Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 2358 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 2358 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 31/01/2025
RAGIONE_SOCIALE
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
RAGIONE_SOCIALE , in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura generale dello Stato ;
– ricorrente
–
contro
COGNOME NOME, nata a Siracusa il 19.07.1963, ed ivi residente nel INDIRIZZO INDIRIZZO (C.F. CODICE_FISCALE COGNOME NOME , nato a Siracusa il 28.11.1964 ed ivi residente nella INDIRIZZO (C.F. CODICE_FISCALE, e NOME , nato a Catania il 12.08.1966 e residente in Siracusa nel INDIRIZZO (C.F. CODICE_FISCALE, tutti eredi di COGNOME NOME, nato a Siracusa il 15.03.1928 ed ivi deceduto in data 27.01.2019 (C.F. CODICE_FISCALE, nonché di NOME NOME NOME, nata in Libia il 6 Ottobre 1938 (C.F. CODICE_FISCALE), rappresentati e difesi dall’Avv. NOME COGNOME (C.F. DBN MRC CODICE_FISCALE, PEC EMAIL, Fax n. NUMERO_TELEFONO) presso il cui studio sito in Siracusa nella INDIRIZZO sono elettivamente domiciliati, giusta procura in calce al controricorso
Avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Sicilia, sez. Siracusa, n. 5954/22 depositata il 28 giugno 2022. Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 10 dicembre 2024 dal consigliere NOME COGNOME
RILEVATO CHE
La controversia in questione verte sul silenzio-rifiuto relativo all’istanza di rimborso ex art. 9, comma 17 della Legge 27 dicembre 2002, n. 289 presentata dal sig. COGNOME COGNOME in data 8 aprile 2008, al fine di richiedere il rimborso del 90 per cento dei tributi versati nel triennio 1990-1992, oltre gli interessi. In data 2 settembre 2008, il contribuente in questione propose ricorso avverso il silenziorifiuto dell’istanza di rimborso formatosi per l’inerzia dell’Ufficio, con il quale chiese la restituzione del 90% delle somme versate a titolo di Irpef, Ilor e IVA (complessivi euro 60.924,87), relativamente agli anni d’imposta 1990, 1991 e 1992, ai sensi del citato art. 9, c. 17, della L. n. 289/2002. Con sentenza depositata in data 3 novembre 2015, n. 3890/05/2015 (ALL.4), la Commissione tributaria provinciale di Siracusa accolse il ricorso e dispose il rimborso, del 90 per cento delle somme versate a titolo di Irpef e Ilor, in relazione al triennio 1990-1992, oltre interessi (spese compensate). Avverso la sopra citata sentenza di primo grado, propose appello l’Ufficio eccependo, in diritto, violazione e falsa applicazione dell’articolo 9, comma 17, della legge 27 dicembre 2002, n.289 e dell’articolo 1, comma 665, della legge 23 dicembre 2014, n.190. Con la sentenza che si impugna, la CTR accoglieva parzialmente l’appello e riforma la sentenza impugnata (spese compensate). Il Collegio regionale prendeva atto preliminarmente dell’avvenuto decesso del contribuente COGNOME NOME, per cui in base alla relativa comunicazione dichiarava, con ordinanza n.4418, depositata il 21 luglio 2021, l’interruzione del processo ex articolo 40, del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n.546. La trattazione della causa era fissata per l’udienza del 7
giugno 2022, nella quale gli eredi subentranti si costituivano. Riteneva, quindi, risolta la questione relativa all’applicabilità o meno del beneficio a coloro che assolvono l’obbligazione tributaria nonché tempestiva l’istanza di rimborso, per cui spetta agli eredi del contribuente deceduto, COGNOME NOME, il rimborso delle imposte dirette nella misura del 90% di quelle versate, ad eccezione dell’IVA versata dal de cuius.
Propone così ricorso in cassazione l’Agenzia affidandosi a due motivi, e i contribuenti resistono a mezzo di controricorso.
