Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 4811 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 4811 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 24/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
Agenzia delle Entrate , in persona del Direttore, legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa, ex lege , dall’Avvocatura Generale dello Stato, e domiciliata presso i suoi uffici, alla INDIRIZZO in Roma;
– ricorrente –
contro
COGNOME COGNOME rappresentato e difeso, giusta procura speciale allegata al controricorso, dall’Avv. NOME COGNOME che ha indicato recapito PEC, ed elettivamente domiciliato presso lo studio dell’Avv. NOME COGNOME, al INDIRIZZO in Roma;
-controricorrente –
avverso
la sentenza n. 5198, pronunciata dalla Commissione Tributaria Regionale della Sicilia, sezione staccata di Catania, il 23.12.2020, e pubblicata il 27.5.2021;
ascoltata, in camera di consiglio, la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
la Corte osserva:
OGGETTO: Irpef 2004 -Sisma Sicilia – Rimborso del 90% -Convalida dell’Agenzia -Corresponsione nella misura del 50% – Ottemperanza.
Fatti di causa
NOME COGNOME a seguito del silenzio-rifiuto opposto dall’Amministrazione finanziaria alla sua domanda di rimborso, relativa al 90% dei contributi versati con riferimento agli anni dal 1990 al 1992, in conseguenza della legislazione promulgata a seguito del sisma del dicembre 1990 in Sicilia (cfr. art. 9, comma 17, della legge n. 289 del 2002), proponeva ricorso innanzi alle Commissioni Tributarie e, al termine del giudizio di merito, conseguiva dalla CTR della Sicilia, sezione staccata di Catania, la sentenza dep. il 9.10.2018, n. 4176, divenuta definitiva, con la quale il giudice dell’appello ha condannato l’Agenzia delle Entrate al rimborso in suo favore della somma di Euro 16.341,83 (sent. CTR ott., p. 1). L’Amministrazione finanziaria corrispondeva al contribuente circa il 50% delle somme dovute, per un importo di Euro 7.649,64.
Non avendo conseguito integralmente il pur deliberato rimborso, il contribuente proponeva ricorso in ottemperanza innanzi alla Commissione Tributaria Regionale della Sicilia, sezione staccata di Catania. Come anticipato, risulta peraltro incontestato che l’Ente impositore ha versato al contribuente un importo pari a circa il 50% del dovuto, oltre accessori, restando l’Amministrazione finanziaria debitrice della residua somma (sent. CTR ott., p. 1). Il giudice monocratico della CTR della Sicilia, sez. staccata di Catania, reputava fondata la domanda del contribuente e, ritenuti integrati i presupposti di legge, nominava un commissario ad acta perché provvedesse agli adempimenti necessari al fine di assicurare attuazione al giudicato.
Avverso la decisione adottata dalla CTR, ricorre per cassazione l’Amministrazione finanziaria, affidandosi ad un unico, articolato, motivo di ricorso. Il contribuente resiste mediante controricorso.
Ragioni della decisione
Con il suo motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, nn. 3 e 4, cod. proc. civ., l’Amministrazione finanziaria contesta la violazione e falsa applicazione dell’art. 1, comma 665, della l. n. 190 del 2014, come modificato dall’art. 16 octies , comma 1, lett. a), b) e c), del D.L. n. 91 del 2017, convertito, con modificazioni, dalla l. n. 123 del 2017, e succ. modd., degli artt. 69, comma 5, e 70, commi 7 e 10, del D.Lgs. n. 546 del 1992, e dell’art. 2969 cod. civ., dell’art. 111 Cost. e del Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate del 26.9.2017, per avere la CTR omesso di applicare alla fattispecie lo ius superveniens di cui alle disposizioni richiamate, che ha previsto la riduzione del rimborso da corrispondere nella misura del 50%, ed aver erroneamente ritenuto che competesse all’Amministrazione finanziaria fornire una prova specifica dell’insufficienza dei fondi destinati ai rimborsi in relazione al sisma del 1990.
Occorre preliminarmente ribadire che, nel caso di specie, risulta definitivamente accertato il diritto del contribuente ad ottenere il rimborso integrale delle maggiori imposte versate negli anni dal 1990 al 1992, nella misura del novanta per cento delle somme versate.
