Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 16238 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 16238 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 17/06/2025
Rimborso Irpef – Medici ambulatoriali convenzionati – C.d. spese di accesso.
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 10352/2020 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore, domiciliata in Roma alla INDIRIZZO presso l’Avvocatura generale dello Stato dalla quale è difesa;
– ricorrente –
contro
COGNOME rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME in forza di procura in calce al controricorso, che indica quale indirizzo p.e.c. EMAIL;
– controricorrente –
per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale della Puglia, sezione staccata di Lecce, n. 2497/2019 depositata in data 10/09/2019, non notificata;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 21/03/2025 dal relatore consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME, medico specialista ambulatoriale in regime di convenzione con l’Azienda Sanitaria Locale di Lecce, depositava, presso l’Agenzia delle Entrate, istanza di rimborso della tassazione Irpef per gli anni dal 2011 al 2015, per una somma complessiva pari ad euro 10.744,00, in merito alla voce stipendiale accessoria relativa al rimborso delle spese di viaggio per gli incarichi di accesso svolti in Comune diverso da quello di residenza così come previsto dall’ art. 35 d.P.R. n. 271/2000 e poi dall’art. 46 dell’ Accordo collettivo nazionale dei medici specialisti ambulatoriali.
Impugnato il diniego tacito, la Commissione tributaria provinciale di Lecce accoglieva il ricorso del contribuente e la Commissione tributaria regionale della Puglia, sezione staccata di Lecce, rigettava l’appello erariale.
Contro tale sentenza propone ricorso per cassazione l’Agenzia delle entrate in base a tre motivi.
Il contribuente resiste con controricorso.
Il ricorso è stato fissato per la camera di consiglio del 21 marzo 2025.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c., la difesa erariale deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 51 t.u.i.r., lamentando l’erronea decisione della CTR che ha ritenuto non imponibili le indennità in esame.
Co n il secondo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4 c.p.c., deduce omessa pronun cia in violazione dell’art. 112 c.p.c. sul motivo di appello con cui l’ufficio aveva dedotto la mancanza di documentazione.
Con il terzo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c., deduce la violazione dell’art. 2697 c.c. , laddove la CTR ha ritenuto assolti gli oneri probatori a carico del contribuente.
Il primo motivo del ricorso è fondato, con conseguente assorbimento degli ulteriori.
Questa Corte, con diverse decisioni rese all’esito dell’udienza pubblica tematica del 10/01/2024, ha infatti espresso il principio di diritto per cui il «rimborso spese di accesso» alla sede di lavoro che si trovi in un Comune diverso da quello di residenza del medico ambulatoriale convenzionato, determinato con il criterio forfettario dell ‘ indennità chilometrica previsto dall’art. 35 del d.P.R. n. 271 del 2000, deve ritenersi ontologicamente diverso dalle «indennità percepite per le trasferte» di cui all’art. 51, comma 5, t.u.i.r., le quali consistono in spostamenti temporanei del luogo di esecuzione della prestazione lavorativa in un Comune diverso da quello ove essa è ordinariamente effettuata, spostamenti intervenuti su richiesta e nell’interesse del datore di lavoro; né esso rientra in alcuna delle ipotesi legali di deroga al principio di onnicomprensività del reddito da lavoro previsto dall’art. 51, comma 1, t.u.i.r. (Cass. 22/01/2024, n. 2124, n. 2126, n. 2184; successivamente il principio è stato ribadito anche da Cass. 15/05/2024, n. 13550 e Cass. 22/07/2024, n. 20149; ancora in tal senso Cass. 27/12/2024, n. 34535).
