Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 2184 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 5 Num. 2184 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 22/01/2024
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 12114/2020 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, domiciliato ex lege in INDIRIZZO, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (P_IVAP_IVA che la rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
NOME, domiciliato ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE)
-controricorrente-
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. UMBRIA n. 363/2019 depositata il 12/12/2019.
Udita la relazione svolta alla pubblica udienza del 10/01/2024 dal AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO.
Udito il P.M., in persona del AVV_NOTAIO, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;
udita la Difesa erariale nella persona dell’AVV_NOTAIO, che ha insistito per l’accoglimento RAGIONE_SOCIALE formulate conclusioni.
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME, medico specialista ambulatoriale convenzionato con il RAGIONE_SOCIALE presso l’RAGIONE_SOCIALE della Regione Umbria, con istanza in data 20/12/2016 chiedeva il rimborso RAGIONE_SOCIALE ritenute ai fini IRPEF operate dal sostituto d’imposta e trattenute sulle somme percepite per gli anni dal 2012 al 2015 a titolo di rimborso spese di viaggio, relative ad attività professionale svolta presso ambulatori esterni al proprio comune di residenza, deducendo che tali rimborsi costituivano emolumenti che non avevano natura retributiva ma risarcitoria e non integravano, pertanto, reddito imponibile.
Intervenuto il diniego dell’RAGIONE_SOCIALE, il contribuente proponeva ricorso dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di Perugia che lo accoglieva.
La Commissione tributaria regionale dell’Umbria, con la sentenza indicata in epigrafe, rigettava l’appello dell’RAGIONE_SOCIALE confermando la decisione di primo grado.
Avverso la sentenza della CTR l’RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad un motivo.
Il contribuente ha resistito con controricorso.
Con ordinanza interlocutoria depositata in data 20/04/2023 la causa è stata rimessa a nuovo ruolo per la trattazione in pubblica udienza.
In data 4/12/2023 il Pubblico ministero ha depositato memoria ai sensi dell’art. 378, comma 1, cod. proc. civ., chiedendo l’accoglimento del ricorso .
In data 28/12/2023 l’Amministrazione ricorrente ha depositato memoria ex art. 378 cod. proc. civ.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Va preliminarmente evidenziato che la causa è stata rimessa alla pubblica udienza con riguardo a questione di diritto di
particolare rilevanza, in coerenza con il novellato art. 375 cod. proc. civ.
Con unico mezzo l’RAGIONE_SOCIALE denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione dell’art. 51 T.u.i.r. e dell’art. 35 d.P.R. n. 271 del 2000, attuativo dell’art. 48 dell’accordo collettivo nazionale per la disciplina dei rapporti con i medici specialisti ambulatoriali interni, stipulato in data 9 marzo 2000.
2.1. Sostiene l’Amministrazione ricorrente che, sulla base di una corretta applicazione RAGIONE_SOCIALE norme suddette, la CTR avrebbe dovuto affermare che le somme corrisposte ai medici specialisti ambulatoriali a titolo di rimborso spese di viaggio hanno natura retributiva e non risarcitoria e, per l’effetto, che sono assoggettabili a ritenuta IRPEF, con conseguente insussistenza del diritto della contribuente ad ottenere il rimborso RAGIONE_SOCIALE ritenute.
Il motivo è fondato.
3.1. Questa Corte ha, con pronunce anche recenti, ravvisato la natura non reddituale degli emolumenti in questione, ritenuti non costituenti reddito imponibile, purché percepiti a titolo di rimborso spese, nella specie affermando, in casi analoghi, che «In tema di imposte sui redditi, il rimborso RAGIONE_SOCIALE spese di trasferta ex art. 51, comma 5, d.P.R. n. 917 del 1986, può essere analitico, se ancorato agli esborsi, per vitto, alloggio e viaggio, effettivamente sostenuti e adeguatamente documentati dal dipendente, ovvero forfettario, se operato attraverso il riconoscimento di una provvista di denaro per sostenere le spese di vitto e alloggio, con la conseguenza che, mentre nel primo caso il rimborso non determina alcuna tassazione in capo al dipendente, nel secondo l’importo che oltrepassi il limite massimo previsto dall’art. 51 cit. concorre alla formazione del reddito di lavoro» (Cass. 6 maggio 2020, n. 8489; Cass. n. 6816/2023; da ultimo v. Cass. n. 15731/2023).