2.1. Rimane invece in contestazione se la modifica legislativa introdotta dal D.L. n. 91 del 2017, come conv. e mod., il quale ha disposto la possibile riduzione al 50% del rimborso spettante ai soggetti che ne abbiano diritto e, addirittura, ha escluso per intero la corresponsione del rimborso in caso di insufficienza o di superamento delle risorse stanziate nel bilancio dello Stato, sia applicabile alla fattispecie, e quali conseguenze ne discendano.
2.1.1. Occorre quindi osservare che presentava evidenti interferenze, con la materia oggetto del presente giudizio, la questione sottoposta alla Corte costituzionale dalla Commissione Tributaria Provinciale di Siracusa con ordinanze del 9 ottobre 2020, richiamate anche nella sentenza impugnata. La Consulta si è
pronunciata con sentenza del 26.7.2022, n. 197, e può quindi procedersi alla definizione del giudizio.
3. In via preliminare occorre ancora rilevare che il contribuente ha criticato l’inammissibilità del ricorso introduttivo proposto dall’Amministrazione finanziaria per una pluralità di ragioni lamentando innanzitutto il consolidarsi della giurisprudenza di legittimità in materia in senso conforme alle sue pretese.
Pare allora opportuno ricordare che questa Corte regolatrice ha già avuto occasione di indicare la corretta interpretazione dell’art. 70, comma 10, d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, il quale limita le censure ammissibili contro la sentenza pronunciata in esito al giudizio di ottemperanza alle sole violazioni di natura procedimentale. In materia, è stato già chiarito che ‘la disposizione di cui all’art. 70 del D.Lgs. n.546/92 – a mente della quale il ricorso per cassazione contro la sentenza pronunciata in esito al giudizio di ottemperanza è ammesso per “violazione delle norme del procedimento” -va interpretata nel senso che è possibile denunciare alla Suprema Corte non soltanto la violazione delle norme disciplinanti il predetto giudizio, ma anche ogni altro error in procedendo in cui sia incorso il giudice dell’ottemperanza e, in particolare, il mancato o difettoso esercizio del potere – dovere di interpretare e eventualmente integrare il dictum costituito dal giudicato cui l’amministrazione non si sia adeguata o l’omesso esame di una pretesa che avrebbe dovuto trovare ingresso in quella sede’, Cass. sez. V, 1.12.2004, n. 22565 (conf., ex plurimis , Cass. 8.2.2008, n. 3057; Cass. 16.4.2014, n. 8830; 28.9.2018, n. 23487). Ebbene, nel caso di specie l’oggetto del ricorso per cassazione attinge proprio il difettoso esercizio del potere – dovere di integrare il dictum della sentenza da ottemperare, con riferimento ad una questione, quella dei limiti del rimborso, che, per giurisprudenza altrettanto consolidata, come infra si dirà,
doveva trovare ingresso proprio in sede di attuazione del comando giudiziale.
La questione centrale che occorre esaminare nel caso di specie, su cui insiste l’Amministrazione finanziaria e sulla quale le parti si sono confrontate, è se il rimborso del 90% delle imposte versate, riconosciuto in forma integrale al contribuente con decisione passata in giudicato, possa essere ‘falcidiato’ nella misura del 50% a titolo definitivo.
La CTR, adita in sede di ottemperanza, ha statuito con chiarezza sul punto e, ricordato che il contribuente ha già conseguito il rimborso di circa il 50% delle somme che gli sono dovute, ha ritenuto che egli abbia diritto al concreto versamento dell’ulteriore 50%, perché con la sentenza n. 4176/18 della CTR, passata in cosa giudicata, è stato riconosciuto il suo diritto al rimborso dell’intero importo richiesto, che deve perciò essere corrisposto. ‘Né può ritenersi che l’Agenzia delle Entrate abbia ottemperato alla suindicata sentenza … a nulla valendo la convalida in ordine al rimborso’, e risultando insufficiente, ai fini della completa ottemperanza, ‘il pagamento della somma pari al 50% dell’importo dovuto’. Inoltre, l’Agenzia delle Entrate ‘non ha adempiuto all’onere probatorio sulla stessa incombente’ (sent. CTR, p. 1 s.) di dimostrare la insufficienza dei fondi messi a disposizione per la esecuzione dei rimborsi in questione.
