Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 17197 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 17197 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 26/06/2025
Istanza di rimborso -sisma Sicilia -silenziorifiuto -reg. de minimis
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 27505/2020 R.G. proposto da:
AGENZIA RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa dal l’Avvocatura generale dello Stato,
-ricorrente –
contro
NOME COGNOME rappresentato e difeso dall’Avv. NOME COGNOME
-controricorrente – avverso la sentenza della COMM. TRIB. REG. SICILIA, SEZIONE STACCATA DI SIRCAUSA n. 502 del 2020, depositata il 27 gennaio 2020 e corretta con ORDINANZA N. 2830 del 2020 depositata il 14 dicembre 2020.
udita la relazione della causa svolt a nella camera di consiglio dell’8 maggio 2025 dal consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME, lavoratore autonomo residente in uno dei Comuni della Sicilia colpiti dagli eventi calamitosi del 1990, in data 26 febbraio 2009, chiedeva il rimborso dell’Irpef e dell’Ilor corrisposte per gli anni 1990, 1991 e 1992, usufruendo dell’agevolazione di cui all’art. 9, comma 17, legge 27 dicembre 2002, n. 289.
Formatosi il silenziorifiuto sull’istanza, il contribuente ricorreva innanzi alla CTP di Siracusa che dichiarava inammissibile il ricorso rilevando di ufficio che l ‘istanza di rimborso mancava della indicazione degli importi richiesti, sicché non era idonea nemmeno a determinare la formazione del silenzio-rifiuto.
La CTR, invece, ritenuta ammissibile l’istanza, accoglieva l’appello del contribuente riconoscendo il diritto al rimborso.
Avverso detta sentenza propone ricorso per cassazione l’Agenzia delle entrate ed il contribuente resiste a mezzo controricorso.
Il contribuente ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo l’Agenzia delle entrate denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ. , violazione e falsa applicazione degli artt. 19, comma 1, lett g), e 27 d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546.
Censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto che l’ istanza di rimborso contenesse tutti gli elementi essenziali per consentire all’ente di comprenderne l’oggetto rilevando che l’Ufficio già possedeva tutti i dati fiscali e conosceva gli importi versati. Ribadisce che l’istanza era generica in quanto non riportava né gli importi di cui si chiedeva il rimborso né la documentazione idonea a provare che le
ritenute praticate dal sostituto d’imposta e le imposte sui redditi di partecipazione fossero state versate.
Con il secondo motivo denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ. violazione e falsa applicazione dell’art. 1 , comma 665, legge 23 dicembre 2014, n. 190 come modificato dall’art. 16octies d.l. 20 giugno 2017, n. 91 convertito dalla legge 3 agosto 2017, n. 123.
Censura la sentenza impugnata per non aver applicato la normativa sopravenuta nella parte in cui prevede che, in relazione alle istanze di rimborso, qualora l’ammontare delle stesse ecceda le complessive risorse stanziate, il rimborso dev’essere effettuato applicando la riduzione percentuale del 50 per cento sulle somme dovute.
Con il terz o motivo denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1, comma 665, legge 23 dicembre 2014, n. 190 dell’art. 112 cod. proc. civ., della VI Dir. n 77/388/CEE come interpretata delle Decisioni della Commissione Europea, n. C-132/06 del 17 luglio 2008, n. C-82/14 del 15 luglio 2015 n. C(2015) 5549 final del 14/08/2015 e dell’art. 2697 cod. civ.
Censura la sentenza impugnata per non aver considerato che il contribuente era titolare di attività di impresa sicché, in ragione dello ius supereveniens di cui all’art. 1, comma 665, legge n. 190 del 2014 (legge di stabilità per il 2015) e della decisione della Commissione Europea sopra citata, la CTR avrebbe dovuto valutare la compatibilità dell’agevolazione con il divieto di aiuto di Stato ed il conseguente rispetto del Regolamento c.d. de minimis.
Il primo motivo è infondato per i principi già espressi da questa Corte ed ai quali deve darsi continuità (cfr. Cass. 30/01/2025, n. 2196)
4.1. L’art. 10 comma 1, legge n. 212 del 2000 impone che i rapporti tra contribuente ed Amministrazione siano improntati al principio della
collaborazione e della buona fede. L’art. 6, comma 4, legge cit. aggiunge che al contribuente non possono essere richiesti documenti già in possesso dell’Amministrazione, così ribadendo il più generale principio di cui all’art. 18, comma 2, legge n. 241 de l 1990 il quale prevede che i documenti attestanti atti, fatti, qualità e stati soggettivi, necessari per l’istruttoria del procedimento, sono acquisiti d’ufficio quando sono in possesso dell’Amministrazione procedente, ovvero sono detenuti, istituzionalmente, da altre Pubbliche Amministrazioni ed aggiunge che l’Amministrazione procedente può richiedere agli interessati i soli elementi necessari per la ricerca dei documenti.
