Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 935 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 935 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 10/01/2024
DINIEGO RIMBORSO IRPEF 1990/1991/1992
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 14618/2022 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE in persona del Direttore protempore, domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso l’Avvocatura generale dello Stato dalla quale è rappresentata e difesa ex lege ,
-ricorrente –
contro
COGNOME elettivamente domiciliato presso lo studio dell’avv. NOME COGNOME dal quale è rappresentato e difeso in virtù di procura speciale in calce al controricorso,
-controricorrente – avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Sicilia -sezione staccata di Siracusa n. 11603/04/2021, depositata il 30 dicembre 2021;
udita la relazione della causa svolta nell ‘adunanza in camera di consiglio del l’11 ottobre 2023 dal consigliere dott. NOME COGNOME
– Rilevato che:
1. In data 24 febbraio 2009 COGNOME Pietro presentava all’Agenzia delle Entrate -Direzione Provinciale di Siracusa istanza di rimborso di € 58.317,81, pari al 90% delle imposte indebitamente versate a titolo di IRPEF, ILOR ed IVA in relazione allo svolgimento di attività di libero professionista negli anni d’imposta 1990,1991 e 1992 .
In particolare, l’istanza di rimborso veniva effettuata ex art. 9, comma 17, della l. 27 dicembre 2002, n. 289, dato che il contribuente aveva risieduto, alla data del 13 dicembre 1990, in uno dei Comuni colpiti dal c.d. sisma Sicilia e aveva versato regolarmente le imposte negli anni dal 1990 al 1992.
Il contribuente impugnava il silenzio-rifiuto dell’Amministrazione dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di Siracusa la quale, con sentenza n. 1560/01/2017, depositata il 10 aprile 2017, accoglieva il ricorso, condannando l’Ufficio al rimborso di complessivi € 32.898,83.
Interposto gravame da ll’Ufficio , la Commissione tributaria regionale della Sicilia -sezione staccata di Siracusa, con sentenza n. 11603/04/2021, pronunciata il 16 dicembre 2021, e depositata in segreteria il 30 dicembre 2021, lo rigettava, compensando le spese di giudizio.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’ Agenzia delle Entrate, sulla base di un motivo.
Gallo NOME resiste con controricorso.
La discussione del ricorso è stata fissata dinanzi a questa sezione per l ‘adunanza in camera di consiglio de ll’11 ottobre 2023, ai sensi degli artt. 375, secondo comma, e 380bis .1 cod. proc. civ.
Il controricorrente ha depositato memoria.
– Considerato che:
Con l’unico motivo di ricorso l’ Agenzia delle Entrate eccepisce violazione e falsa applicazione dell’art. 9, comma 17, della legge n. 289/2002 , dell’art. 1, comma 665, della legge 23 dicembre 2014, n. 190 e successive modifiche e integrazioni, dell’art. 112 cod. proc. civ., dell’art. 107 e dell’art. 108 del TFUE, dei principi stabiliti dalla Commissione Europea con Decisione (UE) 2016/195, notificata con il n. C-(2015)-5549 final , in relazione all’art. 360, primo comma, num. 3), cod. proc. civ.
Deduce, in particolare, che la C.T.R. avrebbe errato nel non ritenere, difformemente dalla consolidata giurisprudenza di legittimità, l’attività professionale svolta dal contribuente quale attività di impresa, da ciò conseguendo l’incompatibilità del diritto al rimborso con la normativa europea in materia di aiuti di Stato.
Procedendo quindi all’esame del motivo di ricorso, osserva la Corte quanto segue.
Il motivo fondato.
Ai sensi dell’art. 1, comma 665, della l. 190/2014 , « I soggetti colpiti dal sisma del 13 e 16 dicembre 1990, che ha interessato le province di Catania, Ragusa e Siracusa, individuati ai sensi dell’articolo 3 dell’ordinanza del Ministro per il coordinamento della protezione civile 21 dicembre 1990, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 299 del 24 dicembre 1990, che hanno versato imposte per il triennio 1990-1992 per un importo superiore al 10 per cento previsto dall’articolo 9, comma 17, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, e successive modificazioni, hanno diritto, con esclusione di quelli che
svolgono attività d’impresa, per i quali l’applicazione dell’agevolazione è sospesa nelle more della verifica della compatibilità del beneficio con l’ordinamento dell’Unione europea, al rimborso di quanto indebitamente versato, a condizione che abbiano pre sentato l’istanza di rimborso ai sensi dell’articolo 21, comma 2, del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, e successive modificazioni. Il termine di due anni per la presentazione della suddetta istanza è calcolato a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge 28 febbraio 2008, n. 31, di conversione del decreto-legge 31 dicembre 2007, n. 248 ».