3.2. Con altre decisioni questa Suprema Corte si è pronunciata in merito alla effettiva natura di tali indennità, precisando che «In tema di imposte sui redditi, le somme corrisposte per spese di viaggio effettivamente sostenute per lo svolgimento dell’incarico di medico specialista presso gli ambulatori esterni al comune di residenza sono percepite a titolo di rimborso spese, sicché hanno funzione restitutoria e di ripristino del patrimonio del prestatore d’opera e non sono assimilabili alla retribuzione, né assoggettabili ad imposta ai sensi dell’art. 48 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, e dell’art. 48 del d.P.R. 29 settembre 1986, n. 917, poiché la loro quantificazione è determinata non con criterio forfettario, ossia sganciata dall’effettivo esborso sostenuto dal prestatore d’opera, ma con specifica parametrazione al chilometraggio percorso ed al costo del carburante rilevato. (Cass. Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 6793 del 02/04/2015; Cass. 27/10/2021, n. 30624).»
3.3. I precedenti richiamati risultano peraltro tutti calibrati sulla previsione di cui al comma 5 dell’art. 51 cit., che riguarda i c.d. ‘trasfertisti occasionali’ e prevede la non imponibilità, in tutto o in parte, RAGIONE_SOCIALE ‘indennità percepite per le trasferte o le missioni fuori del territorio comunale’.
3.4. In materia contributiva, ove opera un diretto richiamo all’art. 51 del DPR n. 917 del 1986, le Sezioni unite di questa Corte, con sentenza n. 27093/2017, si sono espresse in senso favorevole ai c.d. ‘trasfertisti abituali’, che il sesto comma dell’art. 51 cit. definisce ‘tenuti per contratto all’espletamento RAGIONE_SOCIALE attività lavorative in luoghi sempre variabili e diversi’, affermando: i) che la nozione di trasferta è caratterizzata: 1) dal trasferimento del lavoratore in un luogo diverso da quello abituale per svolgere l’attività lavorativa; 2) dalla “temporaneità” del mutamento del luogo di lavoro; 3) dalla necessità che la prestazione lavorativa sia effettuata in esecuzione di un ordine di servizio del datore di lavoro
e dalla irrilevanza del consenso del lavoratore e ii) che sono considerati “trasferisti abituali” i lavoratori subordinati destinati a svolgere sistematicamente e professionalmente la propria attività quasi interamente al di fuori dalla sede aziendale’.
Va rilevato che, in concreto, i commi da 5 a 8 dell’art. 51 del Tuir stabiliscono, in deroga al principio di onnicomprensività della retribuzione dettato dal precedente primo comma, una parziale non concorrenza alla formazione del reddito per alcune indennità erogate a dipendenti che svolgono, occasionalmente o abitualmente, attività lavorativa in luoghi diversi rispetto a quello individuato nel contratto di lavoro.
Contrariamente, nel caso di specie, come in quelli decisi da questa Corte con le pronunce richiamate, si verte in tema di indennità corrisposte al medico per svolgere attività di ambulatorio al di fuori del proprio comune di residenza, fattispecie differente da quella della trasferta comandata al di fuori del comune della sede di lavoro, come evidenziato dall’Amministrazione ricorrente, che richiama a tale proposito la Risoluzione n. 106/E/2015 del 21/12/2015 dell’RAGIONE_SOCIALE.
Riscontra quanto ora osservato il rilievo che l’istituto della trasferta al di fuori del comune della sede di lavoro contrattualmente prevista trova diversa ed autonoma disciplina nell’art. 32 dell’Accordo collettivo nazionale di lavoro per la disciplina dei rapporti con i medici specialisti ambulatoriali interni ed altre professionalità sanitarie (biologi, chimici, psicologi) ai sensi dell’art. 48 della legge n. 833/78 e dell’art. 8 del d. lgs. n. 502 del 1992 e successive modificazioni ed integrazioni, del 29.07.09, presente anche nel successivo Accordo del 17.12.15.