4.2. Questa Corte ha ripetutamente affermato che, in virtù del principio di collaborazione e buona fede che deve improntare i rapporti tra ente impositore e contribuente, a quest’ultimo non possono essere richiesti, anche ove l’onere probatorio sia a carico dello stesso, documenti ed informazioni già in possesso dell’Ufficio (Cass. 03/0/2023, n. 23666 Cass. 22/04/2021, n. 10724, Cass. 31/05/2018, n. 13822). Tuttavia, si è condivisibilmente precisato che, sebbene la norma costituisca applicazione di un principio generale valevole anche in materia processuale, la stessa ha come presupposto che la documentazione sia sicuramente in possesso dell’Amministrazione finanziaria, o che, comunque, il contribuente dichiari e provi che il documento sia stato trasmesso al l’Amministrazione medesima (ad esempio, dichiarazione dei redditi, istanza di rimborso, ecc.) (Cass. 27/10/2010, n. 95 del 2015). Anche detta precisazione, infatti è immediata conseguenza dell’obbligo di collaborazione e buona fede che deve caratterizzare la condotta di entrambe le parti.
4.3. Su un piano differente, logicamente preliminare rispetto a quello probatorio, si collocano gli oneri di allegazione che fanno capo ad entrambe le parti.
Questa Corte ha già chiarito che l’obbligo dell’Amministrazione di prendere posizione sui fatti dedotti dal contribuente è ancora più forte di quello che grava sul convenuto nel rito ordinario, proprio in ragione delle disposizioni di cui all’art 18 legge n. 241 del 1990, e 6 legge n. 212 del 2000 secondo le quali il responsabile del procedimento deve acquisire d’ufficio quei documenti che, già in possesso dell’Amministrazione, contengano la prova di fatti, stati o qualità rilevanti per la definizione della pratica. In applicazione del principio, con specifico riferimento alle istanze di rimborso, la Corte ha perciò affermato che, qualora il contribuente, che agisca per il rimborso di tasse o diritti non dovuti, eccepisca che i documenti comprovanti il pagamento, o la richiesta di rimborso, siano in possesso dell’Amministrazione, questa è tenuta a pronunciarsi in modo specifico e motivato sul punto, perché, in difetto, il giudice potrà desumere elementi di prova da tale comportamento (Cass. 17/07/2023 n. 20648, Cass. 03/08/2023, n. 23666, Cass, 31/05/2018, n. 13822, Cass. 05/11/2004, n. 21209).
4.4. Venendo alla disciplina specifica dettata per le domande di rimborso delle imposte corrisposte per gli anni 1990, 1991 e 1992 dai soggetti colpiti dagli eventi sismici registrati nella Regione Sicilia, è noto che l’art. 1, comma 665, legge n. 190 del 2 014, con norma ritenuta di interpretazione autentica, ha previsto, per quanti abbiano versato imposte per il triennio 1990-1992 per un importo superiore al 10 per cento in ragione del beneficio già concesso con l’art. 9, comma 17, legge n. 289 del 2002, i l diritto al rimborso dell’eccedenza (cfr. Cass. 26/02/2020, n. 5167).
Successivamente il legislatore, intervenendo sull’art. 1, comma 665, cit. ha dettato una specifica disciplina per regolamentare il dritto al rimborso che rafforza, nello specifico settore, gli obblighi di
collaborazione e buona fede che genericamente devono orientare i rapporti dell’Amministrazione tributaria con i contribuenti.
In particolare, l’art 16-octies d.l. n. 91 del 2017, inserito dalla legge di conversione n. 123 del 2017, ha apportato all’articolo 1, comma 665, cit. le seguenti integrazioni: «Il contribuente che abbia tempestivamente presentato un’istanza di rimborso generica ovvero priva di documentazione e, per gli anni d’imposta 1990, 1991 e 1992, non abbia presentato le dichiarazioni dei redditi, entro il 30 ottobre 2017 può integrare l’istanza già presentata con i dati necessari per il calcolo del rimborso. Successivamente al 30 ottobre 2017, gli uffici dell’Agenzia delle entrate richiedono i dati necessari per il calcolo del rimborso, che devono essere forniti entro sessanta giorni dalla richiesta, ai contribuenti che abbiano tempestivamente presentato un’istanza di rimborso generica ovvero priva di documentazione e, per gli anni d’imposta 1990, 1991 e 1992, non abbiano presentato le dichiarazioni dei redditi e non abbiano provveduto all’integrazione».