Successivamente è giunta la decisione final della Commissione Europea n. C-2015/5549 del 14 agosto 2015 (che è vincolante per il giudice nazionale, che deve darvi attuazione anche attraverso la disapplicazione delle norme interne con essa contrastante: cfr. Cass. 26 settembre 2017, n. 22377; Cass. 4 luglio 2014, n. 15354), con la quale è stato statuito che le misure legislative che istituiscono i benefici in favore dei soggetti colpiti dal sisma (e da altre calamità naturali quali l’alluvione del 1994 e la cenere vulcanica del 2002) erano state adottate in violazione dell’art. 108, paragrafo 3, del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea (T .F.U.E.) e, di conseguenza, ha concluso che esse «costituiscono aiuti di Stato incompatibili con il mercato interno» (punto 133 della decisione).
Orbene, alla luce della normativa nazionale e comunitaria è evidente che il rimborso del 90% delle somme versate a titolo di imposte dirette non poteva essere erogato in favore di soggetti titolari di redditi d’impresa .
Nel caso di specie, essendo il contribuente istante un libero professionista, il riconoscimento del relativo diritto al rimborso è soggetto al rispetto della citata decisione final della Commissione Europea.
Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, infatti, «la nozione euro-unitaria d’impresa include qualsiasi entità che eserciti un’attività economica a prescindere dallo status giuridico di detta entità e dalle sue modalità di finanziamento, laddove costituisce attività economica qualsiasi attività che consista nell’offrire beni o servizi su un determinato mercato (Corte giustizia: 23/04/1991, COGNOME & COGNOME; 16/11/1995, Federation francaise des societes d’assurances; 11/12/1997, Job Centre; 16/06/1987, Commissione vs. Italia; 01/07/2008, Motoe; 26/03/2009, RAGIONE_SOCIALE). Il che si raccorda sia con la normativa fiscale europea, laddove si stabilisce che è soggetto passivo d’imposta sul valore aggiunto “chiunque esercita, in modo indipendente e in qualsiasi luogo, un’attività economica, indipendentemente dallo scopo o dai risultati di detta attività” (art. 9, p.1, Direttiva UE, n. 2006/112/CE; conf. art. 4, Direttiva UE, n. 77/388/CE), sia con la normativa europea sugli appalti pubblici, laddove si stabilisce che “i termini imprenditore, fornitore e prestatore di servizi designano una persona fisica o giuridica o un ente pubblico o un raggruppamento di tali persone e/o enti che offra sul mercato, rispettivamente la realizzazione di lavori e/o opere, prodotti e servizi” (art. 1, p.8, Direttiva UE, n. 2004/18/CE). Il tutto è implicitamente recepito dalla ridetta decisione della Commissione UE, laddove si afferma che i “soggetti che non svolgono attività economica (…) non vanno considerati come
imprese” (p. 134 dec. cit.). Il che significa che non importa neppure che l’attività economica possa essere una libera professione regolamentata e che le prestazioni possano essere intellettuali, tecniche o specialistiche (v. Commissione UE, 30/01/1995, n. 95/188/CE; conf. Corte giustizia, 23/04/1991, Hoefner e 18/06/1998, Commissione vs. Italia)» (cfr. Cass. 2 maggio 2018, n. 10450).
Ciò posto, una volta accertata la titolarità di un reddito di impresa in capo al contribuente-istante, il riconoscimento del diritto al rimborso è subordinato al rispetto dei principi e delle regole sul c.d. de minimis .
