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Rimborso spese medico: quando è reddito tassabile?

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 2124/2024, ha stabilito che il ‘rimborso spese di accesso’ corrisposto a un medico specialista per recarsi dalla propria residenza a un ambulatorio esterno costituisce reddito da lavoro e, pertanto, è soggetto a tassazione IRPEF. La Suprema Corte ha chiarito che tale emolumento non rientra nelle esenzioni previste per le trasferte, ma rappresenta una componente della retribuzione soggetta al principio di onnicomprensività.

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Pubblicato il 26 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Rimborso spese medico: la Cassazione chiarisce quando è reddito tassabile

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha affrontato un tema di grande interesse per i professionisti della sanità: la natura fiscale del rimborso spese medico erogato per gli spostamenti dal comune di residenza a un ambulatorio esterno. La pronuncia chiarisce la distinzione cruciale tra ‘spese di accesso’ al luogo di lavoro e ‘indennità di trasferta’, con importanti conseguenze sulla determinazione del reddito imponibile.

I fatti del caso: un medico chiede il rimborso delle ritenute

Un medico specialista ambulatoriale, residente in un comune, svolgeva la propria attività professionale presso ambulatori situati in comuni diversi. Per questi spostamenti, percepiva un rimborso spese a titolo di indennità chilometrica. Ritenendo che tali somme avessero natura risarcitoria e non retributiva, il professionista ha chiesto all’Agenzia delle Entrate il rimborso delle ritenute IRPEF operate su tali importi per gli anni dal 2011 al 2014.

L’Agenzia delle Entrate ha respinto la richiesta, ma le commissioni tributarie di primo e secondo grado hanno dato ragione al contribuente. L’Amministrazione finanziaria ha quindi proposto ricorso in Cassazione, sostenendo la natura reddituale e quindi la piena tassabilità del rimborso spese medico in questione.

La tassabilità del rimborso spese medico secondo la Corte

La Suprema Corte ha accolto il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, ribaltando le decisioni dei giudici di merito. Il punto centrale della decisione risiede nella corretta qualificazione giuridica e fiscale delle somme erogate. I giudici hanno stabilito che l’emolumento in esame non può essere considerato una ‘indennità di trasferta’, fiscalmente agevolata ai sensi dell’art. 51, comma 5, del TUIR, ma un ‘rimborso spese di accesso’ alla sede di lavoro.

La distinzione tra trasferta e accesso al lavoro

La Corte ha spiegato che l’indennità di trasferta presuppone uno spostamento temporaneo del lavoratore in un luogo diverso da quello in cui svolge abitualmente la sua prestazione, su richiesta e nell’interesse del datore di lavoro. In questo caso, invece, l’ambulatorio esterno non era una sede occasionale, ma il luogo contrattualmente previsto per l’esecuzione della prestazione lavorativa.

Di conseguenza, le somme erogate non servivano a coprire i costi di una missione straordinaria, ma a compensare il lavoratore per il disagio di raggiungere la sede di lavoro ordinaria, situata in un comune diverso da quello di residenza. Questo tipo di emolumento, definito ‘rimborso spese di accesso’, rientra a pieno titolo nel principio di onnicomprensività del reddito da lavoro dipendente (art. 51, comma 1, del TUIR).

le motivazioni

La Corte di Cassazione ha motivato la sua decisione sottolineando che il ‘rimborso spese di accesso’ previsto dall’art. 35 del d.P.R. n. 271 del 2000 è ‘ontologicamente diverso’ dalle indennità di trasferta. Mentre queste ultime sono escluse, in tutto o in parte, dalla base imponibile perché compensano un disagio legato a uno spostamento occasionale e temporaneo, il rimborso per raggiungere la sede di lavoro ordinaria è una componente della retribuzione. Non rientrando in alcuna delle ipotesi di deroga previste dalla legge, tale somma deve essere integralmente assoggettata a imposizione fiscale. La determinazione forfettaria del rimborso, basata sull’indennità chilometrica, non ne modifica la natura reddituale, ma ne definisce solo il quantum.

le conclusioni

In conclusione, la sentenza ha enunciato un chiaro principio di diritto: il rimborso spese medico, qualificato come ‘di accesso’ alla sede di lavoro (anche se esterna al comune di residenza), è parte del reddito da lavoro e soggetto a tassazione. Questa decisione ha importanti implicazioni pratiche per tutti i medici e professionisti sanitari convenzionati che ricevono emolumenti simili, i quali dovranno considerare tali somme come pienamente imponibili ai fini IRPEF.

Il rimborso spese per il viaggio casa-lavoro di un medico specialista è tassabile?
Sì, secondo la sentenza in esame, il rimborso spese erogato per raggiungere la sede di lavoro, anche se situata in un comune diverso da quello di residenza, è considerato ‘rimborso spese di accesso’ e, come tale, è pienamente soggetto a tassazione IRPEF in quanto costituisce reddito da lavoro.

Qual è la differenza fiscale tra ‘indennità di trasferta’ e ‘rimborso spese di accesso’?
L’indennità di trasferta, legata a spostamenti temporanei in sedi diverse da quella abituale, può beneficiare di esenzioni fiscali totali o parziali (art. 51, comma 5, TUIR). Il ‘rimborso spese di accesso’, invece, è considerato una componente della retribuzione per raggiungere la sede ordinaria di lavoro e, pertanto, è interamente tassabile secondo il principio di onnicomprensività (art. 51, comma 1, TUIR).

Il criterio forfettario (es. chilometrico) per il rimborso influisce sulla sua tassabilità?
No, il criterio forfettario utilizzato per calcolare il rimborso (come l’indennità chilometrica) non ne cambia la natura fiscale. La tassabilità dipende dalla qualificazione della spesa rimborsata (accesso al lavoro vs. trasferta), non dal metodo di calcolo dell’emolumento.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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