4.5. Nella fattispecie in esame il ricorso in primo grado del contribuente è antecedente alla integrazione normativa. Questa Corte, tuttavia, ha già condivisibilmente ritenuto che da tale disposizione -intervenuta su vari aspetti per chiarire i dubbi interpretativi sorti dalla norma nella sua formulazione originale -si deduce che la mancanza di documentazione in allegato alla domanda di rimborso e, quindi, in sostanza, la carenza di prova per determinare l’an ed il quantum del rimborso stesso, non sono considerati dal legislatore direttamente motivo di rigetto o di inammissibilità dell’istanza, dando vita piuttosto ad un confronto con l’Ufficio ed alla possibilità di integrazione dei documenti rilevanti (Cass. 22/05/2019, n. 13771).
4.6. In applicazione di tali principi va, pertanto, disattesa la censura con la quale l’Agenzia delle Entrate assume che la CTR avrebbe errato nel riconoscere il rimborso nonostante l’istanza generica.
4 .7. L’analisi fin qui compiuta attiene alla fase endo -procedimentale dell’istanza di rimborso. Detti principi, tuttavia, operano anche nella successiva fase processuale, sia quanto agli onere di allegazione che quanto agli oneri di prova. Infatti, non può ragionevolmente ritenersi che l’Amministrazione che sia rimasta inerte nella fase procedimentale nella quale, invece, era tenuta ad un comportamento collaborativo, possa giovarsi di tale condotta nella fase processuale.
Il ricorrente che impugni il silenziorifiuto formatosi sull’istanza di rimborso di quanto pagato in eccedenza rispetto alle agevolazioni concesse alle vittime degli eventi sismici del 1990, è senza dubbio onerato di allegare l’an ed il quantum della pretesa. A fronte di tale allegazione, tuttavia, l’Amministrazione che intenda negare il diritto al rimborso è chiamata a prendere specifica posizione con riferimento ad entrambi gli elementi costitutivi allegando specifici fatti impeditivi, estintivi o modificativi. Dovrà pertanto chiarire se il contribuente ha presentato o meno la dichiarazione dei redditi per gli anni in questione e deve allegare l’eventuale omesso versamento di quanto richiesto a rimborso.
Si tratta, infatti, in entrambi i casi di «informazioni» necessariamente in possesso dell’Amministrazione la quale, pertanto, non può dichiarare di non esserne a conoscenza. Solo a quel punto graverà sul contribuente l’onere di documentare quanto dichiarat o e quanto corrisposto, ma a tal fine questi potrà anche provare che il documento necessario (in ipotesi la dichiarazione dei redditi) è stato trasmesso all’Amministrazione medesima e, dunque, è in suo possesso.
5 Il secondo motivo è infondato.
5.1. Questa Corte, con giurisprudenza costante ed uniforme, ha affermato che lo ius superveniens introdotto dal d.l. n. 20 giugno 2017, n. 91, art. 16octies , convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto
2017, n. 123, ed attuato con provvedimento direttoriale -essendosi limitato a precisare che il rimborso di quanto indebitamente versato spetta ai soggetti specificamente individuati nei limiti delle risorse stanziate e, in caso di eccedenza, con la riduzione percentuale sulle somme dovute e che, a seguito dell’esaurimento delle risorse, non si procede all’effettuazione di ulteriori rimborsi -non incide sulla questione del diritto al rimborso spettante ai soggetti colpiti dal sisma del 1990, operando i limiti delle risorse stanziate, e venendo in rilievo eventuali questioni sui consequenziali provvedimenti liquidatori emessi dall’Agenzia delle entrate, soltanto in fase esecutiva e/o di ottemperanza ( ex multis Cass. 22/02/2018, n. 4291; Cass.25/03/2021, n. 8393; 22/04/ 2021, nn. 10714 e 10716; Cass. 13/11/2020, n. 25818; Cass. 30/09/2020, n. 20790; Cass.22/02/2019, n. 5300).
A supporto ulteriore di tale conclusione, oltre al tenore letterale dello stesso complesso normativo richiamato, questa Corte ha poi rilevato che costituisce ius receptum l’affermazione che, in mancanza di disposizioni transitorie, non incide sui giudizi in corso l’introduzione, con legge sopravvenuta, di un diverso procedimento amministrativo di rimborso (Cass. 22/02/2018, n. 4291 , ex plurimis , che richiama ad esempio Cass. 24/04/2015, n. 8373, in tema di Iva).