CONSIDERATO CHE
1.Pregiudizialmente deve respingersi l’eccezione di giudicato parziale per la quota del credito spettante ad NOME COGNOME frattanto deceduta, in quanto l’Agenzia ha chiaramente inteso ricorrere nei confronti dei di lei eredi, la stessa non essendo infatti indicata fra i destinatari delle notifiche del ricorso in cassazione e del resto avendo la stessa eccezione natura di ammissione della qualità di eredi della stessa -che il giudicato infatti invocano -in capo ai controricorrenti evocati.
2. Col primo motivo si deduce ‘Violazione e falsa applicazione dell’art. 112 del Codice di procedura civile, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4 del Codice di procedura civile’. Il Collegio avrebbe omesso di pronunciarsi sull’esplicita eccezione formulata dall’Ufficio nel proprio appello, relativa alla incompatibilità della misura agevolativa, riconosciuta aiuto di Stato, con il mercato interno e sulla relativa eccezione di parte contribuente che ha opposto la sussistenza, nella fattispecie, dei requisiti ‘de minimis’ come autocertificata con la dichiarazione sostitutiva allegata alle controdeduzioni. In sintesi, la sentenza impugnata avrebbe omesso del tutto, sia nella motivazione che nel dispositivo, di considerare il motivo di appello proposto dall’amministrazione volto a evidenziare l’infondatezza della domanda di rimborso proposta dal contribuente in quanto contrastante con il diritto comunitario.
1.1. Il motivo è infondato non potendosi ravvisare un’omessa pronuncia. La CTR ha concluso infatti nel senso della spettanza del rimborso in capo ai contribuenti, affrontando specificamente la tematica della spettanza dello stesso in raffronto alla legislazione che aveva beneficiato coloro i quali non avevano versato le imposte dirette relativamente agli anni interessati dalla legislazione d’emergenza conseguente al sisma 1990 (1990 -1992). Essa aveva altresì presente la decisione resa dalla Commissione Europea, avendo citato nella parte ‘in fatto’ le difese dei controricorrenti in ordine al ricorrere dei requisiti del regolamento ‘de minimis’.
3. Col secondo motivo si deduce ‘Violazione e falsa applicazione dell’art. 9, comma 17, della Legge 27 dicembre 2002, n. 289; dell’art. 1, comma 665 della Legge 23 dicembre 2014, n. 190 e successive modifiche e integrazioni; degli artt. 107 e 108 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea; dei principi stabiliti dalla Commissione Europea con Decisione (UE) 2016/195, notificata con il n. C (2015) 5549 final, in combinato disposto con il Regolamento Europeo (UE) 18 dicembre 2013, n. 1407, in relazione all’articolo 360, primo comma, n. 3, del Codice di procedura civile’.
Preso atto che il de cuius, negli anni in questione, ha svolto attività di lavoro autonomo, quindi, d’impresa, i Giudici di seconda istanza, al riguardo, avrebbero del tutto omesso di rilevare l’esito della Decisione della Commissione Europea (UE) 2016/195 del 14 agosto 2015, notificata con il n. C (2015) 5549 final, e le successive indicazioni della giurisprudenza di legittimità . L’ Ufficio ha evidenziato nell’atto di appello che la Commissione Europea, con la Decisione (UE) 2016/195 del 14 agosto 2015, notificata con il n. C (2015) 5549 final, ha ritenuto anche l’agevolazione in parola rivolta alle imprese, misura incompatibile con il mercato interno, rientrando essa nel novero degli aiuti di Stato. La stessa Commissione ha previsto alcune deroghe a tale incompatibilità
riservate agli aiuti individuali che rispettino i requisiti previsti dal Regolamento ‘de minimis’ applicabile ed oggetto di alcune importanti pronunce della Corte di Cassazione. Il beneficio individuale deve essere in linea con il regolamento de minimis applicabile, tenendo conto, in specie, che la regola de minimis, stabilendo una soglia di aiuto al di sotto della quale l’art. 92, n. 1 TFUE, può considerarsi inapplicabile, costituisce un’eccezione alla generale disciplina relativa agli aiuti di Stato, per modo che, quando la soglia dell’irrilevanza dovesse essere superata, il beneficio dovrà essere negato nella sua interezza In difetto, la CTR dovra’ valutare la sussistenza delle condizioni che, secondo la citata decisione della Commissione del 2015, fanno ritenere comunque compatibili gli aiuti in esame con il mercato interno, ai sensi dell’articolo 107, § 2, lettera b), del TFUE, ovvero che si tratti di “aiuti destinati a compensare i danni causati da una calamita’ naturale” (§ 150, lettera b), sempre che sussista “un nesso chiaro e diretto tra i danni subiti dalla singola impresa in seguito alle calamita’ naturali in oggetto e l’aiuto di Stato concesso a norma delle misure in esame” (§ 136), » ( vedi Cass. Ord. del 24 gennaio 2022, n. 1947). In relazione alla soglia de minimis, i Giudici di legittimità hanno specificato che « 3.3.1. Nel rispetto del principio de minimis, inoltre, non basta che l’importo chiesto in rimborso ed oggetto del singolo procedimento sia inferiore alla soglia fissata del diritto dell’UE, dovendo invece la relativa prova riguardare l’ammontare massimo totale dell’aiuto rientrante nella categoria de minimis su un periodo di tre anni a decorrere dal momento del primo aiuto, comprendendovi qualsiasi aiuto pubblico accordato, anche quale aiuto de minimis (cfr. Cass. n. 30927 del 2019, cit., che richiama Cass. n. 14465 del 2017).