Detto articolo, rubricato ‘Attività esterna e pronta disponibilità’, al comma 1, prevede che ‘L’azienda, per propri fini istituzionali o esigenze erogative, può fare svolgere allo specialista ambulatoriale o al professionista, incaricato ai sensi del presente
Accordo, attività professionale anche al di fuori della sede di lavoro indicata nella lettera di incarico (attività esterna). In caso di incarico conferito per lo svolgimento esclusivo di attività esterna, come sede di lavoro si intende quella dove avviene la rilevazione della presenza all’inizio dell’orario di servizio’ e, al comma 6, che ‘Per lo svolgimento di attività esterna al professionista è attribuito un emolumento forfetario aggiuntivo calcolato sul compenso orario (…)’
Né l’emolumento in esame può essere ricondotto alla previsione derogatoria contemplata dal comma 2, lett. d) dell’art. 51 Tuir che, con specifico riferimento alle somme corrisposte e ai servizi prestati in relazione agli spostamenti per raggiungere dal luogo di residenza la sede di lavoro, prevede che: «Non concorrono a formare il reddito “le prestazioni di servizi di trasporto collettivo alla generalità o a categorie di dipendenti; anche se affidate a terzi ivi compresi gli esercenti servizi pubblici”. Tale fattispecie, infatti, non riguarda i rimborsi in oggetto, atteso che gli spostamenti in esame sono ‘individuali’ e non possono, evidentemente, essere ricondotti alle “prestazioni di servizi di trasporto collettivo”, previste dal menzionato articolo.
In conclusione, il ‘rimborso spese di accesso’ alla sede di lavoro che si trovi in un Comune diverso da quello di residenza del medico ambulatoriale convenzionato, determinato con il criterio forfettario della indennità chilometrica previsto dall’art. 35 del d.P.R. n. 271 del 2000, deve ritenersi ontologicamente diverso dalle ‘indennità percepite per le trasferte’ di cui all’art. 51 comma 5 Tuir, le quali consistono in spostamenti temporanei del luogo di esecuzione della prestazione lavorativa in comune diverso da quello ove essa è ordinariamente effettuata, spostamenti intervenuti su richiesta e nell’interesse del datore di lavoro, né rientra in alcuna RAGIONE_SOCIALE ipotesi legali di deroga al principio di onnicomprensività del reddito da lavoro previsto dall’art. 51 comma 1 Tuir.
Per quanto osservato, in accoglimento del ricorso, la sentenza deve essere cassata e la causa, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, può essere decisa nel merito ai sensi dell’art. 384, comma 2, cod. proc. civ., con il rigetto dell’originario ricorso del contribuente.
Si compensano le spese dei gradi di merito, stante la peculiarità RAGIONE_SOCIALE questioni trattate.
Le spese relative al presente giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.
Ai sensi dell’art. 384, primo comma, cod. proc. civ. si ritiene di dover enunciare il seguente principio di diritto: «il ‘rimborso spese di accesso’ previsto dall’art. 35 del d.P.R. n. 271 del 2000, il quale prevede la corresponsione di un ‘rimborso spese di accesso’ alla sede di lavoro che si trovi in un Comune diverso da quello di residenza del medico ambulatoriale convenzionato, rimborso determinato con il criterio forfettario della indennità chilometrica, è ontologicamente diverso dalle ‘indennità percepite per le trasferte’ di cui all’art. 51 comma 5 Tuir, le quali consistono in spostamenti temporanei del luogo di esecuzione della prestazione lavorativa in comune diverso da quello ove essa è ordinariamente effettuata, spostamenti intervenuti su richiesta e nell’interesse del datore di lavoro; di conseguenza, il principio di onnicomprensività previsto dall’art. 51 comma 1 Tuir comporta che tale voce, non essendo riconducibile alla previsione di cui all’art. 51 comma 5 cit., debba essere ricompresa tra ‘le somme a qualunque titolo percepite’ in relazione al rapporto di lavoro dipendente, pertanto soggette ad imposizione fiscale.»
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo la causa nel merito, respinge il ricorso originario del contribuente.
Compensa le spese dei gradi di merito.
Condanna il controricorrente a rifondere all’RAGIONE_SOCIALE le spese processuali che si liquidano in euro 1.600,00, oltre alle spese prenotate a debito.
Così deciso in Roma, il 10/01/2024.