Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 22628 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 22628 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: CORTESI NOME
Data pubblicazione: 05/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso n.r.g. 18889/2020, proposto da:
COGNOME rappresentato e difeso, per procura speciale in calce al ricorso, dagli Avv.ti COGNOME ed NOME COGNOME con domicilio eletto presso l’indirizzo di posta elettronica certificata dei predetti;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE , in persona del direttore pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato presso la quale è domiciliata in ROMA, INDIRIZZO
-controricorrente –
avverso la sentenza n. 877/2019 della Commissione tributaria regionale dell’Abruzzo , depositata il 25 ottobre 2019; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 4 luglio 2025 dal consigliere dott. NOME COGNOME lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale dott. NOME COGNOME il quale ha chiesto il rigetto del ricorso.
Rilevato che:
NOME COGNOME impugnò innanzi alla C.T.P. di Pescara il diniego opposto dall’Amministrazione alla sua richiesta di rimborso delle ritenute operate sulla pensione Inps corrispostagli nel biennio 2011-2012.
Il contribuente aveva motivato tale richiesta con richiamo al fatto che il trattamento previdenziale era già stato soggetto ad imposizione in Svizzera, Stato nel quale egli era residente, e ne andava perciò esente in Italia, in applicazione della Convenzione italo-svizzera contro le doppie imposizioni resa esecutiva in Italia con l. n. 943/1978.
I giudici adìti rigettarono il ricorso.
Il successivo appello del contribuente è stato respinto con la sentenza indicata in epigrafe.
La C.T.R. dell’Abruzzo ha rilevat o, in particolare, che l’istanza di rimborso non era corredata dalla prescritta certificazione, mediante attestato ufficiale da parte della Confederazione elvetica, del fatto che il Fornacca era stato effettivamente assoggettato a prelievo in Svizzera; del resto il contribuente, anche a mezzo dei documenti prodotti, non aveva allegato di aver effettivamente versato le imposte sulla pensione ricevuta, essendosi limitato ad affermare la propria «assoggettabilità» ad imposizione.
La sentenza d’appello è stata impugnata dal contribuente con ricorso per cassazione affidato a tre motivi, illustrati da successiva memoria.
L’Amministrazione ha depositato controricorso.
Il Pubblico Ministero ha fatto pervenire le proprie conclusioni scritte.
Considerato che:
Con il primo motivo, denunziando «violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2697 c.c. e 29 l. 943/1978», il ricorrente assume che la C.T.R. avrebbe errato nell’interpretare il contenuto dell’onere probatorio di sua spettanza , ritenendo necessaria la prova dell’effettivo pagamento di imposte in Svizzera da parte sua .
Osserva, infatti, che l’art. 29 della Convenzione italo -svizzera contro le doppie imposizioni individua quale unico presupposto perché il contribuente non venga assoggettato ad imposta in Italia -oltre alla residenza del medesimo , prescritta dall’art. 18 -la limitazione al potere impositivo dello Stato prevista da una delle disposizioni della Convenzione stessa.
In tal senso, era dunque sufficiente il riconoscimento normativo della sua «soggettività passiva fiscale elvetica», documentata e già accolta dall’Inps, al quale era stata comunicata, senza necessità di ulteriore dimostrazione dell’effettivo esborso di som me.
Il secondo motivo denunzia omesso esame di un fatto controverso e decisivo per il giudizio.
Secondo il ricorrente, infatti, la C.T.R. non avrebbe esaminato la documentazione comprovante l’effettivo versamento, da parte sua, delle imposte sul trattamento previdenziale previste dalla legge svizzera.
Il terzo mezzo di ricorso, infine, denunzia violazione o falsa applicazione dell’art. 18 della l. n. 943/1978.
Il ricorrente assume che C.T.R., avendo riconosciuto lo Stato elvetico come «dotato di potere impositivo ex art. 18» citato (che prevede che i trattamenti pensionistici siano tassati soltanto nello Stato di residenza del contribuente), avrebbe dovuto coerentemente ritenere illegit timo il prelievo effettuato dall’amministrazione finanziaria italiana sulle relative somme; e ciò, vieppiù, avuto riguardo al fatto che l’Inps, ente erogatore, a partire dal 2013 aveva espressamente riconosciuto l’esenzione dalla t assazione italiana, calcolando gli importi della sua pensione al netto da ritenute.
Il primo motivo è fondato, restando assorbito in tale decisione lo scrutinio dei restanti.
4.1. Occorre premettere, al fine di circoscrivere con esattezza il thema decidendum , che la sentenza impugnata, per la parte oggetto di censura, ha affermato:
-«non è in discussione il tema dell’effettiva residenza dato pacifico -ma la sussistenza dei presupposti legittimanti la richiesta di rimborso della somma» (pag. 2);
-«dalla documentazione esibita dal contribuente risulta che il Fornacca è iscritto nei ruoli dei contribuenti di quello Stato ed è assoggettato alle imposte dirette in Svizzera. Ma tale documentazione non appare sufficiente a dimostrare il fatto g iuridico costitutivo del diritto al rimborso: in altri termini, una cosa è dire essere assoggettato, altra è l’attestazione della sussistenza della condizione prevista per ottenere il rimborso» (pag. 3);
« l’istanza di rimborso presentata allo Stato contraente deve essere accompagnata da un ‘attestato ufficiale’, rilasciato dall’altro Stato contraente, che certifichi che sussistono le condizioni richieste per avere diritto al rimborso» (pagg. 3-4);
-«il contribuente parla di assoggettabilità e non di avvenuto pagamento in Svizzera, e tanto basta per concludere che legittimamente il prelievo è stato effettuato in Italia e che nessun rimborso è dovuto» (pag. 4).