Nel pervenire ad affermare tale principio, cui occorre dare ulteriore continuità, si è evidenziato che questa Corte ha, con pronunce anche recenti, ravvisato la natura non reddituale degli emolumenti in questione, ritenuti non costituenti reddito imponibile, purché percepiti a titolo di rimborso spese, nella specie affermando, in casi analoghi, che «In tema di imposte sui redditi, il rimborso delle spese di trasferta ex art. 51, comma 5, d.P.R. n. 917 del 1986, può essere analitico, se ancorato agli esborsi, per vitto, alloggio e viaggio, effettivamente
sostenuti e adeguatamente documentati dal dipendente, ovvero forfettario, se operato attraverso il riconoscimento di una provvista di denaro per sostenere le spese di vitto e alloggio, con la conseguenza che, mentre nel primo caso il rimborso non determina alcuna tassazione in capo al dipendente, nel secondo l’importo che oltrepassi il limite massimo previsto dall’art. 51 cit. concorre alla formazione del reddito di lavoro» (Cass. 6/05/2020, n. 8489; Cass. 7/03/2023, n. 6816; da ultimo v. Cass. 5/06/2023, n. 15731).
Con altre decisioni questa Suprema Corte si è pronunciata in merito alla effettiva natura di tali indennità, precisando che «In tema di imposte sui redditi, le somme corrisposte per spese di viaggio effettivamente sostenute per lo svolgimento dell’incarico di medico specialista presso gli ambulatori esterni al comune di residenza sono percepite a titolo di rimborso spese, sicché hanno funzione restitutoria e di ripristino del patrimonio del prestatore d’opera e non sono assimilabili alla retribuzione, né assoggettabili ad imposta ai sensi dell’art. 48 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, e dell’art. 48 del d.P.R. 29 settembre 1986, n. 917, poiché la loro quantificazione è determinata non con criterio forfettario, ossia sganciata dall’effettivo esborso sostenuto dal prestatore d’opera, ma con specifica parametrazione al chilometraggio percorso ed al costo del carburante rilevato» (Cass. 02/04/2015, n. 6793; Cass. 27/10/2021, n. 30624).
I precedenti richiamati risultano peraltro tutti calibrati sulla previsione di cui al comma 5 dell’art. 51 cit., che riguarda i c.d. «trasfertisti occasionali» e prevede la non imponibilità, in tutto o in parte, delle «indennità percepite per le trasferte o le missioni fuori del territorio comunale».
In materia contributiva, ove opera un diretto richiamo all’art. 51 del d.P.R. n. 917/1986, le Sezioni unite di questa Corte, con sentenza 15/1172017, n. 27093, si sono espresse in senso favorevole ai c.d.
«trasfertisti abituali» , che il sesto comma dell’art. 51 cit. definisce «tenuti per contratto all’espletamento delle attività lavorative in luoghi sempre variabili e diversi», affermando: i) che la nozione di trasferta è caratterizzata: 1) dal trasferimento del lavoratore in un luogo diverso da quello abituale per svolgere l’attività lavorativa; 2) dalla temporaneità del mutamento del luogo di lavoro; 3) dalla necessità che la prestazione lavorativa sia effettuata in esecuzione di un ordine di servizio del datore di lavoro e dalla irrilevanza del consenso del lavoratore e ii) che sono considerati «trasferisti abituali» i lavoratori subordinati destinati a svolgere sistematicamente e professionalmente la propria attività quasi interamente al di fuori dalla sede aziendale.
I n concreto, i commi da 5 a 8 dell’art. 51 t.u.i.r. stabiliscono, in deroga al principio di onnicomprensività della retribuzione dettato dal precedente primo comma, una parziale non concorrenza alla formazione del reddito per alcune indennità erogate a dipendenti che svolgono, occasionalmente o abitualmente, attività lavorativa in luoghi diversi rispetto a quello individuato nel contratto di lavoro.
2.1. Contrariamente, nel caso di specie, come in quelli decisi da questa Corte con le pronunce richiamate, si verte in tema di indennità corrisposte al medico per svolgere attività di ambulatorio al di fuori del proprio Comune di residenza, fattispecie differente da quella della trasferta comandata al di fuori del Comune della sede di lavoro, come evidenziato dall’Amministrazione ricorrente.
