778/77, emessa dopo la notifica dell’avviso di liquidazione n. NUMERO_DOCUMENTO, con cui era stata contestata alla società la decadenza dalle agevolazioni di cui alla legge 6 agosto 1954, n. 604 per la mancata presentazione del certificato definitivo della piccola proprietà contadina entro i termini di legge;
con la suindicata sentenza la Commissione tributaria regionale della Lombardia rigettava l’appello proposto dalla suindicata società contro la sentenza n. 174/1/2018 della Commissione tributaria provinciale di Lecco, ritenendo, in applicazione del criterio della ragione più liquida, che la definitività dell’atto impositivo rendesse inammissibile l’istanza di rimborso RAGIONE_SOCIALE somme versate in base al predetto titolo;
la suindicata società notificava il 30 settembre 2020 ricorso per cassazione contro la predetta sentenza, formulando due motivi di impugnazione;
l’RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso notificato il 10/11 novembre 2020;
CONSIDERATO CHE:
con il primo motivo di ricorso la contribuente ha eccepito, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c., la nullità della
sentenza per aver negato il rimborso in ragione di un insussistente giudicato relativo al propedeutico avviso di liquidazione, che risultava, in realtà, sub iudice, per essere stata la sentenza n. 4482/12/2018 della Commissione tributaria regionale della Lombardia impugnata innanzi alla Corte di cassazione, con giudizio iscritto con il n. 38559NUMERO_DOCUMENTO di ruolo generale ed ancora pendente;
con la seconda censura la ricorrente ha dedotto, con riferimento al canone di cui all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione degli artt. 295, 337, secondo comma c.p.c. e 2909 c.c., ponendo in rilievo la necessità di sospendere il giudizio in attesa di quello, in precedenza indicato, concernente il propedeutico avviso di liquidazione, che aveva ad oggetto la decadenza dell’agevolazione fiscale di cui alla legge 6 agosto 1954, n. 604 sulla piccola proprietà contadina (P.P.C), applicabile all’imprenditore agricolo professionale (IAP) ai sensi del d.lgs. 29 marzo 2004, n. 99;
va preliminarmente dichiarata la tardività RAGIONE_SOCIALE notifiche dei due controricorsi, siccome eseguite, a fronte di una notifica del ricorso intervenuta il 30 settembre 2020, rispettivamente in data 10 ed 11 novembre 2020 e, dunque, oltre il termine di cui all’art. 370, primo comma, c.p.c. (41 o 42 giorni dopo);
i due motivi di ricorso vanno trattati congiuntamente, in quanto connessi, siccome gravitanti sulla dedotta pendenza del giudizio sull’atto impositivo; essi vanno dichiarati inammissibili;
come sopra esposto, la difesa della contribuente ha rappresentato l’errore del Giudice d’appello per non aver sospeso il giudizio, avendo ritenuto definitiva la pretesa dell’Ufficio, laddove, in realtà, pendeva innanzi a questa Corte il suindicato giudizio;
tale giudizio è stato, tuttavia, deciso da questa Corte con ordinanza n. 30268 del 27 ottobre 2021 (giudizio recante il n. 38559/2019 di ruolo generale indicato in ricorso), accogliendo il primo motivo di ricorso per cassazione proposto dall’RAGIONE_SOCIALE, cassando, senza rinvio, la sentenza d’appello n.
4482/12/2018 della Commissione tributaria regionale della Lombardia (che aveva riformato la pronuncia di primo grado, annullando l’atto di liquidazione impugnato) considerando tardivo il ricorso di primo grado per le ragioni ivi chiarite;
la decisione di questa Corte ha, quindi, comportato la definitività dell’avviso di liquidazione impugnato ;
tale giudicato esterno formatosi a seguito della citata pronuncia è rilevabile di ufficio, essendosi formato successivamente alla pronuncia della sentenza impugnata, poiché «- ove si tratti di sentenza della predetta Corte, nota alle parti – non può ritenersi operante il divieto di produzione di nuovi documenti di cui all’art. 372 cod. proc. civ., in quanto il divieto non risponde, in concreto, ad un reale interesse né RAGIONE_SOCIALE parti stesse, né della Corte di cassazione, la quale è tenuta per dovere di ufficio alla conoscenza dei propri precedenti» (cfr. Cass., Sez. II, 11 giugno 2021, n. 16589);
vengono, per tale motivo ed all’evidenza, meno le ragioni dell’impugnazione e lo stesso interesse a coltivarle, avendo la sopraggiunta pronuncia di questa Corte realizzato la medesima situazione processuale (vale a dire la definitività dell’accertamento, erroneamente ritenuta del Giudice dell’appello) della cui mancanza la contribuente si lamentava;
la tardività del contro ricorso dell’RAGIONE_SOCIALE esime dal regolare le spese del presente grado di giudizio e ciò, quindi, anche senza considerare il carattere sopravvenuto (la citata pronuncia di questa Corte) della causa di inammissibilità del ricorso;
non ricorrono, infine, i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello dovuto per il ricorso previsto dall’art. 13, comma 1 -quater , d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, giacchè tale meccanismo, lato sensu sanzionatorio, si applica per l’inammissibilità originaria del gravame e non – come nel caso – per quella che origini da eventi sopravvenuti (cfr. tra le molte, Cass.,
Sez. T, 23 gennaio 2023, n. 1950; Cass., Sez. Un., 19 luglio 2024, n. 19976), come tali non denotanti un accesso meramente strumentale e defatigante all’impugnazione (cfr. Cass., Sez. T., 22 marzo 2024, n. 7806).
P.Q.M.
la Corte dichiara l’inammissibilità del ricorso.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 27 giugno 2024.