Dal rilievo di tali statuizioni deriva che l’unico tema del presente giudizio, fatto oggetto dei motivi di impugnazione articolati dal contribuente, è l’idoneità della documentazione prodotta dal medesimo ad assicurare l’avvenuta corresponsione in Svizzera delle imposte sulla prestazione previdenziale erogatagli.
I giudici regionali, infatti, sono stati di contrario avviso, affermando che, ai fini dell’operatività della disciplina convenzionale sul rimborso, sarebbe occorso un quid pluris , individuato nel ridetto «attestato ufficiale», unico elemento idoneo a comprovare il requisito dell’effettivo pagamento in Svizzera dell’imposta dovuta.
Così delineate le coordinate del giudizio, restano allora estranee al perimetro del devoluto, in quanto circostanze acclarate e non più contestate, la residenza in Svizzera del Fornacca e il fatto che il trattamento previdenziale che gli viene erogato sia soggetto ad imposizione in quello Stato, ai sensi dell’art. 18 della Convenzione.
4.2. Ciò posto, in ordine ai rimborsi delle imposte versate in eccesso rispetto alle previsioni della richiamata Convenzione italo-svizzera, l ‘art. 29, par. 2, della stessa dispone:
« 1. Le imposte riscosse in uno dei due Stati contraenti mediante ritenuta alla fonte sono rimborsate a richiesta dell’interessato o dello Stato di cui esso è residente qualora il diritto alla percezione di dette imposte sia limitato dalle disposizioni della presente Convenzione.
Le istanze di rimborso, da prodursi in osservanza dei termini stabiliti dalla legislazione dello Stato contraente tenuto ad effettuare il rimborso stesso, devono essere corredate di un attestato ufficiale dello Stato contraente di cui il contribuente è residente, certificante che
sussistono le condizioni richieste per aver diritto all’applicazione dei benefici previsti dalla presente Convenzione ».
4.3. Ora, quanto a tale ultimo attestato, questa Corte ha in varie occasioni affermato (v., fra le altre, Cass. n. 11085/2025; Cass. n. 30779/2023), che esso non ha ad oggetto la concreta tassazione ( id est l’effettivo prelievo) , bensì l’assoggettamento ad imposta del contribuente residente nello Stato contraente.
Infatti, il modello di convenzione OCSE in attuazione del quale è stata firmata la Convenzione tra Repubblica italiana e Confederazione svizzera contro le doppie imposizioni stabilisce, all’art. 4 , che l’espressione ‘residente in uno stato contraente’ designa ogni persona la quale, in virtù della legislazione dello Stato, è assoggettata ad imposta nello stesso Stato ( is liable to tax ), espressione ripetuta all’art. 4 della Convenzione in esame; nel relativo commentario OCSE si legge che lo scopo di tale previsione è la risoluzione di casi di doppia residenza ( The article is intended to define the meaning of term ‘Resident of a contracting state’ and to solve cases of double residences ), sempre intesa, in base alle legislazioni domestiche, dal punto di vista fiscale.
Si attestano in tal senso, del resto, l e stesse indicazioni dell’Agenzia delle entrate, la quale, con la circolare n. prot. 84404/2013, ha chiarito che «l’ autorità fiscale del Paese di residenza del beneficiario del reddito può rilasciare l’attestato di residenza fiscale utilizzando una propria modulistica da allegare alla domanda di rimborso o di applicazione diretta dell’esonero o dell’aliquota convenzionale » che «deve attestare la residenza del beneficiario ai sensi della pertinente norma convenzionale nel periodo d’imposta ovvero alla data di rilascio dell’ attestato».
4.4. Nello stesso senso, questa Corte ha quindi ritenuto che il certificato di residenza fiscale sia sufficiente a soddisfare la citata
condizione prevista dall’art. 29, comma 2, della Convenzione (cfr. Cass. n. 10884/2023, oltre alle pronunzie già menzionate), anche e soprattutto sul rilievo del fatto che l’attestazione non deve contenere espressioni sacramentali, o espliciti riferimenti alla Convenzione (cfr. Cass. n. 30779/2023; Cass. n. 29528/2023).
Pertanto, poiché, come si è detto, è incontestata la residenza in Svizzera del contribuente, e la documentazione da lui prodotta dà atto dell’assoggettamento del suo reddito a tassazione in quello Stato, la sentenza impugnata non può essere condivisa laddove ha negato il diritto al rimborso per mancanza di attestazione ufficiale circa l’effettiva imposizione.
Il rilievo di fondatezza del primo motivo per le ragioni esposte comporta, come anticipato, l’ assorbimento dei restanti.
Il ricorso va dunque accolto e la sentenza impugnata è cassata.
Non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, la causa può essere decisa nel merito con l’accoglimento dell’originaria domanda di rimborso del contribuente.
Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo. Le spese dei gradi di merito possono essere interamente compensate.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo del ricorso e dichiara assorbiti i restanti;
cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie l’originaria domanda di rimborso del contribuente.
Condanna la controricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità , che liquida in € 4.1 00,00, oltre € 200,00 per esborsi, 15% rimborso forfetario e oneri accessori.
Compensa le spese dei gradi di merito.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Corte Suprema