Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 2461 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 2461 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 25/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 5750/2020 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (P_IVAP_IVA che la rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Sicilia- sez. di Catania n. 4392/2019 depositata il 10/07/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 29/11/2023 dal Co: COGNOME NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Il contribuente COGNOME NOME adiva il giudice di prossimità impugnando il silenzio rifiuto formatosi sulla richiesta di rimborso presentata ai sensi dell’art. 9, comma 17, l. n. 289 del 2002 ed avente ad oggetto il 90% degli importi versati a titolo di Iperf per il triennio 1990/1992 a seguito del terremoto verificato in Sicilia nel dicembre del 1990.
I due giudizi di merito e il seguente giudizio di legittimità esitavano in favore del contribuente. Pertanto, egli si rivolgeva nuovamente alla CTR, questa volta in veste di giudice dell’ottemperanza sulla sentenza n. 3906/13/2016 resa dalla CTR di Catania ed ormai passata in giudicato, stante il mancato rimborso di quanto riconosciutogli.
L’Ufficio si costituiva rilevando di aver provveduto a quanto di sua competenza, ossia alla convalida RAGIONE_SOCIALE somme da rimborsare, tenuto conto che l’erogazione formale era rimessa alla competenza della DC di Roma.
Sulla scorta di quanto sopra, la CTR riteneva sussistenti presupposti per dar seguito all’ottemperanza del giudicato, all’uopo nominando un Commissario ad acta.
Avverso la decisione del giudice dell’ottemperanza ricorre l’A genzia RAGIONE_SOCIALE entrate, svolgendo due motivi di censura, cui resiste il contribuente con tempestivo controricorso.
In prossimità dell’adunanza, il contribuente ha depositato memoria a sostegno RAGIONE_SOCIALE proprie ragioni dove, tra l’altro, dà atto dell’avvenuto integrale pagamento del proprio credito.
CONSIDERATO
Vengono proposti due motivi di censura.
Con il primo motivo di doglianza l’Amministrazione finanziaria avanza censura ex art. 360, co. 1, n. 4 c.p.c. per violazione e/o falsa applicazione degli artt. 36 del d.lgs. n. 546/1992, 132, co. 2, n. 4 c.p.c. e 112 c.p.c.
In sostanza denunzia l’illegittimità della sentenza perché affetta da motivazione apparente, essendosi la CTR limitata ad accogliere il gravame del contribuente senza fornire alcuna motivazione in ordine alle osservazioni rese dall’Ufficio e di cui all’allegato 6 del ricorso.
Il motivo è infondato.
La deduzione di un vizio di motivazione della sentenza impugnata con ricorso per cassazione conferisce infatti al giudice di legittimità non già il potere di riesaminare il merito dell’intera vicenda processuale sottoposta al suo vaglio, bensì la mera facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico-formale, RAGIONE_SOCIALE argomentazioni svolte dal giudice del merito, cui in via esclusiva spetta il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di assumere e valutare le prove, di controllarne l’attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi, di dare (salvo i casi tassativamente previsti dalla legge) prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti (v. Cass., IV, n. 8718/2005, n. 4842/2006, Cass. V, n. 5583/2011).
Non ricorre vizio di omessa pronuncia su punto decisivo qualora la soluzione negativa di una richiesta di parte sia implicita nella costruzione logico-giuridica della sentenza, incompatibile con la detta domanda (v. Cass., 18/5/1973, n. 1433; Cass., 28/6/1969, n.2355). Quando cioè la decisione adottata in contrasto con la pretesa fatta valere dalla parte comporti necessariamente il rigetto di quest’ultima, anche se manchi una specifica argomentazione in proposito (v. Cass., 21/10/1972, n. 3190; Cass., 17/3/1971, n.
748; Cass., 23/6/1967, n.1537). Secondo risalente insegnamento di questa Corte, al giudice di merito non può invero imputarsi di avere omesso l’esplicita confutazione RAGIONE_SOCIALE tesi non accolte o la particolareggiata disamina degli elementi di giudizio non ritenuti significativi, giacché né l’una né l’altra gli sono richieste, mentre soddisfa l’esigenza di adeguata motivazione che il raggiunto convincimento come nella specie risulti da un esame logico e coerente, non già di tutte le prospettazioni RAGIONE_SOCIALE parti e le emergenze istruttorie, bensì solo di quelle ritenute di per sé sole idonee e sufficienti a giustificarlo. In altri termini, non si richiede al giudice del merito di dar conto dell’esito dell’avvenuto esame di tutte le prove prodotte o comunque acquisite e di tutte le tesi prospettategli, ma di fornire una motivazione logica ed adeguata dell’adottata decisione, evidenziando le prove ritenute idonee e sufficienti a suffragarla, ovvero la carenza di esse (cfr. Cass. V, n. 5583/2011).
