LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Rimborso spese di viaggio: quando è tassabile?

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 31299/2024, ha stabilito che il rimborso spese di viaggio corrisposto a un medico specialista per gli spostamenti dal proprio comune di residenza alle diverse sedi ambulatoriali costituisce reddito imponibile. La Corte ha chiarito che tale emolumento non rientra nella categoria delle indennità di trasferta esenti da tassazione, ma rappresenta un rimborso per le spese di accesso al luogo di lavoro, pienamente soggetto al principio di onnicomprensività della retribuzione e quindi tassabile ai fini IRPEF.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 10 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Rimborso Spese di Viaggio: Tassabile se è per il Tragitto Casa-Lavoro

Il rimborso spese di viaggio rappresenta da sempre un terreno complesso nel diritto tributario, specialmente quando si tratta di distinguere tra spostamenti di lavoro e tragitti quotidiani. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 31299/2024) getta nuova luce sulla questione, stabilendo un principio chiaro per i professionisti, in particolare i medici, che operano in più sedi. La Corte ha affermato che le somme percepite per recarsi dalla propria residenza ai luoghi di lavoro, anche se diversi, sono da considerarsi parte del reddito imponibile e non beneficiano del regime di esenzione fiscale previsto per le trasferte.

Il Caso: Rimborso Spese di Viaggio per un Medico Specialista

La vicenda riguarda un medico specialista ambulatoriale che svolgeva la sua attività professionale presso diverse strutture sanitarie situate in comuni diversi da quello di sua residenza. Per questi spostamenti, egli riceveva un emolumento qualificato come “rimborso spese di viaggio”. Convinto della natura non imponibile di tali somme, il medico aveva richiesto all’Agenzia delle Entrate il rimborso delle ritenute IRPEF operate su questi importi per le annualità dal 2011 al 2014.

L’Agenzia delle Entrate aveva respinto la richiesta, dando il via a un contenzioso. Nei primi due gradi di giudizio, i giudici tributari avevano dato ragione al contribuente, qualificando tali somme come indennità non retributive e quindi non tassabili. L’Agenzia, tuttavia, ha impugnato la decisione davanti alla Corte di Cassazione, sostenendo che si trattasse di reddito da lavoro dipendente a tutti gli effetti.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha accolto il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, ribaltando l’esito dei precedenti gradi di giudizio. La sentenza è stata cassata e, decidendo nel merito, la Corte ha rigettato l’originaria richiesta di rimborso del medico. Il punto centrale della decisione è la netta distinzione tra “trasferta” e “spostamento per raggiungere la sede di lavoro”.

Analisi dell’Ordinanza: perché il rimborso spese di viaggio è tassabile

Secondo la Cassazione, le indennità di trasferta esenti da tassazione, disciplinate dall’art. 51, comma 5, del TUIR, si applicano solo quando un lavoratore viene temporaneamente comandato a svolgere la propria attività in un luogo diverso dalla sua sede di lavoro abituale. Questo non era il caso del medico, i cui spostamenti non erano missioni occasionali, ma il tragitto quotidiano e necessario per raggiungere le sue diverse, ma fisse, sedi di lavoro.

La Corte ha definito questi rimborsi come “spese di accesso”, ovvero costi sostenuti per recarsi sul luogo di lavoro. Tali somme, anche se determinate con un criterio forfettario come l’indennità chilometrica, sono ontologicamente diverse dalle indennità di trasferta. Pertanto, esse ricadono nel principio generale di onnicomprensività della retribuzione (art. 51, comma 1, del TUIR), secondo cui ogni somma percepita in relazione al rapporto di lavoro concorre a formare il reddito imponibile.

Le Motivazioni della Corte

La Corte ha fondato la sua decisione su un orientamento giurisprudenziale consolidato e su una precisa interpretazione delle norme. Ha evidenziato che l’istituto della trasferta presuppone uno spostamento temporaneo dal luogo di lavoro contrattualmente previsto, su richiesta e nell’interesse del datore di lavoro. Nel caso di specie, invece, il medico si spostava dalla propria residenza per recarsi presso le sedi lavorative concordate, una situazione assimilabile al normale tragitto casa-lavoro.

I giudici hanno richiamato precedenti pronunce (tra cui Cass. n. 12075/2024) che avevano già affermato la piena imponibilità fiscale del cosiddetto “rimborso spese di accesso”. Questo rimborso, sebbene previsto da accordi collettivi, non può essere assimilato alle indennità di trasferta perché la sua funzione non è quella di compensare il disagio di una missione fuori sede, ma semplicemente di coprire i costi dello spostamento per raggiungere il posto di lavoro. Di conseguenza, tale emolumento deve essere ricompreso tra “le somme a qualunque titolo percepite” e assoggettato a imposizione fiscale.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche per Professionisti e Aziende

Questa ordinanza consolida un principio fondamentale con importanti implicazioni pratiche. Professionisti e lavoratori con più sedi fisse di lavoro devono essere consapevoli che i rimborsi ricevuti per gli spostamenti dalla propria abitazione a tali sedi sono considerati reddito e, come tali, soggetti a tassazione. Le aziende, d’altro canto, devono operare correttamente le ritenute fiscali su tali somme per evitare contenziosi con il Fisco. La sentenza ribadisce che solo le indennità per trasferte vere e proprie, intese come spostamenti occasionali verso sedi non abituali, possono beneficiare del regime fiscale agevolato. Viene così tracciata una linea netta tra il costo per raggiungere il lavoro, che rientra nella sfera personale del lavoratore, e il costo di una missione lavorativa, che è a carico dell’azienda e gode di un trattamento fiscale di favore.

Il rimborso spese per gli spostamenti tra casa e le diverse sedi di lavoro di un medico è tassabile?
Sì. Secondo la Corte di Cassazione, tale rimborso è considerato un “rimborso spese di accesso” al luogo di lavoro e non un’indennità di trasferta. Pertanto, rientra nel principio di onnicomprensività del reddito da lavoro e deve essere assoggettato a imposizione fiscale.

Qual è la differenza fiscale tra “rimborso spese di accesso” e “indennità di trasferta”?
L'”indennità di trasferta”, prevista dall’art. 51, comma 5 del TUIR, è parzialmente o totalmente esente da tasse e riguarda gli spostamenti temporanei in un luogo diverso dalla sede di lavoro abituale. Il “rimborso spese di accesso”, invece, copre il costo per raggiungere la sede di lavoro ordinaria dalla propria residenza; è considerato parte della retribuzione e, di conseguenza, è interamente tassabile.

Quali condizioni devono sussistere per applicare il regime fiscale agevolato dei “trasfertisti”?
Secondo la normativa (art. 7-quinquies del d.l. 193/2016), per essere considerati “trasfertisti” e beneficiare di un regime fiscale agevolato, devono sussistere tre condizioni contemporaneamente: a) la mancata indicazione di una sede di lavoro fissa nel contratto; b) lo svolgimento di un’attività che richiede continua mobilità; c) la corresponsione di un’indennità fissa non legata alle singole trasferte. In assenza di queste condizioni, si applica il regime delle normali trasferte o, come nel caso di specie, la piena tassabilità.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati