Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 18766 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 18766 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 09/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 11320/2023 R.G. proposto da:
COGNOME NOME C.F. CODICE_FISCALE NOME
C.F. NSNNNN60A03C351L, COGNOME NOME C.F. NSNFNC64S12C351G, COGNOME NOME COGNOME C.F. NSNSGG72S24C351X e COGNOME NOME C.F. NSNMGT61R55C351E, tutti nella qualità di eredi di COGNOME NOME, rappresentati e difesi, in virtù di procura speciale allegata al ricorso, dall’Avv. NOME COGNOME con domicilio digitale in atti;
-ricorrenti –
RIMBORSO SISMA SICILIA
contro
Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici è domiciliata in Roma alla INDIRIZZO
-controricorrente –
Avverso la sentenza della CORTE DI GIUSTIZIA TRIBUTARIA DI SECONDO GRADO DELLA SICILIA – CATANIA n. 9482/2022, depositata in data 8/11/2022;
Udita la relazione della causa svolta dal consigliere dott. NOME COGNOME nella camera di consiglio del 9 maggio 2025;
Fatti di causa
Il signor COGNOME NOME risiedeva nella città di Catania da data anteriore al 1990 sino alla data del decesso (29.6.2011).
A seguito degli eventi sismici del 13 e 16 dicembre 1990, che colpirono le province di Catania, Ragusa e Siracusa, il Ministero della protezione civile, con ordinanza n. 2057 del 21.12.1990, dispose, a favore dei cittadini residenti nelle citate province, la sospensione dei termini di versamento di ogni onere tributario e contributivo fino al 30.06.1991.
Tale sospensione venne più volte rinnovata fino ad essere estesa a tutto l’anno 1992 (ordinanze 29.12.1990 n. 2063, 27.06.1991 n. 2145, 27.12.1991 n.2198, 4.06.1992 n. 2276, 29.7.1992 n. 2301, 29.01.1993 n.2316).
Il defunto sig. COGNOME NOME provvide al versamento integrale dei tributi sospesi sulla base del prospetto allegato al ricorso introduttivo di primo grado (all.1 del fascicolo di primo grado), così come documentato dai modelli di versamento allegati sempre unitamente al ricorso introduttivo di primo grado (all.2 del fascicolo di primo grado).
L’art. 9, comma 17, della L. 27.12.2002 n. 289 ha previsto la possibilità di definizione automatica dei tributi in questione mediante il versamento ‘dell’intero ammontare dovuto per ciascun tributo a titolo di capitale …, diminuito al 10%’ entro il 16.03.2 003.
Tale termine è stato differito prima al 31.12.2007 (art. 3 quater del DL n. 300/2006 convertito in L. n. 17 del 26.02.2007) e poi al 31 marzo 2008 (art. 36 bis del DL n.248/2007 convertito in L. n.31/2008 del 27.02.2008).
A seguito dell’intervento dei citati atti normativi, il defunto signor COGNOME NOMECOGNOME con istanza depositata il 3.02.2009 (all. 3 del fascicolo di primo grado) richiese il rimborso del 90% delle somme a suo tempo versate a titolo IRPEF/ILOR per il 1990, 1991 e 1992, per un importo complessivo pari a € 83.954,67 (€93.282,96 x 90%).
L’Agenzia delle Entrate di Catania non ha emesso alcun provvedimento in risposta alla citata istanza determinando il formarsi del silenziorifiuto, per infruttuosa decorrenza del termine di 90 giorni dall’istanza, silenzio rifiuto impugnabile ex art. 19, comma 1, lett.g) del D.Lgs. n. 546/1992.
La C.T.R. confermò la sentenza di primo grado che annullò il silenzio rifiuto formatosi sull’istanza di rimborso .
La sentenza d’appello fu cassata da questa Suprema Corte con ordinanza n. 26389/2019, depositata in data 17/10/2019.
Riassunto il giudizio da parte degli eredi, questi insistevano per il rimborso dell’Irpef e dell’Ilor versata per gli anni 1990, 1991 e 1992 dal loro de cuius .
Con la sentenza pronunciata in sede di rinvio, la CGT-2 della Sicilia accolse l’appello a suo tempo proposto dall’Agenzia delle Entrate e dichiarò legittimo il rifiuto di rimborso.
Avverso la sentenza pronunciata in sede di rinvio, gli eredi Insanguine hanno proposto ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi.
Resiste l’Agenzia delle Entrate con controricorso.
Ragioni della decisione
1.Con il primo motivo di ricorso, rubricato ‘ Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 63 del d.lgs. n. 546 del 1992 in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c. ‘, i contribuenti censurano la sentenza impugnata per essersi sottratta al principio stabilito dalla Suprema Corte in sede rescindente.
In particolare, i contribuenti si lamentano che la Suprema Corte aveva censurato la sentenza d’appello per avere omesso di argomentare le ragioni per le quali sarebbe applicabile, nel caso di specie, il regolamento de minimis , ‘i cui presupposti nei termini indicati dovranno essere in dettaglio vagliati dal giudice di merito in sede di rinvio’ .
I contribuenti si dolgono che il giudice del rinvio abbia sostanzialmente frainteso la portata dell’ordinanza rescindente della Suprema Corte .
1.1. Il motivo è inammissibile.
In un passaggio della motivazione (pag. 7, incipit ), questa Corte, nell’ordinanza rescindente n. 26389/2019 , ha dato atto che l’allora giudice di appello, che aveva pronunciato la sentenza cassata, aveva già accertato che il contribuente (il de cuius ) svolgeva un’attività economica .
Ne consegue che la censura mossa da questa Corte alla sentenza d’appello era stata, una volta accertato lo svolgimento di un’attività economica da parte del contribuente, quella di non aver adeguatamente motivato circa il rispetto dei requisiti previsti dal
regolamento de minimis ai fini del diritto al rimborso delle imposte a suo tempo versate, e dunque circa la concreta applicazione, nel caso di specie, del detto regolamento.
2.Con il secondo motivo di ricorso, rubricato ‘ Violazione e/o falsa applicazione del combinato disposto degli artt. 391-bis e 395 n. 4 c.p.c. , in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c.’ , i ricorrenti censurano la sentenza impugnata per aver affermato che essi non potevano lamentarsi davanti al giudice del rinvio dell’accertamento della qualifica soggettiva rivestita dal de cuius , in quanto qualsiasi vizio della pronuncia rescindente della Corte di Cassazione avrebbe potuto farsi valere solo nei limiti di un ricorso per revocazione.
2.1. Il motivo è inammissibile.
Il giudice del rinvio ha semplicemente inteso chiarire, correttamente, che gli accertamenti di fatto contenuti nella pronuncia rescindente n. 26389/2019 di questa Corte non potevano più essere contestati in sede di rinvio, così come il principio di diritto enunciato, quand’anche implicitamente, dalla detta pronuncia.
Orbene, il fatto che il de cuius svolgesse un’attività economica dalla quale era scaturito il prelievo fiscale oggetto della domanda di rimborso era stato accertato dalla pronuncia rescindente di questa Corte e non poteva più essere messo in discussione in sede di giudizio di rinvio.
3.Con il terzo motivo di ricorso, rubricato ‘ Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1 comma 665 della legge n. 190 del 2014, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c.’ , i contribuenti censurano la sentenza impugnata perché questa si sarebbe concentrata erroneamente sulla prova che la fattispecie in questione rientri nei limiti del regime de minimis .
I contribuenti deducono che per gli anni d’imposta in questione una parte dei redditi oggetto di tassazione non erano redditi da attività
economica, sicché non sarebbero potuti entrare in gioco i limiti al rimborso posti dal regolamento ‘de minimis’ .
3.1. Anche il terzo motivo è inammissibile.
Esso si scontra con la ordinanza rescindente n. 26389/2019 pronunciata da questa Corte, che ha accertato che ‘nel caso di specie’ i redditi conseguiti dal contribuente erano tutti derivanti da ‘attività economica’ , commerciale o professionale.
4. Con il quarto motivo, rubricato ‘ Nullità della sentenza per error in procedendo: violazione e/o falsa applicazione dell’art. 112 e 115 c.p.c. per omessa pronuncia su uno dei motivi di gravame, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c.’ , i contribuenti lamentano che il giudice del rinvio non abbia deciso su alcuni motivi di gravame, e dunque non abbia distinto i redditi derivanti da attività economiche, con riferimento ai quali il rimborso delle imposte è soggetto al regolamento de minimis , da quelli non derivanti da attività economiche, con riferimento ai quali il rimborso delle imposte non è soggetto al regolamento de minimis .
4.1. Il motivo è inammissibile.
Innanzitutto, i contribuenti non consentono al Collegio di verificare in quale fase e grado del processo e in quale atto processuale hanno dedotto dinanzi ai giudici di primo grado e di appello che, con riferimento a una parte dei redditi prodotti dal de cuius , cioè quelli non derivanti da attività economiche, il regolamento de minimis era irrilevante.
Inoltre (tale considerazione assume, in vero, carattere assorbente), avendo questa Corte accertato, con l’ordinanza rescindente citata, che ‘ nel caso di specie’ i redditi del de cuius erano, senza distinzione, provenienti da attività economiche, il giudice del rinvio non avrebbe potuto operare ulteriori distinzioni, per il carattere chiuso del giudizio di rinvio, con la conseguenza che, sul presupposto non più revocabile in dubbio che tutti i redditi prodotti in relazione agli anni in questione
erano derivanti da attività economiche esercitate dal de cuius , il giudice del rinvio non avrebbe potuto fare altro che verificare se vi fossero in concreto i requisiti posti dal regolamento de minimis per il diritto al rimborso.
In definitiva, il ricorso è inammissibile.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, si deve dare atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso.
Condanna i contribuenti, in solido, al pagamento, in favore dell’Agenzia delle Entrate, delle spese del giudizio che si liquidano in euro cinquemilaseicento per compensi, oltre alle spese prenotate a debito. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 9 maggio 2025.