Non ricorre il vizio di mancata pronuncia su una eccezione di merito sollevata in appello qualora essa, anche se non espressamente esaminata, risulti incompatibile con la statuizione di accoglimento della pretesa dell’attore, deponendo per l’implicita pronunzia di rigetto dell’eccezione medesima, sicché il relativo mancato esame può farsi valere non già quale omessa pronunzia, e, dunque, violazione di una norma sul procedimento (art. 112 c.p.c.), bensì come violazione di legge e difetto di motivazione, in modo da portare il controllo di legittimità sulla conformità a legge della decisione implicita e sulla decisività del punto non preso in considerazione (Cass. III, n. 24953/2020).
Né ricorre, nel caso in esame, l’ulteriore paventata ipotesi di motivazione apparente. Deve premettersi che è ormai principio consolidato nella giurisprudenza di questa Corte l’affermazione secondo la quale (Cass. VI- 5, n. 9105/2017) ricorre il vizio di omessa o apparente motivazione della sentenza allorquando il
giudice di merito ometta ivi di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero li indichi senza un’approfondita loro disamina logica e giuridica, rendendo, in tal modo, impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento. In tali casi la sentenza resta sprovvista in concreto del c.d. “minimo costituzionale” di cui alla nota pronuncia RAGIONE_SOCIALE Sezioni Unite di questa Corte (Cass. S.U, n. 8053/2014, seguita da Cass. VI – 5, n. 5209/2018). In termini si veda anche quanto stabilito in altro caso (Cass. Sez. L, Sentenza n. 161 del 08/01/2009) nel quale questa Corte ha ritenuto che la sentenza è nulla ai sensi dell’art. 132, secondo comma, n. 4, c.p.c., ove risulti del tutto priva dell’esposizione dei motivi sui quali la decisione si fonda ovvero la motivazione sia solo apparente, estrinsecandosi in argomentazioni non idonee a rivelare la ratio decidendi (cfr. Cass V, n. 24313/2018).
Con il secondo motivo di ricorso si lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 1, comma 665, della l. n. 190 del 2014, come modificato dall’art. 16 -octies del d.l. n. 91 del 2017, convertito dalla l. n. 123 del 2017 e dell’art. 9, co. 17, l. n. 289/2002 in relazione all’art. 360, co. 1, n. 3 c.p.c. nonché la violazione e falsa applicazione degli artt. 62 bis e 70, co. 10, d.lgs. n. 546/1992 in parametro all’art. 360, co. 1, n. 4 c.p.c.
In sostanza, la ricorrente critica la sentenza per non avere la CTR considerato, in sede di ottemperanza, i limiti quantitativi al rimborso imposti dalla norma suddetta e dal provvedimento direttoriale n. 195405/2017, applicabile anche al caso di specie tenuto conto che la sentenza gravata era stata pubblicata successivamente all’entrata in vigore del citato art. 16 -octies.
Il motivo, così come posto, è infondato.
In via preliminare va richiamato il principio di diritto espresso da questa Corte quanto all’interpretazione dell’art. 70, comma 10, d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, che limita le censure ammissibili
contro
la sentenza pronunciata in esito al giudizio di ottemperanza alle sole violazioni di natura procedimentale. Sul punto questa Corte ha chiarito che detta disposizione va interpretata nel senso che è possibile denunciare non soltanto la violazione RAGIONE_SOCIALE norme disciplinanti il predetto giudizio, ma anche ogni altro error in procedendo in cui sia incorso il giudice dell’ottemperanza, ivi incluso il mancato o difettoso esercizio del potere – dovere di interpretare e eventualmente integrare il dictum costituito dal giudicato cui l’amministrazione non si sia adeguata o l’omesso esame di una pretesa che avrebbe dovuto trovare ingresso in quella sede. (Cass. n. 23379 del 26/07/2022; Cass. 19/05/2022, n. 16289, Cass. 28/09/2018, n. 23487). Va ancora premesso che è costante l’interpretazione di questa Corte, secondo cui lo ius superveniens introdotto dall’art. 16-octies d.l. 20 giugno 2017 n.91, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2017 n. 123 ed attuato con il sopra citato provvedimento direttoriale non incide sulla questione del diritto al rimborso spettante ai soggetti colpiti dal sisma del 1990, operando i limiti RAGIONE_SOCIALE risorse stanziate, e venendo in rilievo eventuali questioni sui consequenziali provvedimenti liquidatori emessi dall’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE entrate, soltanto in fase esecutiva e/o di ottemperanza (ex multis Cass. 22/02/2018, n. 4291; Cass. 25/03/2021, n. 8393; 22/04/ 2021, nn. 10714 e 10716; Cass. 13/11/2020, n. 25818; Cass. 30/09/2020, n. 20790; Cass. 22/02/2019, n. 5300).
Tanto premesso va ribadito l’orientamento secondo cui «la disciplina dei limiti di attuazione del diritto al rimborso, nella materia controversa, si applica anche quando il relativo diritto sia stato accertato con sentenza definitiva, a seguito di contenzioso con l’Amministrazione, ed occorre esaminare le ulteriori conseguenze. Si è innanzitutto specificato, infatti, che se la questione attiene alla fase esecutiva, ‘qualunque sia il titolo del rimborso, compreso quello giudiziale, esso sarà sottoposto alle
modalità regolamentate dal comma 665 dell’art. 1 della l. n. 190 del 2014, come modificato dall’art. 16 octies del d.l. n. 91 del 2017, convertito con l. n. 123 del 2017’, Cass. sez. V, 15.03.2019, n. 7368 (in motivazione). Nello stesso senso, si è ribadito che ‘in tema di rimborso IRPEF, i limiti quantitativi introdotti dall’art. 16octies del d.l. n. 91 del 2017 si applicano ai giudizi esecutivi instaurati dopo la relativa entrata in vigore, essendo indifferente che il titolo esecutivo azionato derivi da un accertamento in via amministrativa compiuto dall’amministrazione fiscale o dal passaggio in giudicato della sentenza resa all’esito dell’instaurazione del giudizio di accertamento del diritto alla ripetizione della maggiore imposta versata’ (Cass. sez. VI -5, 14.10.2021, n. 28108). Invero l’art. 1, comma 665, della legge n. 190 del 2014 (come modificato dall’art. 16 octies del d.l. n. 91 del 2017 e poi dall’ art. 29 del d.l. n. 162 del 2019, ed integrato dal provvedimento direttoriale del 26 settembre 2017), allorquando dispone che, qualora l’ammontare RAGIONE_SOCIALE istanze di rimborso ecceda le complessive risorse stanziate (in ultimo nell’importo di euro 160.000.000,00, senza ripartizione annuale) dalla medesima norma, «i rimborsi sono effettuati applicando la riduzione percentuale del 50 per cento sulle somme dovute», e che «a seguito dell’esaurimento RAGIONE_SOCIALE risorse stanziate dal presente comma non si procede all’effettuazione di ulteriori rimborsi», non prevede una falcidia sostanziale del quantum del relativo credito del contribuente, nel caso di specie accertato con sentenza irrevocabile. Piuttosto, il complesso normativo in questione determina le modalità e le procedure di effettuazione del rimborso, regolando il relativo procedimento secondo criteri di ordinata contabilità dello Stato e, tenuto conto della limitatezza RAGIONE_SOCIALE risorse stanziate e disponibili, disciplinando l’impiego di queste ultime con l’intento di escludere, per quanto possibile, sperequazioni tra i singoli aventi diritto nel medesimo contesto cronologico e
finanziario. Nella sostanza, quindi, l’avente diritto al rimborso che, per effetto della descritta disciplina di attuazione, sia stato soddisfatto solo per metà del suo credito, o addirittura non sia stato affatto soddisfatto, non perde comunque il diritto all’integrale adempimento del rimborso, cos ì come accertato ormai irrevocabilmente. A tale conclusione conduce innanzitutto la stessa lettera RAGIONE_SOCIALE disposizioni in questione, che si riferiscono unicamente all’ ‘effettuazione dei rimborsi’ e non al diritto sostanziale che ne è oggetto. Questa Corte, con giurisprudenza costante ed uniforme, ha affermato che lo ius superveniens introdotto dall’art. 16 octies del d.l. 20 giugno 2017, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2017 n. 123, ed attuato con il citato provvedimento direttoriale – essendosi limitato a precisare che il rimborso di quanto indebitamente versato spetta ai soggetti specificamente individuati nei limiti RAGIONE_SOCIALE risorse stanziate e, in caso di eccedenza, con la riduzione percentuale sulle somme dovute; e che, a seguito dell’esaurimento RAGIONE_SOCIALE risorse, non si procede all’effettuazione di ulteriori rimborsi – non incide sulla questione del diritto al rimborso spettante ai soggetti colpiti dal sisma del 1990, operando i limiti RAGIONE_SOCIALE risorse stanziate, e venendo in rilievo