Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 12814 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 12814 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: CORTESI NOME
Data pubblicazione: 13/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso n.r.g. 6072/2024, proposto da:
RAGIONE_SOCIALE , in persona del Direttore te pro tempore , rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici è domiciliata in ROMA, INDIRIZZO
– ricorrente –
contro
COGNOME rappresentato e difeso, per procura speciale allegata al controricorso, dall’AVV. NOME COGNOME domiciliato presso il suo indirizzo di posta elettronica certificata
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 2838/2023 della Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Puglia, depositata il 12 ottobre 2023; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 14 aprile 2025 dal consigliere dott. NOME COGNOME
Rilevato che:
NOME COGNOME, medico specialista ambulatoriale convenzionato con l’ASL, impugnò innanzi alla Commissione tributaria provinciale di Foggia il silenziodiniego opposto dall’Agenzia delle entrate alla sua istanza di rimborso delle somme percepite, nel periodo d’imposta 2011 -2014, per le spese di viaggio sostenute al fine di svolgere la propria attività lavorativa al di fuori del Comune di residenza.
La C.T.P. accolse il ricorso.
Il successivo gravame erariale fu respinto con la sentenza indicata in epigrafe.
I giudici regionali rigettarono , anzitutto, l’eccezione di decadenza del contribuente dal diritto al rimborso, sollevata dall’Amministrazione, in quanto formulata ex novo nel giudizio d’appello; nel merito, ritennero poi che gli importi oggetto di istanza, corrisposti al Montanino dall’ASL a titolo di «rimborso spese viaggi» fuori dalla sede di lavoro , ai sensi degli artt. 32 e 48 del CCNL di settore, avessero funzione risarcitoria e non retributiva.
Detta sentenza è stata impugnata dall’Agenzia delle entrate con ricorso per cassazione affidato a due motivi.
Il contribuente ha resistito con controricorso, illustrato da successiva memoria.
Considerato che:
Il primo motivo denunzia nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione dell’art. 57, comma 2, del d.lgs. 546/1992.
La sentenza d’appello è criticata nella parte in cui ha ritenuto inammissibile l’eccezione di decadenza sollevata dall’Ufficio, in quanto formulata per la prima volta in appello.
L’Agenzia ricorrente osserva, al riguardo, che si tratta di questione rilevabile anche d’ufficio e, come tale, sottratta al regime preclusivo connesso ai diversi gradi del giudizio.
Il secondo motivo è rubricato «violazione e falsa applicazione dell’art. 51, commi 1, 2 e 5, dell’art. 13, comma 1, e dell’art. 6, comma 2, del TUIR, ed erronea interpretazione dell’art. 48 del dell’Accordo Collettivo Nazionale per la disciplina dei rapporti con i medici specialisti ambulatoriali».
Secondo l’Agenzia delle entrate, i giudici regionali avrebbero errato nell’attribuire natura risarcitoria agli importi oggetto dell’istanza di rimborso, che invece andavano computati nella base imponibile in ossequio al principio di onnicomprensività della retribuzione.
Si trattava, infatti, di somme corrisposte a titolo di rimborso forfetario delle spese per incarichi svolti al di fuori del Comune di residenza e che, pertanto, non potevano annoverarsi fra le spese non imponibili ai sensi dell’ art. 51, comma 2, lett. d) del TUIR, concernente le sole «prestazioni di servizi di trasporto collettivo alla generalità o a categorie di dipendenti anche se affidate a terzi ivi compresi gli esercenti servizi pubblici», né, tantomeno, fra le indennità di missione di cui all’art. 51, comma 5, dello stesso testo unico.