Per altro appare opportuno evidenziare che, anche con riferimento alla fase esecutiva, questa Corte ha precisato che l’eventuale verificata incapienza, con riferimento al momento dell’effettiva attuazione, delle risorse stanziate sugli ordinari capitoli di spesa utilizzati per il rimborso delle imposte sui redditi e dei relativi interessi, nel limite di cui alla legge n. 190 del 2014, n. 190, art. 1, comma 665, (come, da ultimo, modificato dal d.l.. n. 162 del 2019), e di eventuali successivi ulteriori stanziamenti, se preclude, in tutto o in parte, il rimborso ai sensi della medesima norma e del relativo provvedimento direttoriale
che l’ha integrata, non determina, per quanto già argomentato, l’estinzione, parziale o integrale, del relativo diritto sostanziale del contribuente, e non preclude quindi definitivamente, né procrastina sine die , la sua integrale attuazione, secondo gli strumenti a disposizione dell’Amministrazione e, dunque, del commissario ad acta nominato dal giudice dell’ottemperanza, che nella relativa sentenza deve precisare il quomodo dell’intervento sostitutivo.
6. Il terzo motivo è fondato.
6.1. La Commissione UE, con la decisione n. C (2015) 5549 final del 14/08/2015, ha stabilito all’art. 1 che «Le misure di aiuto di Stato in oggetto (L. 27 dicembre 2012, n. 289, art. 9, comma 17, e successive modifiche e integrazioni; L. 24 dicembre 2003, n. 350, art. 4, comma 90, e successive modifiche e integrazioni; L. 23 dicembre 2005, n. 266, art. 1, comma 363, e successive modifiche e integrazioni; L. 27 dicembre 2006, n: 296, art. 1, comma 1011, e successive modifiche e integrazioni; L. 24 dicembre 2007, n. 244, art. 2, comma 109, e successive modifiche e integrazioni; D.L. 29 novembre 2008, n. 185, art. 6, colma 4-bis e 4-ter, e successive modifiche e integrazioni; L. 12 novembre 2011, n. 183, art. 33, comma 28, e successive modifiche e integrazioni; e tutti gli atti esecutivi pertinenti previsti dalle leggi sopraccitate), che riducono tributi e contributi dovuti da imprese in aree colpite da calamit à naturali in Italia dal 1990 e cui l’Italia ha dato effetto in maniera illegale in violazione dell’art. 108, Par. 3, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea, sono incompatibili con il mercato interno».
È fatta tuttavia salva (art. 3 dec. cit.) l’ipotesi che si tratti di un «aiuto individuale» che «al momento della sua concessione, soddisfa le condizioni previste dal regolamento, (CE) n. 1407/2013 o dal regolamento (CE) n. 717/2014», ovvero dai regolamenti che prevedono gli aiuti cd. de m í nimis (art. 2 decisione cit.), o che, «al
momento della sua concessione, soddisfa le condizioni previste dal regolamento adottato in applicazione dell’articolo 1 del regolamento (CE) n. 994/98» (sull’applicazione degli artt. 92 e 93 – ora 87 e 88 del Trattato a determinate categorie di aiuti di Stato orizzontali), «o da ogni altro regime di aiuti approvato», ma «fino a concorrenza dell’intensit à̀ massima prevista per questo tipo di aiuti» (art. 2 decisione cit.). (cfr. tra le tante Cass. 08/05/2023, n. 12187).
6.2. Ove il contribuente svolga un’attivit à̀ economica il giudice di merito è tenuto a verificare in concreto che il beneficio individuale sia in linea con il regolamento de minimis applicabile (artt. 2 e 3 dec. cit.), «tenendo conto, in specie, che la regola, stabilendo una soglia di aiuto al di sotto della quale l’art. 92, n. 1, TFUE, può̀̀ considerarsi inapplicabile, costituisce un’eccezione alla generale disciplina relativa agli aiuti di Stato, sicché quando la soglia dell’irrilevanza dovesse essere superata, il beneficio deve essere negato nella sua interezza» (tra le più recenti Cass. 10/10/2022, n. 29503).
