Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 7963 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 7963 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 25/03/2025
Oggetto: Istanza di rimborso – Beneficio ex art. 9, comma 17, l. 289/2002 – Sisma Sicilia 1990 – Decorrenza interessi sulle somme da rimborsare – Art. 16 octies l. 123/2017 – Limite del 50% – Applicabilità ai giudizi di cognizione – Esclusione
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 19112/2020 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , con sede in Roma, INDIRIZZO C/D, domiciliata in Roma alla INDIRIZZO presso l’Avvocatura generale dello Stato dalla quale è rappresentata e difesa ope legis ;
-ricorrente –
contro
COGNOME rappresentata e difesa, in virtù di procura speciale rilasciata su foglio separato ed allegato al controricorso, dall’Avv. NOME COGNOME il quale ha indicato l’indirizzo pec EMAILpec.ordineavvocaticataniaEMAIL;
-controricorrente – avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Sicilia, Sezione Staccata di Catania, n. 3507/06/2019, depositata in data 5 giugno 2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 7 marzo 2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Rilevato che:
NOME COGNOME presentava, il 26 marzo 2008, istanza di rimborso del 90% dell ‘ IRPEF versata per gli anni 1990, 1991 e 1992, ai sensi dell’art. 9, comma 17, l. 289/2002 , per Euro 4.767,56.
Impugnava, quindi, il silenzio-rifiuto, formatosi decorsi 90 giorni, innanzi alla Commissione tributaria provinciale di Catania.
L ‘Ufficio si costituiva deducendo l’inapplicabilità della l. 289/2002 ai casi in cui (come nella fattispecie) vi era stato il versamento delle imposte, per cui il rapporto doveva ritenersi esaurito, e contestando la tempestività dell’istanza.
La CTP accoglieva il ricorso ritenendo dovuto il rimborso nella misura del 90% dell’IRPEF , con interessi al saggio legale decorrenti dal versamento dell’imposta .
L ‘Ufficio interponeva gravame deducendo, per quanto emerge dalla sentenza della CTR, la non debenza degli interessi sulle somme oggetto di rimborso e la tardività dell’istanza di rimborso.
La Commissione tributaria regionale della Sicilia, Sezione Staccata di Catania, confermava la decisione dei giudici di prossimità, precisando che gli interessi erano dovuti dalla domanda di rimborso. Asseriva, infine, l’irrilevanza, ai fini della decisione della controversia, dello ius superveniens di cui alla modifica dell’art. 1, comma 665, della l. 190/2014, operata con il d.l. 91/2017, applicabile solo alla fase dell’esecuzione del rimborso dovuto.
Avverso la decisione della CTR ha proposto ricorso per cassazione l’Ufficio, affidandosi a quattro motivi. Il contribuente resiste con controricorso, eccependo preliminarmente l’inammissibilità del ricorso per difetto di autosufficienza.
È stata, quindi, fissata l’adunanza camerale per il 07/03/2025. Considerato che:
Con il primo motivo l’Agenzia deduce , in relazione all’art. 360, comma prima, n. 4, cod. proc. civ., «la nullità della sentenza per error in procedendo : violazione dell’art. 112 c.p.c. per omessa pronuncia su uno dei motivi di gravame e per motivazione
meramente apparente, contradittoria e perplessa». Il motivo, avente ad oggetto la statuizione della CTR sugli interessi, si sviluppa lungo due direttrici: da un lato, si sostiene che il giudice del gravame avrebbe omesso di pronunciarsi sul motivo di appello articolato dall’Ufficio circa la decorrenza degli interessi legali, in tal modo violando l’art. 112 cod. proc. civ. ed il principio della corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato ivi sancito; dall’altro, la CTR, pur avendo in dispositivo confermato la decisione di primo grado (nella quale gli interessi legali erano stati riconosciuti dal versamento), in motivazione aveva affermato che gli stessi spettavano dalla domanda di rimborso.
Il motivo è inammissibile per plurime ragioni, ciascuna idonea ex se a fondarne la relativa declaratoria.
1.1. In primo luogo, il motivo sovrappone inestricabilmente nell’esposizione la violazione di legge, l’ omessa pronuncia e la motivazione apparente, contraddittoria e perplessa; integra, in altri termini, un motivo cd. coacervato, senza possibilità di distinguere (salvo quanto a breve si dirà infra ) i vari vizi sostanzialmente denunciati, anche in contrasto logico tra loro, che danno luogo ad una sostanziale mescolanza e sovrapposizione di censure, con l’inammissibile prospettazione della medesima questione sotto profili incompatibili (Cass. 23/10/2018, n. 26874; Cass. 23/09/2011, n. 19443; Cass. 11/04/2008, n. 9470), non risultando specificamente separati la trattazione delle doglianze relative all’interpretazione o all’applicazione delle norme di diritto appropriate alla fattispecie ed i profili attinenti alla ricostruzione del fatto (Cass, 11/04/2018, n. 8915; Cass. 23/04/2013, n. 9793) o a pretesi vizi processuali.
1.2. Sotto altro profilo, con specifico riferimento alla violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., va considerato che nel giudizio di legittimità la deduzione del vizio di omessa pronuncia, ai sensi dell’art. 112 c.p.c., postula, per un verso, che il giudice di merito sia stato investito di una domanda o eccezione autonomamente apprezzabili e ritualmente e inequivocabilmente formulate e, per
altro verso, che tali istanze siano puntualmente riportate nel ricorso per cassazione nei loro esatti termini e non genericamente o per riassunto del relativo contenuto, con l’indicazione specifica, altresì, dell’atto difensivo e/o del verbale di udienza nei quali l’una o l’altra erano state proposte, onde consentire la verifica, innanzitutto, della ritualità e della tempestività e, in secondo luogo, della decisività delle questioni prospettatevi. Pertanto, non essendo detto vizio rilevabile d’ufficio, la Corte di cassazione, quale giudice del “fatto processuale”, intanto può esaminare direttamente gli atti processuali in quanto, in ottemperanza al principio di autosufficienza del ricorso, il ricorrente abbia, a pena di inammissibilità, ottemperato all’onere di indicarli compiutamente, non essendo essa legittimata a procedere ad un’autonoma ricerca, ma solo alla verifica degli stessi (Cass. 14/10/2021, n. 28072).
Nella specie la ricorrente ha trascritto nel corpo del ricorso solo parti del proprio appello (‘ nessun inadempimento può essere imputato all’Ufficio che non aveva l’obbligo di erogare alcuna somma di denaro al ricorrente. Il diritto al rimborso, infatti, solo, successivamente, è stato riconosciuto come spettante dalla sentenza ora in contestazione’, pag. 5 del ricorso), impedendo a questa Corte di verificare in quali termini la contestazione alla sentenza della CTP, in punto di interessi, era stata mossa nel gravame; ciò soprattutto a fronte di una affermazione della CTR circa la contestazione da parte dell’Ufficio solo in punto della debenza (non già della decorrenza) degli interessi.
Con il secondo motivo l’Ufficio lamenta, in relazione all’art. 360, comma primo, n. 3, cod. proc. civ., l’ error in iudicando per «violazione e/o falsa applicazione di legge in relazione ai principi della ragionevole durata del processo ex art. 111 comma 2 Cost. nonché del buon andamento della Pubblica Amministrazione ex art. 97 comma 2 Cost., in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c.» per avere la CTR erroneamente escluso l’applicazione dello ius superveniens (art. 16 octies l. 123/2017), che limita al 50% il
rimborso spettante nel caso di superamento delle risorse stanziate a tal fine.
Con il terzo motivo l’Agenzia deduce, in relazione all’articolo 360, comma prima, n. 4, cod. proc. civ., la nullità della sentenza per motivazione apparente, contradittoria e perplessa, per avere la CTR dapprima affermato l’applicazione dell’art. 1, comma 665, della l. 190/2014, come modificato dalla l. 123/2017, e, poi, richiamato la giurisprudenza di legittimità secondo cui, in assenza di disciplina transitoria, l’introduzione di un nuovo procedimento amministr ativo di rimborso non incide sui giudizi in corso.
Con il quarto (ed ultimo) motivo l’Ufficio lamenta, in relazione all’articolo 360, comma prima, n. 3, cod. proc. civ., la «violazione e falsa applicazione dell’art. 1 comma 665 legge 23 dicembre 2014 n.190, come modificato dall’art.16 octies del d. l. 20 giugno 2017 n. 91, convertito dalla legge di 3 agosto 2017, n. 123».
La censura ripropone, sotto altro angolo prospettico (la violazione dell’art. 16octies della l. 123/2017), la questione – già svolta con il secondo motivo -dell’applicazione della nuova normativa ai processi in corso.
I tre motivi, aventi tutti ad oggetto la questione dell’applicazione dello ius superveniens alla fattispecie, possono essere trattati congiuntamente e devono essere rigettati perché infondati.
L’art. 1, comma 665, della legge n. 190 del 2014, come modificato dall’art. 16 octies del d.l. n. 91 del 2017, dispone che ‘ i n relazione alle istanze di rimborso presentate, qualora l’ammontare delle stesse ecceda le complessive risorse stanziate dal presente comma, i rimborsi sono effettuati applicando la riduzione percentuale del 50 per cento sulle somme dovute; a seguito dell ‘esaurimento delle risorse stanziate dal presente comma non si procede all’effettuazione di ulteriori rimborsi. Con provvedim ento del direttore dell’Agenzia delle entrate, da emanare entro il 30 settembre 2017, sono stabilite le modalità e le procedure finalizzate
ad assicurare il rispetto dei limiti di spesa stabiliti dal presente comma. A tal fine è autorizzata la spesa di 30 milioni di euro per ciascuno degli anni 20152017’.
Il Provvedimento n. 195405/2017, emanato il 26 settembre 2017 dal Direttore dell’Agenzia delle entrate, prevede che:
‘2.1 Tenuto conto dei limiti di spesa autorizzati dall’art. 1, comma 665, della legge 23 dicembre 2014, n. 190, nonché dell’importo riferibile alle istanze di rimborso presentate, l’Agenzia delle entrate effettua i rimborsi delle istanze validamente liquidate, ai sensi del punto 1.1, applicando la riduzione del 50 per cento sulle somme dovute.
2.2 L’Agenzia delle entrate provvede periodicamente ad erogare gli importi validamente liquidati, nella misura sopra indicata, a partire da quelli che si riferiscono alle istanze con data di presentazione più remota, fino a concorrenza delle somme stanziate.
2.3 Al completamento dell’esame delle istanze di rimborso da parte degli uffici dell’Agenzia delle entrate territorialmente competenti e all’effettuazione dei rimborsi con la riduzione del 50 per cento degli importi risultanti dovuti, qualora eccedano risorse finanziarie rispetto ai limiti di spesa autorizzati, le somme residue sono erogate proporzionalmente al valore degli importi liquidati, ai sensi del punto 1.1′.
5.2. Premesso tale quadro normativo, va evidenziato come questa Corte, con giurisprudenza costante ed uniforme, abbia affermato che lo ius superveniens introdotto dall’art. 16 octies d.l. 91/2017, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2017, n. 123, ed attuato con il sopra citato provvedimento direttoriale essendosi limitato a precisare che il rimborso di quanto indebitamente versato spetta ai soggetti specificamente individuati nei limiti delle risorse stanziate e, in caso di eccedenza, con la riduzione percentuale sulle somme dovute; e che, a seguito dell’esaurimento delle risorse, non si procede all’effettuazione di ulteriori rimborsi – non incide sulla questione del diritto al rimborso
spettante ai soggetti colpiti dal sisma del 1990, operando i limiti delle risorse stanziate, e venendo in rilievo eventuali questioni sui consequenziali provvedimenti liquidatori emessi dall’Agenzia delle entrate, soltanto in fase esecutiva e/o di ottemperanza (Cass. 22/02/2018, n. 4291; Cass. 25/03/2021, n. 8393; Cass. 22/04/2021, nn. 10714 e 10716; Cass. 13/11/2020, n. 25818; Cass. 30/09/2020, n. 20790; Cass. 22/02/2019, n. 5300).
Tale orientamento, al quale si intende dare ulteriore continuità, riconduce dunque lo ius superveniens non alla disciplina sostanziale del diritto al rimborso, ma a quella procedimentale della sua attuazione. Il che significa, quindi, sul versante giudiziario, che la relativa questione non appartiene al giudizio di cognizione, nel quale detto diritto viene accertato, ma necessariamente a quella del giudizio d’ottemperanza, nel quale esso viene attuato (Cass. 19/05/2022, n. 16289).
Si è, poi, precisato che la disciplina dei limiti di attuazione del diritto al rimborso si applica anche quando il relativo diritto sia stato accertato con sentenza definitiva, a seguito di contenzioso con l’Amministrazione: « se la questione attiene al la fase esecutiva, qualunque sia il titolo del rimborso, compreso quello giudiziale, esso sarà sottoposto alle modalità regolamentate dal comma 665 dell’art. 1 della l. n. 190 del 2014, come modificato dall’art. 16 octies del d.l. n. 91 del 2017, convertito con l n. 123 del 2017» (Cass. 15/03/2019, n. 7368).
La CTR , nell’escludere l’applicabilità al presente giudizio della norma sopravvenuta, ha, quindi, fatto corretta applicazione dei principi enunciati in materia da questa Corte, né sussiste il lamentato deficit motivazionale della decisione.
Precisamente, il secondo motivo è in parte inammissibile ed in parte infondato.
6.1. Giova premettere che secondo la giurisprudenza di questa Corte «la riformulazione dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., disposta dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in
legge 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 delle preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione» (Cass., Sez. U., 07/94/2014 n. 8053).
Inoltre, la motivazione è solo «apparente» e la sentenza è nulla quando benché graficamente esistente, non renda percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (Cass. Sez. U. n. 8053/2014 cit.).
Si è, più recentemente, precisato che «in seguito alla riformulazione dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., disposta dall’art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, conv., con modif., dalla l. n. 134 del 2012, non sono più ammissibili nel ricorso per cassazione le censure di contraddittorietà e insufficienza della motivazione della sentenza di merito impugnata, in quanto il sindacato di legittimità sulla motivazione resta circoscritto alla sola verifica del rispetto del «minimo costituzionale» richiesto dall’art. 111, comma 6, Cost., che viene violato qualora la motivazione sia totalmente mancante o meramente apparente, ovvero si fondi su un contrasto irriducibile tra affermazioni inconcilianti, o risulti perplessa ed obiettivamente incomprensibile, purché il vizio emerga dal testo della sentenza
impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali» (Cass. 03/03/2022, n. 7090).
6.2. Nella specie, pertanto, la doglianza è inammissibile nella parte in cui si deduce una insufficiente e contraddittoria motivazione.
6.3. Il motivo è, invece, infondato nella parte in cui si deduce la motivazione apparente della decisione gravata atteso la CTR ha congruamente motivato l’adesione alla tesi, seguita da questa Corte, dell’app licabilità della nuova normativa solo in sede di esecuzione.
La motivazione adottata dalla CTR risulta, pertanto, presente e chiaramente intellegibile, condivisibile o meno che sia, e non è perciò meramente apparente.
Per tutto quanto esposto il ricorso va integralmente rigettato.
Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
Rilevato che risulta soccombente l’Agenzia delle Entrate, ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica l’articolo 13 comma 1 quater del d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della l. 228 del 2012 (Cass. 29/01/2016, n. 1778).
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento in favore di NOME COGNOME delle spese processuali del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 1.400,00, oltre esborsi liquidati in Euro 200,00, oltre rimb. spese forf. nella misura del 15% dei compensi, oltre accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 7 marzo 2025.