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Rimborso spese di viaggio: tassabile per i medici

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 31260/2024, ha stabilito che il cosiddetto ‘rimborso spese di viaggio’ corrisposto a un medico specialista per gli spostamenti dalla propria residenza alle diverse sedi ambulatoriali non è una trasferta esentasse. Tale importo, secondo i giudici, costituisce a tutti gli effetti reddito da lavoro dipendente e, pertanto, deve essere assoggettato a tassazione IRPEF in base al principio di onnicomprensività. La Corte ha così respinto la richiesta di rimborso del professionista, chiarendo la distinzione tra le spese per raggiungere la sede di lavoro e le indennità per missioni temporanee.

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Pubblicato il 10 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Rimborso spese di viaggio per i medici: la Cassazione conferma la tassabilità

Il rimborso spese di viaggio corrisposto a medici e altri professionisti per gli spostamenti casa-lavoro è da considerarsi reddito imponibile o una spesa esentasse? Questa è la domanda cruciale a cui la Corte di Cassazione ha dato una risposta netta con l’ordinanza n. 31260/2024, stabilendo la piena tassabilità di tali somme. La decisione chiarisce un punto fondamentale, distinguendo nettamente il rimborso per il tragitto verso la sede di lavoro dall’indennità di trasferta.

I Fatti del Caso: Il Medico e la Richiesta di Rimborso

Un medico specialista ambulatoriale aveva richiesto all’Agenzia delle Entrate il rimborso delle ritenute IRPEF applicate su somme percepite a titolo di “rimborso spese di viaggio”. Tali somme coprivano i costi per gli spostamenti dal proprio comune di residenza alle diverse sedi ambulatoriali esterne dove svolgeva la sua attività professionale. L’Agenzia delle Entrate aveva negato il rimborso, dando il via a un contenzioso tributario.

Mentre la Commissione Tributaria di primo grado aveva dato ragione all’ente impositore, la Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado aveva ribaltato la decisione, accogliendo l’appello del medico e qualificando le somme come indennità a carattere risarcitorio, e quindi non imponibili. L’Agenzia delle Entrate ha dunque presentato ricorso in Cassazione.

La questione giuridica: Rimborso spese di viaggio o trasferta?

Il nodo della controversia era la corretta qualificazione fiscale del rimborso spese di viaggio. Secondo il professionista e la corte d’appello, si trattava di somme a carattere risarcitorio, simili a un’indennità di trasferta e quindi esenti da tassazione ai sensi dell’art. 51, comma 5, del TUIR (Testo Unico delle Imposte sui Redditi).

L’Agenzia delle Entrate, al contrario, sosteneva che tali somme non potessero essere assimilate alle trasferte, in quanto non si trattava di missioni temporanee in un luogo diverso da quello abituale, ma di semplici spostamenti per raggiungere le sedi di lavoro contrattualmente previste. Di conseguenza, dovevano essere incluse nel reddito da lavoro dipendente secondo il principio generale di onnicomprensività (art. 51, comma 1, TUIR).

L’analisi della Corte sul Rimborso spese di viaggio

La Corte di Cassazione ha accolto pienamente la tesi dell’Agenzia delle Entrate, fornendo un’analisi dettagliata della normativa.

La differenza fondamentale con l’indennità di trasferta

I giudici hanno chiarito che l’indennità di trasferta, che gode di un trattamento fiscale agevolato, presuppone uno spostamento temporaneo del lavoratore dal suo luogo di lavoro abituale, su richiesta e nell’interesse del datore di lavoro. Nel caso esaminato, invece, il medico si recava in quelle che erano, a tutti gli effetti, le sue sedi di lavoro prestabilite. Lo spostamento avveniva dalla propria residenza, non dalla sede di lavoro principale verso un’altra destinazione per una missione specifica. La Corte definisce questo tipo di emolumento come “rimborso spese di accesso”, ontologicamente diverso dalle “indennità percepite per le trasferte”.

Il principio di onnicomprensività del reddito

Poiché tali somme non rientrano nella specifica deroga prevista per le trasferte, esse ricadono nella regola generale dell’art. 51, comma 1, del TUIR. Questo articolo sancisce il principio di onnicomprensività, secondo cui “tutte le somme e i valori in genere, a qualunque titolo percepiti nel periodo d’imposta, anche sotto forma di erogazioni liberali, in relazione al rapporto di lavoro” costituiscono reddito imponibile. Il rimborso per raggiungere la sede di lavoro, anche se forfettario e basato su indennità chilometrica, è una componente della retribuzione e come tale va tassato.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte ha motivato la sua decisione cassando la sentenza di secondo grado e rigettando l’originario ricorso del contribuente. Il ragionamento si fonda sulla distinzione netta tra la fattispecie della trasferta comandata (spostamento temporaneo dalla sede lavorativa) e quella dello spostamento del lavoratore dalla propria residenza per raggiungere la sede di lavoro, anche se questa è situata in un comune diverso. La Corte ha sottolineato che il cosiddetto “rimborso spese di accesso”, come quello percepito dal medico, non ha natura risarcitoria ma retributiva. Non essendo riconducibile alla disciplina delle trasferte, esso deve essere ricompreso tra le somme percepite in relazione al rapporto di lavoro e, di conseguenza, è soggetto a imposizione fiscale.

Le Conclusioni

Questa ordinanza consolida un orientamento giurisprudenziale chiaro con importanti implicazioni pratiche per medici, professionisti sanitari convenzionati e, in generale, per tutti i lavoratori che ricevono rimborsi per gli spostamenti casa-lavoro. Le somme percepite per coprire i costi di viaggio per raggiungere le diverse sedi di lavoro non possono essere considerate esentasse. Devono essere incluse nella base imponibile IRPEF, in quanto parte integrante del reddito da lavoro. Questa pronuncia serve da monito per una corretta pianificazione fiscale e per evitare contenziosi con l’Amministrazione Finanziaria.

Il rimborso spese corrisposto a un medico specialista per recarsi dalla propria residenza alle sedi ambulatoriali è tassabile?
Sì. Secondo la Corte di Cassazione, tale rimborso costituisce reddito da lavoro dipendente e deve essere assoggettato a tassazione IRPEF, in quanto non rientra nella categoria delle indennità di trasferta esentasse.

Qual è la differenza tra “rimborso spese di accesso” e “indennità di trasferta” secondo la Cassazione?
Il “rimborso spese di accesso” copre i costi per raggiungere la sede di lavoro dalla propria residenza ed è considerato reddito tassabile. L'”indennità di trasferta”, invece, riguarda spostamenti temporanei dal luogo di lavoro abituale per una missione specifica, su richiesta del datore di lavoro, e gode di un regime fiscale agevolato.

Perché il principio di onnicomprensività è fondamentale in questo caso?
Il principio di onnicomprensività (art. 51, comma 1, TUIR) stabilisce che tutto ciò che un lavoratore percepisce in relazione al suo rapporto di lavoro è tassabile, a meno che una norma specifica non preveda un’esenzione. Poiché il rimborso spese di viaggio non rientra nell’eccezione prevista per le trasferte, ricade nella regola generale e diventa parte del reddito imponibile.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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