Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 8276 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 8276 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 29/03/2025
DINIEGO RIMBORSO -IRPEF 2016.
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 9324/2023 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE in persona del Direttore protempore, domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Generale dello Stato dalla quale è rappresentata e difesa ex lege ,
-ricorrente –
contro
NOME COGNOME rappresentato e difeso dall’avv. NOME o NOME COGNOME e dall’avv. NOME COGNOME in virtù di procura speciale in calce al ricorso,
-controricorrente – avverso la sentenza della Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado dell’Abruzzo n. 145/02/2023, depositata il 22 febbraio 2023;
udita la relazione della causa svolta nell’adunanza in camera di consiglio del 17 dicembre 2024 dal consigliere relatore dott. NOME COGNOME
– Rilevato che:
Il contribuente NOME COGNOME in data 30 gennaio 2020, presentav a all’Agenzia delle Entrate Direzione provinciale de L’Aquila una richiesta di rimborso volta all’ottenimento della restituzione del 60% delle imposte versate durante il periodo di sospensione degli adempimenti e versamenti, seguiti a causa del sisma del 24 agosto 2016, per un importo complessivo di € 9.257,22, a fronte di un importo complessivamente versato di € 15.428,70 per IRPEF, addizionale comunale e regionale ed IVA.
Formatosi il silenzio-rifiuto sulla richiesta di rimborso, il COGNOME proponeva ricorso dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale de L’Aquila la quale, con sentenza n. 507/01/2021, depositata il 19 maggio 2021, lo accoglieva parzialmente, riconoscendo spettante il rimborso del 60% delle somme pagate negli anni d’imposta 2016 e 2017 a titolo di ritenute fiscali, nella misura di € 9.21 3,90, oltre interessi di legge, con esclusione delle somme versate per IVA.
Interposto gravame dall’Agenzia delle Entrate, la Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado (nuova denominazione della Commissione Tributaria Regionale) del l’Abruzzo , con sentenza n. 145/02/2023, pronunciata l’8 febbraio 2023 e depositata in segreteria il 22 febbraio 2023, rigettava l’appello, compensando le spese.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia delle Entrate , sulla base di un unico motivo (ricorso notificato il 24 aprile 2023).
Resiste con controricorso COGNOME
In data 23 maggio 2024 il Consigliere delegato emetteva proposta di definizione accelerata del ricorso ex art. 380bis , comma 1, c.p.c., ritenendo il ricorso inammissibile.
In data 3 luglio 2024 la ricorrente ha proposto istanza di trattazione e decisione ex art. 380bis , comma 2, c.p.c.
Con decreto del 1° agosto 2024 è stata quindi fissata la discussione del ricorso dinanzi a questa sezione per l’adunanza in camera di consiglio del 17 dicembre 2024, ai sensi degli artt. 375, secondo comma, e 380bis .1 cod. proc. civ.
Il controricorrente ha depositato memoria.
– Considerato che:
Con l’unico motivo di ricorso l’Agenzia delle Entrate eccepisce violazione e falsa applicazione del combinato disposto dell’art. 8, comma 2, d.l. 24 ottobre 2019, n. 123, conv. dalla legge 12 dicembre 2019, n. 156 e 48, commi 1bis , e 11 del d.l. 17 ottobre 2016, n. 189, conv. dalla legge 15 dicembre 2016, n. 229; 1, comma 1, lett. a ), n. 2) d.l. 29 magio 2018, n. 55, conv. dalla legge 24 luglio 2018, n. 89; 3, 53, 81 Cost., in relazione all’art. 360, comma 1, num. 3), c.p.c.
Deduce, in particolare, l’Ufficio ricorrente che, per i residenti nei comuni ricompresi nel c.d. ‘cratere sismico’ degli eventi tellurici del 24 agosto 2016, l’art. 48, comma 1 -bis , d.l. n. 189/2016, conv. dalla legge n. 229/2016, aveva disposto la sospensione dei pagamenti, escludendo, tuttavia, il diritto al rimborso di quanto eventualmente versato in mancanza
dell’opzione per la sospensione, in quanto la scelta di non avvalersi del beneficio in questione valeva come riconoscimento dell’assenza di stato di bisogno, che escludeva la sussistenza del diritto al successivo rimborso.
Il motivo è totalmente infondato.
L’art. 48, comma 1 -bis , d.l. n. 189/2016, conv. dalla legge n. 229/2016, prevede che «I sostituti d’imposta, indipendentemente dal domicilio fiscale, a richiesta degli interessati residenti nei comuni di cui agli allegati 1 e 2, non devono operare le ritenute alla fonte a decorrere dal 1° gennaio 2017 fino al 31 dicembre 2017. La sospensione dei pagamenti delle imposte sui redditi, effettuati mediante ritenuta alla fonte, si applica alle ritenute operate ai sensi degli articoli 23, 24 e 29 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600 e successive modificazioni. Non si fa luogo a rimborso di quanto già versato».
A sua volta, l’art. 8, comma 2, del d.l. n. 123/2019, conv. dalla legge n. 229/2019, dispone che «Gli adempimenti e i pagamenti delle ritenute fiscali e contributi previdenziali e assistenziali nonché dei premi per l’assicurazione obbligatoria di cui all’articolo 48, commi 11 e 13, del decreto-legge 17 ottobre 2016, n. 189, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 dicembre 2016, n. 229, sono effettuati a decorrere dal 15 gennaio 2020 con le modalità e nei termini fissati dalle medesime disposizioni, ma nel limite del 40 per cento degli importi dovuti».