eventuali questioni sui consequenziali provvedimenti liquidatori emessi dall’RAGIONE_SOCIALE entrate, soltanto in fase esecutiva e/o di ottemperanza ( ex multis , Cass. 22/02/2018, n. 4291; Cass. 25/03/2021, n. 8393; 22/04/2021, nn. 10714 e 10716; Cass. 13/11/2020, n. 25818; Cass. 30/09/2020, n. 20790; Cass.22/02/2019, n. 5300). Va quindi ricordato il principio di diritto, già formulato, per le medesime considerazioni, da questa Corte (Cass. 19/05/2022, n. 16289; conformi, e pluribus , Cass. n. 16659 del 2022; Cass. n. 18358 del 2022; Cass. n. 18683 del 2022; Cass. n. 18716 del 2022; Cass. n. 30692 del 2022; Cass. n. 30698 del 2022; Cass. n. 901 del 2023; Cass. n. 1158 del 2023; Cass. n. 11591 del 2023; Cass. n. 1160 del 2023; Cass. n. 1945 del 2023), secondo cui «nel
giudizio tributario di ottemperanza di cui all’art. 70 d.lgs. n. 546 del 1992, il giudice dell’ottemperanza, adito dal contribuente per l’esecuzione del giudicato scaturente da decisione ricognitiva del diritto al rimborso d’imposte per effetto di benefici fiscali accordati in conseguenza di eventi calamitosi, deve accertare la disponibilità degli appositi fondi stanziati ai sensi dell’art. 1, comma 665, legge n. 190 del 2014 – come modificato dall’art. 16-octies d.l. n. 91 del 2017 e dall’art. 29 d.l. n. 162 del 2019 – e, in caso di verificata incapienza, deve attivare, con determinazioni specifiche anche tramite la nomina di un commissario ad acta, le procedure particolari previste dalla normativa di contabilità pubblica per dare completa esecuzione alla decisione del giudice di merito, compresa l’emissione dello speciale ordine di pagamento ‘in conto sospeso’, non essendo desumibile dalla normativa di riferimento, interpretata alla luce dei principi costituzionali e convenzionali, alcuna possibile falcidia di diritti patrimoniali del contribuente giudizialmente accertati»(Cass. sez. V, 19.5.2022, n. 16289). È dunque in tale contesto dell’attività cognitiva e ricostruttiva degli obblighi sanciti dalla sentenza, ormai definitiva, che il giudice dell ‘ ottemperanza ha in ogni caso il potere ed il dovere di compiere gli accertamenti indispensabili a delimitare l’effettiva portata precettiva della decisione da attuare, che nel caso di specie si estendono alla verifica di tutti i presupposti e di tutte le condizioni che determinano, nel senso sinora precisato, il rimborso da erogare, in considerazione RAGIONE_SOCIALE risorse disponibili, ai sensi dell’art. 16-octies d.l. n. 91 del 2017, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 123 del 2017, e del conseguente provvedimento direttoriale (Cfr. Cass, T, n. 11871/2023).
Il giudice dell’ottemperanza, pur senza aver verificato l’effetto della disposizione in questione sulle modalità di attuazione del rimborso nel caso di specie, adottando di conseguenza i provvedimenti specifici indispensabili all ‘ ottemperanza, ovvero
determinando il quomodo dell ‘ attuazione stessa, a seconda della capienza o meno RAGIONE_SOCIALE risorse stanziate, ha comunque nominato il commissario ad acta , applicando nella sostanza il principio appena illustrato (Cfr. ancora Cass, T, n. 11871/2023).
Peraltro, l’intervenuto pagamento integrale dimostra, per altra via, la possibilità in concreto di adempiere al comando della sentenza qui in scrutinio.
In definitiva, il ricorso è infondato e tale va dichiarato, le seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo, con distrazione a favore dell’avvocato qualificatosi antistatario.
Rilevato che risulta soccombente parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, non si applica l’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna la ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità, che liquida in €.duemila/00, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in €. 200,00, ed agli accessori di legge da distrarsi in favore del difensore del controricorrente dichiaratosi antistatario.
Così deciso in Roma, il 29/11/2023.