In conseguenza il giudice della CTR ha nominato il Commissario ad acta incaricato di dare attuazione all’integrale rimborso.
In materia questa Corte di legittimità si è espressa ripetutamente, ed ha recentemente statuito, con la decisione Cass. sez. V, 24.5.2022, n. 16830, adottata in analoga vicenda, che, ‘come questa Corte ha più volte ribadito ( ex multis , Cass., Sez. 6 5, Ordinanza n. 6213 del 14/03/2018, e Cass. n. 9785 del 2018, non massimata), i limiti quantitativi al rimborso delle maggiori imposte pagate, fino a concorrenza dell’apposito stanziamento con
riduzione del 50 per cento in ipotesi di eccedenza delle richieste, introdotti dalla norma sopravvenuta, attuata con il provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate prot. n. 195405/2017 del 26/09/2017, non incide sul titolo della ripetizione, ma unicamente sull’esecuzione dello stesso, delineandosi come un posterius rispetto all’odierno giudizio; peraltro, costituisce jus receptum l’affermazione che, in mancanza di disposizioni transitorie, non incida sui giudizi in corso l’introduzione, con legge sopravvenuta, di un diverso procedimento amministrativo di rimborso (tra le tante, Cass., Sez. 5, sentenza 24/04/2015, n. 8373, in tema di IVA), che rende complessivamente tuttora operanti e pienamente attuali i consolidati principi di diritto enunciati in materia da questa Corte’, Cass. sez. VI-V, 13.4.2022, n. 15789.
6.1. In buona sostanza il delineato ius superveniens , disciplinato dall’art. 1, comma 665, della l. n. 190 del 2014, come modificato dall’art. 16 octies del D.L. n. 91 del 2017, invocato dall’Ente impositore, ed attuato con il sopra citato provvedimento direttoriale, per nulla incide sul diritto al rimborso integrale spettante ai soggetti colpiti dal sisma del 1990, qual è l’odierno controricorrente, operando i limiti delle risorse stanziate e venendo in rilievo eventuali questioni sui consequenziali provvedimenti liquidatori emessi dall’Agenzia delle entrate soltanto in fase esecutiva e/o di ottemperanza (cfr., Cass. sez. VI-V, 11.10.2018, n. 32758, Cass. sez. V-VI, 27.9.2018, n. 28172, Cass. sez. VI-V, 22.11.2017, n. 29900).
6.2. Pertanto, ‘una volta premesso che la disciplina in questione trova la sua sede naturale nell’ambito dell’attuazione, e quindi nel giudizio d’ottemperanza, occorre individuarne gli effetti sul diritto al rimborso, nel caso di specie accertato con sentenza passato in giudicato. Invero l’art. 1, comma 665, della legge n. 190 del 2014 (come modificato dall’art. 16-octies del d.l. n. 91 del 2017 e poi dall’art. 29 del d.l. n. 162 del 2019, ed integrato dal citato
provvedimento direttoriale del 26 settembre 2017), allorquando dispone che, qualora l’ammontare delle istanze di rimborso ecceda le complessive risorse stanziate (in ultimo nell’importo di euro 160.000.000,00, senza ripartizione annuale) dalla medesima norma, «i rimborsi sono effettuati applicando la riduzione percentuale del 50 per cento sulle somme dovute», e che «a seguito dell’esaurimento delle risorse stanziate dal presente comma non si procede all’effettuazione di ulteriori rimborsi», non prevede una falcidia sostanziale del quantum del relativo credito del contribuente , nel caso di specie accertato con sentenza irrevocabile. Piuttosto, il complesso normativo in questione determina le modalità e le procedure di effettuazione del rimborso, regolando il relativo procedimento secondo criteri di ordinata contabilità dello Stato e, tenuto conto della limitatezza delle risorse stanziate e disponibili, ne disciplina l’impiego con l’intento di escludere, per quanto possibile, sperequazioni tra i singoli aventi diritto nel medesimo contesto cronologico e finanziario.
Nella sostanza, quindi, l’avente diritto al rimborso che, per effetto della descritta disciplina di attuazione, sia stato soddisfatto solo per metà del suo credito, o addirittura non sia stato affatto soddisfatto, non perde comunque il diritto all’integrale adempimento del rimborso, così come accertato ormai irrevocabilmente …
L’eventuale verificata incapienza, con riferimento al momento dell’effettiva attuazione, delle risorse stanziate sugli ordinari capitoli di spesa utilizzati per il rimborso delle imposte sui redditi e dei relativi interessi, nel limite di cui all’ art. 1, comma 665, legge n. 190 del 2014, (come, da ultimo, modificato dal d.l. n. 162 del 2019) e di eventuali successivi ulteriori stanziamenti, se preclude, in tutto o in parte, l’ ‘effettuazione’ del rimborso ai sensi della medesima norma e del relativo provvedimento direttoriale che l’ha integrata, non determina, per quanto già argomentato, l’estinzione,
parziale o integrale, del relativo diritto sostanziale del contribuente, e non preclude quindi definitivamente, né procrastina sine die , la sua attuazione, secondo gli strumenti a disposizione dell’Amministrazione e, dunque, del commissario ad acta nominato dal giudice dell’ottemperanza che nella relativa sentenza deve precisare il quomodo dell’intervento sostitutivo. A tal fine, va considerato che secondo la stessa prassi amministrativa (nota n. 32882 del 25 marzo 2002 del Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato del Ministero dell’Economia e delle Finanze; nota n. 2002/81152 del 11 aprile 2002 della Direzione Centrale Amministrativa dell’Agenzia delle Entrate; circolare dell’Agenzia delle entrate 4 febbraio 2003, n. 5/E, § 4; circolare della Ragioneria generale dello Stato n. 24/2014, § 6 e 7, con specifico riferimento alle Agenzie fiscali ed al giudizio di ottemperanza tributario; cfr. altresì circolare della Ragioneria generale dello Stato n. 24/2015, con riferimento alla dematerializzazione dello speciale ordine di pagamento), l’Agenzia delle entrate, ed in sostituzione di quest’ultima il commissario ad acta , allo scopo di consentire che il giudicato trovi attuazione, sono eventualmente legittimati anche all’emanazione dello speciale ordine di pagamento in conto sospeso di cui all’art. 14, comma 2, d.l. 31 dicembre 1996, n. 669 convertito nella legge 28 dicembre 1997, n. 30 (ed integrato dai d.m. 1 ottobre 2002 e 24 giugno 2015, relativamente alle modalità ed alle caratteristiche dell’ordine di pagamento), con il quale l’Amministrazione dello Stato può eseguire comunque il pagamento mediante emissione di uno speciale ordine rivolto all’istituto tesoriere (Banca d’Italia), al quale chiede di ‘anticipare’ le somme necessarie ad effettuarlo, registrandolo in conto sospeso, in attesa della regolarizzazione contabile, che avverrà non appena saranno rese disponibili le necessarie risorse sul pertinente capitolo, con conseguente ripianamento dell’anticipazione. L’ordine può essere emesso in presenza di due presupposti: la sussistenza di
provvedimenti giurisdizionali o lodi arbitrali aventi efficacia esecutiva, e l’assenza di disponibilità finanziaria nel pertinente capitolo di spesa.
La ratio del relativo procedimento contabile è quella di evitare gli aggravi di spesa, inerenti la procedura esecutiva, e di consentire alla PA di provvedere al pagamento spontaneo per limitare il più possibile i danni al pubblico erario, derivanti dall’effettivo azionamento della procedura esecutiva e dal conseguente possibile blocco dell’attività amministrativa, contemperando in tal modo l’interesse del singolo alla realizzazione del suo diritto con quello generale ad un’ordinata gestione delle risorse finanziarie pubbliche. La procedura in parola può quindi essere esperita nell’ipotesi di concreta impossibilità, nei termini consentiti, di effettuare i pagamenti a carico dei pertinenti capitoli ordinari di spesa, compreso dunque quello utilizzato per il rimborso delle imposte sui redditi e dei relativi interessi.
Può quindi concludersi rilevando che la soluzione interpretativa prospettata, escludendo la falcidia del credito accertato, cosi come la sua incerta dilazione , non solo è costituzionalmente orientata , per quanto già rilevato, ma è pure conforme ai precetti della Convenzione europea dei diritti dell’uomo , rispetto alla quale il largo margine di apprezzamento pur riconosciuto agli Stati nel regolare la materia fiscale (art. 1, comma 2, Protocollo n. 1) va letto alla luce del principio del “giusto equilibrio” (comma 1), in termini di giustificazione e proporzione (CEDU, 03/07/2003, RAGIONE_SOCIALE), non diversamente dalle fattispecie espropriative (CEDU, 16/03/2010, Di RAGIONE_SOCIALE)’ (evidenza aggiunta).
6.2.1. Al fine di sintetizzare le conclusioni della valutazione espressa ed innanzi riportata, Cass. sez. V, 24.5.2022, n. 16830, ha quindi dettato il condivisibile principio di diritto secondo cui: «Nel giudizio tributario di ottemperanza di cui all’art. 70 d.lgs. n. 546 del 1992, il giudice dell’ottemperanza, adito dal contribuente
per l’esecuzione del giudicato scaturente da decisione ricognitiva del diritto al rimborso d’imposte per effetto di benefici fiscali accordati in conseguenza di eventi calamitosi, deve accertare la disponibilità degli appositi fondi stanziati ai sensi dell’art. 1, comma 665, legge n. 190 del 2014 – come modificato dall’art. 16-octies d.l. n. 91 del 2017 e dall’art. 29 d.l. n. 162 del 2019 – e, in caso di verificata incapienza , deve attivare, con determinazioni specifiche anche tramite la nomina di un commissario ad acta, le procedure particolari previste dalla normativa di contabilità pubblica per dare completa esecuzione alla decisione del giudice di merito, compresa l’emissione dello speciale ordine di pagamento in conto sospeso , non essendo desumibile dalla normativa di riferimento, interpretata alla luce dei principi costituzionali e convenzionali, alcuna possibile falcidia di diritti patrimoniali del contribuente giudizialmente accertati» (evidenza aggiunta, conf. cfr., tra le altre, Cass. sez. VIV, 15.12.2022, n. 36705).
6.3. Nel caso di specie, erra pertanto l’Agenzia delle Entrate ad affermare la tesi secondo cui la mera ‘convalida’ del rimborso, e la sua corresponsione nella misura del 50% delle somme dovute, come accertate con sentenza definitiva, possano intendersi quale completa ottemperanza al giudicato, come correttamente ritenuto dal giudice del gravame.
6.4. Il giudice dell’ottemperanza avrebbe però dovuto verificare l’effetto, nel senso già precisato, dell’art. 1, comma 665, legge n. 190 del 2014 – come modificato dall’art. 16 octies d.l. n. 91 del 2017 e dall’art. 29 d.l. n. 162 del 2019 – sulle modalità di attuazione del rimborso nel caso di specie, adottando di conseguenza i provvedimenti specifici indispensabili all’ottemperanza, ovvero determinando il quomodo dell’attuazione stessa, a seconda della capienza o meno delle risorse stanziate, applicando il principio appena illustrato.
Il ricorso proposto dall’Amministrazione finanziaria deve essere quindi accolto nei termini sinora precisati, e la sentenza impugnata va pertanto cassata con rinvio al giudice a quo , affinché proceda a nuovo giudizio nel rispetto del predetto principio.
La Corte di Cassazione,
P.Q.M.
Accoglie nei termini di cui in motivazione il ricorso introdotto dall’ Agenzia delle Entrate , cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Sicilia, sezione staccata di Catania, in funzione di giudice dell’ottemperanza perché, in diversa composizione e nel rispetto dei principi esposti, proceda a nuovo giudizio, e provveda anche a disciplinare le spese di lite del processo di legittimità tra le parti.
Così deciso in Roma, il 19.2.2025.