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Rimborso sisma: negato a non residenti, dice la Cassazione

Un contribuente ha richiesto un rimborso sisma per le imposte versate tra il 1990 e il 1992, in relazione al terremoto in Sicilia del 1990. Sebbene non fosse residente in uno dei comuni designati dal decreto, vi lavorava come dipendente. La Corte di Cassazione ha ribaltato le decisioni dei gradi inferiori, stabilendo che il requisito della residenza è imprescindibile per accedere al beneficio. Ha inoltre chiarito che l’agevolazione per i non residenti è limitata a chi svolge un’attività d’impresa in proprio, escludendo i lavoratori dipendenti. La richiesta di rimborso è stata quindi definitivamente respinta.

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Pubblicato il 15 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Rimborso Sisma: La Residenza è un Requisito Indispensabile

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha ribadito un principio fondamentale in materia di agevolazioni fiscali post-calamità, specificando i requisiti per ottenere il rimborso sisma relativo al terremoto che colpì la Sicilia nel 1990. La decisione chiarisce che la residenza in uno dei comuni ufficialmente individuati come danneggiati è una condizione non negoziabile per accedere al beneficio, escludendo chi, pur lavorando in quelle zone, risiedeva altrove.

I Fatti di Causa: La Richiesta del Lavoratore

Il caso ha origine dalla richiesta di un contribuente, lavoratore dipendente di una società di trasporti, di ottenere il rimborso delle ritenute IRPEF e ILOR versate tra il 1990 e il 1992. Il lavoratore sosteneva di avere diritto al beneficio in quanto soggetto colpito dal sisma del dicembre 1990, che interessò le province di Catania, Ragusa e Siracusa.

Tuttavia, un dato era cruciale: al momento dell’evento sismico, il contribuente non risiedeva in uno dei comuni inseriti nell’elenco ufficiale stilato con DPCM del 15 gennaio 1991, pur prestando la propria attività lavorativa per un’azienda con sede in una delle città colpite (Catania).

Dopo un iniziale silenzio-rifiuto da parte dell’Amministrazione Finanziaria, i giudici di primo e secondo grado avevano dato ragione al contribuente. L’Agenzia Fiscale, però, ha impugnato la decisione davanti alla Corte di Cassazione, sostenendo la mancanza del requisito fondamentale della residenza.

La Decisione della Cassazione sul Rimborso Sisma

La Suprema Corte ha accolto il ricorso dell’Amministrazione Finanziaria, ribaltando completamente l’esito della controversia. I giudici hanno cassato la sentenza d’appello e, decidendo direttamente nel merito, hanno respinto la richiesta di rimborso del contribuente.

La Corte ha affermato che le norme che introducono benefici fiscali, come quelle per il rimborso sisma, sono di stretta interpretazione e non possono essere applicate in via analogica o estensiva a situazioni non espressamente contemplate dalla legge.

Le Motivazioni: Interpretazione Rigorosa delle Norme

La motivazione della Corte si fonda su due pilastri argomentativi, in linea con la sua giurisprudenza consolidata:

1. Imprescindibilità del Requisito della Residenza: Per ottenere il rimborso, è assolutamente necessario che il soggetto fosse residente in uno dei comuni specificamente individuati dal DPCM del 15 gennaio 1991 all’epoca dell’evento sismico. Questo requisito è considerato imprescindibile e la sua mancanza è di per sé sufficiente a escludere il diritto al beneficio.

2. Distinzione per i Non Residenti: La normativa (in particolare l’art. 3 dell’ordinanza della Protezione Civile del 21 dicembre 1990) prevede un’eccezione per i non residenti, ma la circoscrive a coloro che svolgevano «la loro attività industriale, commerciale, artigiana ed agricola» nei comuni colpiti. La Corte ha chiarito che questa disposizione si applica solo a imprenditori e lavoratori autonomi, limitatamente alle obbligazioni fiscali nascenti da tali attività. Non si estende, invece, ai lavoratori dipendenti, i quali si limitano a collaborare all’attività altrui senza esercitarne una propria.

In sostanza, il contribuente non rientrava in nessuna delle due categorie di beneficiari: non aveva la residenza richiesta e, in quanto lavoratore subordinato, non svolgeva un’attività d’impresa autonoma nelle zone terremotate.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Pronuncia

Questa ordinanza conferma la linea rigorosa della Cassazione in materia di agevolazioni fiscali. Le conclusioni che se ne possono trarre sono chiare:

– Chi richiede un beneficio fiscale ha l’onere di dimostrare la sussistenza di tutti i requisiti previsti dalla legge.
– Per il rimborso sisma del 1990 in Sicilia, la residenza anagrafica nei comuni dell’elenco ufficiale al momento del sisma è una conditio sine qua non.
– Il semplice fatto di lavorare in una zona colpita non è sufficiente per ottenere il beneficio se non si è residenti, a meno che non si rientri nella specifica categoria di imprenditori o autonomi che vi esercitavano la propria attività.

È necessario essere residenti in un comune colpito dal sisma per ottenere il relativo rimborso fiscale?
Sì, secondo la Corte di Cassazione, il requisito della residenza in uno dei comuni individuati dal DPCM del 15 gennaio 1991 al momento dell’evento sismico è imprescindibile e la sua mancanza esclude il diritto al rimborso.

Un lavoratore dipendente che lavora in un’area terremotata ma risiede altrove ha diritto al rimborso sisma?
No. La normativa prevede un beneficio per i non residenti solo se svolgono una propria attività industriale, commerciale, artigiana o agricola nei comuni colpiti. Questa agevolazione non si estende ai lavoratori dipendenti, che collaborano a un’attività altrui.

Le norme sui benefici fiscali possono essere interpretate in modo estensivo?
No. La Corte ha ribadito che le disposizioni che introducono benefici fiscali sono di stretta interpretazione e non possono essere applicate per analogia o in via estensiva a casi non espressamente previsti dalla legge.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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