Questa Corte ha avuto modo di precisare che « l’art. 9, comma 17, della I. n. 289 del 2002 (recante benefici fiscali in favore delle vittime del sisma del 13 e 16 dicembre 1990 in Sicilia) non è applicabile ai contribuenti che svolgono attività d’impresa, costituendo un aiuto di stato illegittimo, ai sensi dell’art. 108, par. 3, del TFUE, come stabilito dalla decisione della Commissione (UE) 2015/5549 del 14 agosto 2015, la quale ha pure precisato che, per quanto riguarda gli aiuti individuali già concessi prima della data di avvio della decisione e dell’ingiunzione di sospensione, il regime va considerato compatibile con il mercato interno se, in virtù della deroga prevista dall’art. 107, par. 2, lett. b) del T.F.U.E., può essere stabilito un nesso chiaro e diretto tra i danni subiti dall’impresa in seguito alla calamità naturale e l’aiuto di Stato concesso, dovendosi evitare i casi di sovracompensazione rispetto ai danni subiti, dovuta al cumulo di aiuti, oppure se i benefici risultino in linea con il rego lamento ‘de minimis’ applicabile » (cfr. Cass. 25 gennaio 2019, n. 2208; Cass. 26 marzo 2019, n. 8408).
Tutto ciò presuppone necessariamente (ma non unicamente) che il beneficiario abbia sede operativa nell’area colpita dalla calamità naturale al momento dell’evento, e che sia evitata una sovra-compensazione rispetto ai danni subiti dalla impresa, scorporando dal danno accertato l’importo compensato da altre fonti (assicurative o altre misure di aiuto: p. 148 della decisione della Commissione). Inoltre, per il rispetto del principio de minimis , non basta che l’importo chiesto in recupero ed oggetto del singolo procedimento sia inferiore alla soglia fissata dal diritto dell’UE, dovendo invece la relativa prova riguardare l’ammontare massimo totale dell’aiuto rientrante nella categoria de minimis su un periodo di tre anni a decorrere dal momento del primo (Cass. 9 giugno 2017, n. 14465).
A tal proposito, è stato precisato che il giudice del merito dovrà, di conseguenza, verificare in concreto che il beneficio individuale sia in linea con il regolamento de minimis applicabile. A tal fine, egli dovrà: i ) non arrestarsi all’importo del rimborso che si domanda, essendo indispensabile richiedere al contribuente l’ulteriore e necessaria autocertificazione (dichiarazione di responsabilità) di non avere usufruito di altri aiuti ed agevolazioni nell’anno cui si riferisce la richiesta di rimborso e nei due precedenti; ii ) tenere presente che la regola de minimis , stabilendo una soglia di aiuto al di sotto della quale l’art. 92 T.F.U.E. può considerarsi inapplicabile, costituisce un’eccezione alla generale disciplina relativa agli aiuti di Stato, per modo che, quando la soglia dell’irrilevanza dovesse essere superata, il beneficio dovrà essere negato nella sua interezza; iii ) tenere conto, infine, del fatto che, per il rispetto del principio de minimis , non basta che l’importo chiesto in rimborso ed
oggetto del singolo procedimento sia inferiore alla soglia fissata del diritto dell’UE, dovendo invece la relativa prova riguardare l’ammontare massimo totale dell’aiuto rientrante nella categoria de minimis su un periodo di tre anni a decorrere dal momento del primo (Cass. 26 luglio 2022, n. 23379; Cass. 21 novembre 2019, n. 30373).
Al riguardo, occorre precisare che la prova delle suddette circostanze è a carico del soggetto che invoca il beneficio, ma, in sintonia con quanto affermato da Cass. n. 22377/2017, cit., l’applicazione dello ius superveniens (alla cui stregua va ricondotta la decisione della Commissione UE) consente, in sede di rinvio, l’esibizione di quei documenti prima non ottenibili ovvero l’accertamento di quei fatti che in base alla precedente disciplina non erano indispensabili, ma che costituiscono il presupposto pe r l’applicazione della nuova regola giuridica (cfr. in tal senso già Cass. 26 maggio 1998, n. 5224).
Ciò chiarito, nel caso di specie il giudice a quo erra nel non annoverare il contribuente libero professionista tra i soggetti titolari di reddito di impresa.
Consegue l’accoglimento del ricorso e la cassazione della sentenza impugnata, con rinvio per nuovo giudizio al giudice del merito affinché, in diversa composizione, compia i sopra precisati accertamenti in fatto riguardanti il superamento o meno della soglia del c.d. de minimis, procedendo altresì alla regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità .
P. Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio alla Corte di Giustizia tributaria di secondo grado della Sicilia – sezione staccata di Siracusa, in diversa
composizione, la quale provvederà anche alla regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità. Così deciso in Roma, l’11 ottobre 2023.