3. Il primo motivo è fondato.
Questa Corte, con giurisprudenza ampiamente consolidata, ha infatti affermato che la decadenza del contribuente per il mancato rispetto dei termini fissati per chiedere il rimborso del tributo indebitamente versato, essendo prevista in favore dell’amministrazione finanziaria ed attenendo a situazione non
disponibile, può essere rilevata d’ufficio anche in secondo grado, purché emerga dagli elementi comunque acquisiti agli atti del giudizio; sicché essa è sottratta al regime delle eccezioni nuove (cfr. ex plurimis Cass. n. 22934/2023; Cass. n. 26378/2019; Cass. n. 22399/2017).
Hanno dunque errato i giudici d’appello nel ritenere inammissibile l’eccezione di decadenza sollevata dall’Amministrazione.
4. Anche il secondo motivo è fondato.
Sullo specifico tema oggetto di censura, il Collegio intende infatti dare continuità ai principi affermati da questa Corte, che possono essere così schematizzati:
«in tema di imposte sui redditi, il rimborso delle spese di trasferta ex art. 51, comma 5, d.P.R. n. 917 del 1986, può essere analitico, se ancorato agli esborsi, per vitto, alloggio e viaggio, effettivamente sostenuti e adeguatamente documentati dal dipendente, ovvero forfettario, se operato attraverso il riconoscimento di una provvista di denaro per sostenere le spese di vitto e alloggio, con la conseguenza che, mentre nel primo caso il rimborso non determina alcuna tassazione in capo al dipendente, nel secondo l’importo che oltrepassi il limite massimo previsto dall’art. 51 cit. concorre alla formazione del reddito di lavoro» (Cass. n. 2124/2024; Cass. n. 15731/2023; Cass. n. 6816/2023; Cass. n. 8489/2020);
-solo laddove non calcolate con criterio forfettario, «ossia sganciate dall’effettivo esborso sostenuto dal prestatore d’opera, ma con specifica parametrazione al chilometraggio percorso ed al costo del carburante rilevato», le somme corrisposte per spese di viaggio effettivamente sostenute per lo svolgimento dell’incarico di medico specialista presso gli ambulatori esterni al comune di residenza «sono percepite a titolo di rimborso spese, sicché hanno funzione restitutoria e di ripristino del patrimonio del prestatore d’opera e non sono
assimilabili alla retribuzione, né assoggettabili ad imposta» (Cass. n. 30624/2021; Cass. n. 6793/2015);
– invece, « il ‘rimborso spese di accesso’ alla sede di lavoro che si trovi in un Comune diverso da quello di residenza del medico ambulatoriale convenzionato, determinato con il criterio forfettario della indennità chilometrica previsto dall’art. 35 del d.P.R. n. 271 del 2000, deve ritenersi ontologicamente diverso dalle ‘indennità percepite per le trasferte’ di cui all’art. 51 comma 5 TUIR, le quali consistono in spostamenti temporanei del luogo di esecuzione della prestazione lavorativa in comune diverso da quello ove essa è ordinariamente effettuata, spostamenti intervenuti su richiesta e nell’interesse del datore di lavoro, né rientra in alcuna delle ipotesi legali di deroga al principio di onnicomprensività del reddito da lavoro previsto dall’art. 51 comma 1 TUIR» (Cass. n. 2124/2024).
A tali principi non si è uniformata la sentenza d’appello, laddove ha ritenuto la natura indennitaria delle spese in questione, invece calcolate con criterio forfettario e, conseguentemente, meritevoli di essere accluse alla base imponibile.
L’importo corrispondente a tali spese, pertanto, non poteva formare oggetto di rimborso.
In conclusione, il ricorso merita accoglimento.
La sentenza impugnata va cassata e, non occorrendo ulteriori accertamenti in fatto, la causa può essere decisa nel merito, con il rigetto dell’originaria domanda di rimborso del contribuente.
Le spese del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo. Le spese dei gradi di merito possono essere interamente compensate.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta l’originaria domanda di rimborso del contribuente.
Condanna il controricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, che liquida in € 2.300,00, oltre spese prenotate a debito.
Compensa le spese dei gradi di merito.
Così deciso in Roma, il 14 aprile 2025.