6.3. Ai fini della materia in esame, poi, questa Corte ha chiarito che i redditi di partecipazione in società di persone devono essere considerati redditi d’impresa. Infatti, nell’attuale sistema di imposizione sui redditi, il legislatore ha individuato come indice di capacità contributiva la relazione tra il presupposto d’imposta e il soggetto passivo attraverso la diretta imputazione al socio per trasparenza del reddito prodotto in forma associata, indipendentemente dalla percezione. Questa diretta imputazione del reddito è la conseguenza logica ed immediata del principio, accolto dal legislatore tributario, di immedesimazione esistente tra società a base personale e singoli soci che la compongono, per cui non è configurabile una soggettività distinta, separata o disgiunta della società rispetto ai soci, i quali, sul piano tributario, sono chiamati a contribuire alle pubbliche spese in relazione a un incremento patrimoniale realizzato
per effetto dell’attività sociale, rispetto alla quale hanno un onere e un potere di controllo (artt. 2261 e 2320 cod. civ.) che, da un lato, li rende giuridicamente in grado di avere piena conoscenza dell’indicato incremento patrimoniale e, dall’altro, rende irrilevante, a questi fini, la distinzione tra soci amministratori e non amministratori (Cass. 25/07/2023, n. 22244, Cass. 16/01/2023, n. 1156).
6.4. La CTR non si è attenuta a questi principi in quanto, nonostante l’Agenzia delle entrate avesse rilevato l’esclusione dal beneficio essendo il contribuente titolare di redditi di impresa e di partecipazione in società di persone, non si è pronunciata in merito e non ha svolto i necessari accertamenti.
6.5. Va aggiunto che, diversamente da quanto sostenuto dal contribuente, che ha eccepito l’inammissibilità del motivo in quanto la sentenza non affronta la questione prospettata con esso e il motivo, proposto come violazione di legge sarebbe mal posto, questa Corte ha già chiarito che tale questione non costituisce oggetto di un’eccezione in senso tecnico ma attiene alla regola di diritto da applicare alla domanda di rimborso, costituendo jus superveniens i presupposti del quale devono essere oggetto di prova da parte del contribuente. Inoltre qualora la nuova disciplina, nel caso di specie la decisione della Commissione Europea, sia sopravvenuta in corso di causa è consentita la produzione di quei documenti prima non ottenibili ovvero l’accertamento di quei fatti che in base alla precedente disciplina non erano indispensabili, ma che costituiscono il presupposto per l’applicazione della nuova regola giuridica ((da ultimo Cass. 19/10/2023, n. 29081).
6.6. Il giudice del merito, di conseguenza, è chiamato a verificare in concreto che il beneficio individuale sia in linea con il regolamento de minimis applicabile. A tal fine, egli dovrà: i ) non arrestarsi all’importo del rimborso che si domanda, essendo indispensabile richiedere al
contribuente l’ulteriore e necessaria autocertificazione (dichiarazione di responsabilità) di non avere usufruito di altri aiuti ed agevolazioni nell’anno cui si riferisce la richiesta di rimborso e nei due precedenti; ii ) tenere presente che la regola de minimis , stabilendo una soglia di aiuto al di sotto della quale l’art. 92 T.F.U.E. può considerarsi inapplicabile, costituisce un’eccezione alla generale disciplina relativa agli aiuti di Stato, per modo che, quando la soglia dell’irrilevanza dovesse essere superata, il beneficio dovrà essere negato nella sua interezza; iii ) tenere conto, infine, del fatto che, per il rispetto del principio de minimis , non basta che l’importo chiesto in rimborso ed oggetto del singolo procedimento sia inferiore alla soglia fissata del diritto dell’UE, dovendo invece, la relativa prova, riguardare l’ammontare massimo totale dell’aiuto rientrante nella categoria de minimis su un periodo di tre anni a decorrere dal momento del primo (Cass. 26 luglio 2022, n. 23379; Cass. 21 novembre 2019, n. 30373).
Al riguardo, occorre precisare che la prova delle suddette circostanze è a carico del soggetto che invoca il beneficio, ma, in sintonia con quanto affermato da Cass. n. 22377/2017, cit., l’applicazione dello ius superveniens (alla cui stregua va ricondotta la decisione della Commissione UE) consente, in sede di rinvio, l’esibizione di quei documenti prima non ottenibili, ovvero l’accertamento di quei fatti che in base alla precedente disciplina non erano indispensabili, ma che costituiscono il presupposto per l’applicazione della nuova regola giuridica (cfr. in tal senso già Cass. 26 maggio 1998, n. 5224).
7. In conclusione, va accolto il terzo motivo di ricorso, rigettato il primo ed il secondo; la sentenza impugnata va cassata, in relazione al motivo accolto, con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Sicilia, sezione staccata di Siracusa, in diversa
composizione, che renderà congrua motivazione e la quale provvederà anche al regolamento delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il terzo motivo ricorso, e rigetta il primo e secondo motivo.
Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia per nuovo giudizio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Sicilia, sezione staccata di Siracusa, in diversa composizione, la quale provvederà anche al regolamento delle spese del giudizio di legittimità. Così deciso in Roma, l’8 maggio 2025 .