3.3.2. Al riguardo, premesso che la prova delle suddette circostanze è a carico del soggetto che invoca il beneficio, per quanto riguarda, la ‘dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà’,
ammessa ai sensi dell’articolo 6, del sopra citato Regolamento (UE) n.1407/2013 e prodotta in giudizio dagli eredi per conto del de cuius, si rileva che essa, in ogni caso, non avrebbe avuto alcun valore, almeno per due ordini di ragioni. In primo luogo, perché la predetta dichiarazione sarebbe stata resa da soggetti che non possono rendere una dichiarazione sebbene con l’assunzione delle responsabilità di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445/2000 – su circostanze riferite al de cuius di cui gli stessi potrebbero non essere a conoscenza. A tutt’ammettere, soltanto il Contribuente potrebbe dichiarare se in aggiunta al rimborso per cui è causa ha percepito o meno altri emolumenti che, scontando la disciplina degli aiuti c.d. de minimis, potrebbero concorrere al superamento della soglia sopracitata. In secondo luogo, perché la dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà è un mezzo di prova che non è idoneo al fine per cui è causa.
3.1. Anche tale motivo è infondato.
E’ pacifico che la dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà può tenere luogo della prova ai fini per cui è causa (da ultimo Cass. 18613/2023) ed a quel punto, essendosi premesso che di tanto la CTR aveva contezza, la relativa valutazione resta riservata al giudice del merito attenendo ad un apprezzamento di fatto in ordine alla sufficienza e completezza con riguardo alla verifica dei requisiti ‘de minimis’.
Invero il fatto che la dichiarazione sia formulata dagli eredi dipende dalla circostanza oggettiva per cui la stessa non poteva essere resa dal contribuente in quanto deceduto. In proposito poi deve ricordarsi che a seguito del decesso l’erede subentra in tutti i diritti del de cuius, ed è quindi non solo il diretto interessato a tutti gli effetti, ma è l’unico soggetto autorizzato a rilasciare la dichiarazione in questione, dovendosi intendere lo stesso come succeduto nella posizione esatta in cui si trovava il de cuius stesso.
Il ricorso dev’essere dunque respinto, con aggravio di spese in capo alla ricorrente soccombente.
Nei confronti dell’Agenzia delle Entrate non sussistono i presupposti processuali per dichiarare l’obbligo di versare, ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , del d.p.r. n. 115 del 2002, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della I. n. 228 del 2012, un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, non potendo tale norma trovare applicazione nei confronti delle Amministrazioni dello Stato che, mediante il meccanismo della prenotazione a debito, sono esentate dal pagamento delle imposte e tasse che gravano sul processo (cfr. Cass.n.1778 del 29/01/2016).
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna la ricorrente al pagamento delle spese che liquida in € 5.800,00 oltre rimborso forfettario nel 15 % dell’onorario, i.v.a. e c.p.a. se dovute, oltre a esborsi per € 200,00.
Così deciso in Roma, il 10 dicembre 2024