Orbene, sostiene l’Agenzia delle Entrate che l’art. 48, comma 1bis , d.l. n. 189/2016, avrebbe introdotto una sospensione facoltativa, su richiesta del sostituito, dei versamenti dovuti dal
sostituto d’imposta a titolo di ritenute fiscali, per il pagamento delle imposte sui redditi di lavoro dipendente e sui redditi di lavori autonomo. La finalità della norma sarebbe stata quella di fornire ‘liquidità aggiuntiva’ alle persone fisiche danneggi ate dal sisma, onde consentire loro di far fronte ai danni materiali da questo prodotti. La mancata opzione per tale sospensione, dunque, ad avviso della ricorrente varrebbe a dimostrare l’assenza di difficoltà economica, legata al sisma, e quindi giustificherebbe la mancanza della restituzione di quanto eventualmente versato, nel mentre la riduzione del 60% delle imposte sarebbe applicabile solamente nei confronti di coloro che avevano richiesto la sospensione, stante il richiamo, da parte dell’art. 8, comma 2, d.l. n. 123/2019, all’art. 48, comma 11, d.l. n. 189/2016, che stabilisce le modalità di restituzione delle ritenute non versa te proprio in ragione dell’adesione alla consentita sospensione.
Orbene, questa Corte, con riferimento a fattispecie analoghe, ha costantemente ritenuto che la norma successiva, che riduce il tributo dovuto per un certo periodo di tempo, rende quest’ultimo, se pagato integralmente, una sorta di indebito, essendo venuta meno, benché a posteriori, la causa del versamento, con conseguente diritto ex lege del contribuente alla restituzione (Cass. 15 gennaio 2021, n. 596; Cass. 30 settembre 2019, n. 24307).
Una analoga questione interpretativa era stata risolta da questa Corte nel senso indicato relativamente alla situazione fiscale dei soggetti colpiti dal sisma del 13 e 16 dicembre 1990 per le province di Catania, Ragusa e Siracusa e ciò per effetto di un intervento normativo, simile a quello che interessa la
presente controversia, che aveva il carattere di ius superveniens , tale da rendere il già pagato non dovuto ex post (Cass. 1° ottobre 2007, n. 20641; più di recente Cass. 22 febbraio 2018, n. 4291).
Questa conclusione è rafforzata dal fatto che, in tema di sopravvenienza di disposizioni legislative con incidenza su obbligazioni pubbliche già perfezionatesi, che sopprimano o riducano la prestazione che ne costituiva oggetto, di fronte all’espressa previsione recata dalle stesse disposizioni di irripetibilità delle somme già versate in esecuzione del rapporto obbligatorio come conformato in precedenza, la Corte costituzionale ha espresso, con numerose pronunce, un univoco orientamento di non compatibilità costituzionale sotto il profilo della non ragionevolezza, atteso che, contraddittoriamente, da un lato, si rende insussistente l’obbligazione e, dall’altro lato, si rende irripetibile quanto già versato sine causa , nonché sotto il profilo del rispetto del principio di eguaglianza, considerato che ingiustificatamente si pratica un trattamento deteriore per il soggetto che, nel rispetto del quadro normativo previgente, abbia già provveduto all’adempimento rispetto a chi, versando nella medesima situazione, non abbia invece effettuato alcun pagamento, o pagato somme inferiori al dovuto (Corte cost. 22 luglio 2009, n. 227; Corte cost. 26 luglio 2005, n. 320). L’irragionevolezza e la violazione del principio di uguaglianza sono tanto più accentuati, ove si sia in presenza di interventi preordinati al sostegno di soggetti danneggiati da calamità maturali, non potendosi ammettere che si fruisca del beneficio nel solo caso di omesso adempimento dell’obbligazione pubblica, incidendo,
così, per quanto concerne le imprese, anche sulla concorrenza. Pertanto, ragioni logiche (il venire meno della causa del pagamento), giuridiche (l’operare delle regole sull’indebito) e di coerenza costituzionale (il rispetto dei principi di ragionevolezza ed uguaglianza) impongono di consentire al contribuente che ha pagato di domandare il rimborso, in maniera che egli non debba corrispondere, solo perché più diligente, un importo superiore a quello chiesto ad altri soggetti che si trovino nella medesima condizione (il risiedere nella zona colpita dal sisma).
Consegue il rigetto del ricorso.
Le spese di giudizio seguono la soccombenza della ricorrente, secondo la liquidazione di cui al dispositivo.
Rilevato che risulta soccombente parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica il d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1quater .
Ai sensi dell’art. 380 -bis , comma 3, c.p.c., la ricorrente deve essere condannata al pagamento, in favore della controparte, di una somma equitativamente determinata ex art. 96, comma 3, c.p.c. in € 1.500,00, nonché al pagamento di una somma in favore della C assa delle ammende, che viene determinata in € 1.500,00.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna la ricorrente alla rifusione, in favore di COGNOME COGNOME , delle spese del presente giudizio, che si liquidano in €
3.000,00 per compensi ed € 200,00 per esborsi, oltre 15% per rimborso spese generali, C.A.P. ed I.V.A.
Condanna la ricorrente al pagamento, in favore di COGNOME COGNOME , dell’ulteriore somma di € 1.500,00 ai sensi dell’art. 96, comma 3, c.p.c.
Condanna la ricorrente al pagamento, in favore della Cassa delle ammende, dell’ulteriore somma di € 1.500,00, ai sensi dell’art. 96, comma 4, c.p.c.
Così deciso in Roma, il 17 dicembre 2024.