Ciò trova riscontro nel rilievo che l’istituto della trasferta al di fuori del Comune della sede di lavoro contrattualmente prevista trova diversa ed autonoma disciplina nell’art. 32 dell’Accordo collettivo nazionale di lavoro per la disciplina dei rapporti con i medici specialisti ambulatoriali interni ed altre professionalità sanitarie (biologi, chimici, psicologi) ai sensi dell’art. 48 della legge n. 833/1978 e dell’art. 8 del d. lgs. n. 502/1992 e successive modificazioni ed integrazioni, del
29/07/2009, presente anche nel successivo Accordo del 17/12/2015. Detto articolo, rubricato «Attività esterna e pronta disponibilità», al comma 1, prevede che « L’azienda, per propri fini istituzionali o esigenze erogative, può fare svolgere allo specialista ambulatoriale o al professionista, incaricato ai sensi del presente Accordo, attività professionale anche al di fuori della sede di lavoro indicata nella lettera di incarico (attività esterna), incarico conferito per lo svolgimento esclusivo di attività esterna, come sede di lavoro si intende quella dove avviene la rilevazione della presenza all’inizio dell’orario di servizio » e, al comma 6, che «Per lo svolgimento di attività esterna al professionista è attribuito un emolumento forfetario aggiuntivo calcolato sul compenso orario (…) ».
Questa Corte ha anche precisato che l’emolumento in esame neanche può essere ricondotto alla previsione derogatoria contemplata dal comma 2, lett. d) dell’art. 51 t.u.i.r. che, con specifico riferimento alle somme corrisposte e ai servizi prestati in relazione agli spostamenti per raggiungere dal luogo di residenza la sede di lavoro, prevede che: «Non concorrono a formare il reddito le prestazioni di servizi di trasporto collettivo alla generalità o a categorie di dipendenti; anche se affidate a terzi ivi compresi gli esercenti servizi pubblici». Tale fattispecie, infatti, non riguarda i rimborsi in oggetto, atteso che gli spostamenti in esame sono «individuali» e non possono, evidentemente, essere ricondotti alle «prestazioni di servizi di trasporto collettivo», previste dal menzionato articolo.
In conclusione, il «rimborso spese di accesso» alla sede di lavoro che si trovi in un Comune diverso da quello di residenza del medico ambulatoriale convenzionato, determinato con il criterio forfettario della indennità chilometrica previsto dall’art. 35 del d.P.R. n. 271 del 2000, deve ritenersi ontologicamente diverso dalle indennità percepite per le trasferte di cui all’art. 51 , comma 5, t.u.i.r., le quali consistono
in spostamenti temporanei del luogo di esecuzione della prestazione lavorativa in Comune diverso da quello ove essa è ordinariamente effettuata, spostamenti intervenuti su richiesta e nell’interesse del datore di lavoro, né rientra in alcuna delle ipotesi legali di deroga al principio di onnicomprensività del reddito da lavoro previsto d all’art. 51 comma 1.
La sentenza della CTR ha quindi errato nel ritenere non imponibili le somme oggetto della domanda di rimborso.
Per quanto osservato, in accoglimento del primo motivo del ricorso, assorbiti gli ulteriori, la sentenza deve essere cassata e la causa, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, può essere decisa nel merito ai sensi dell’art. 384, secondo comma, c.p.c., con il rigetto dell’originario ricorso del contribuente.
Si compensano le spese dei gradi di merito, stante la peculiarità delle questioni trattate ed il recente formarsi del citato orientamento.
Le spese relative al giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.
accoglie il primo motivo del ricorso, assorbiti gli altri; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta l’originario ricorso del contribuente;
compensa le spese dei gradi di merito; condanna NOME COGNOME al pagamento delle spese di lite del giudizio di legittimità in favore dell’Agenzia delle Entrate, spese che liquida in euro 2.200,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.
Così deciso in Roma, il 21 marzo 2025.