Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 10732 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 10732 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 23/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 28303/2022 R.G. proposto da
RAGIONE_SOCIALE
: , con l’AVV_NOTAIO
-ricorrente- contro
AGENZIA DELLE RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato
-controricorrente- avverso la Sentenza della Commissione Tributaria di II grado di Bolzano n. 20/2022 depositata il 11/04/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 14/04/2025 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
1. La società RAGIONE_SOCIALE, esercente l’attività di ‘produzione di energia elettrica’, avente il domicilio fiscale fino al 19/12/2015 a Brenzone (VR), INDIRIZZO, successivamente a Bolzano, INDIRIZZO, con due distinti ricorsi notificati in data 13 agosto 2019, impugnava dinnanzi alla Commissione Tributaria di I grado di Bolzano il silenzio/diniego avverso le richieste di rimborso, correlate all’agevolazione c.d. “Tremonti ambiente” di cui all’art. 6 della L. n. 388/2000, di cui fruiva per aver effettuato investimenti finalizzati all’acquisto di impianti fotovoltaici, perfezionatosi -secondo la sua prospettazione – a seguito della presentazione telematica all’RAGIONE_SOCIALE
RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE rispettivamente: – del modello Unico SC 2016, avvenuta in data 18/12/2017, con richiesta di rimborso, nel quadro RX, dell’importo di euro 147.013,00, relativo all’imposta sul reddito IRES indebitamente versata per l’anno d’imposta 2015; – del modello Unico SC 2017, avvenuta in data 31/10/2017, con richiesta di rimborso, nel quadro RX, dell’importo di euro 55.000,00 relativo all’imposta sul reddito IRES indebitamente versata per l’anno d’imposta 2016.
Si costituiva l’RAGIONE_SOCIALE, eccependo l’inammissibilità del ricorso per non essersi perfezionato alcun rifiuto da parte dell’Amministrazione stessa, ed essendo preclusa la possibilità per il contribuente di procedere alla richiesta di rimborso prima che venissero conclusi i riscontri amministrativi di cui all’art. 36-bis del DPR n. 600/73. Osservava inoltre l’Ufficio che, anteriormente alla presentazione del ricorso, le dichiarazioni di cui si controverte erano state sottoposte a controllo formale, a cui seguiva una comunicazione di irregolarità ex art. 36-bis del DPR n. 600/73 ed il parziale disconoscimento dei crediti esposti nel quadro RX1 del modello Unico SC 2016 e 2017. Deduceva inoltre che la società aveva presentato dichiarazioni integrative con riferimento agli anni di imposta dal 2014 e ss., come se l’investimento fosse stato realizzato in quell’ anno. Al contrario, per usufruire legittimamente dell’agevolazione, essa avrebbe dovuto indicare la detassazione ambientale nella dichiarazione dei redditi del 2010 relativa all’ anno d’imposta 2009 (ossia nell’ esercizio in cui è stato effettivamente realizzato l’investimento ambientale) o, in alternativa, indicare tempestivamente la variazione in diminuzione in sede di dichiarazione integrativa ai sensi dell’art. 2 comma 8 bis del D.P.R. n. 322/1998.
La Commissione Tributaria di I grado accoglieva il ricorso, respingendo l’eccezione di inammissibilità e ritenendo emendabili le dichiarazioni. I giudici di prime cure ritenevano legittimo il ricorso
allo strumento della dichiarazione integrativa di cui al D.P.R. n. 322/98 per esporre perdite fiscali realmente sussistenti e dimostrabili, sebbene queste ultime fossero sorte in un periodo d’imposta antecedente e ne fosse stata omessa l’indicazione nella dichiarazione originaria.
Quindi la Commissione di II grado, in accoglimento dell’appello dell’Ufficio , dichiarava inammissibile il ricorso perché tardivamente proposto, avendo la contribuente omesso di impugnare nel termine di 60 giorni le comunicazioni di parziale rigetto del rimborso effettuate a seguito dei controlli formali condotti ai sensi dell’art. 36 del D.P.R. n. 600/73. Tale omissione avrebbe, pertanto, determinato acquiescenza.
Avverso la sentenza indicata in epigrafe la contribuente propone ricorso in cassazione con due motivi, illustrati con memoria difensiva ex art. 380-bis.1 c.p.c., e resiste con controricorso l’RAGIONE_SOCIALE.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso, rubricato: «Nullità della sentenza ai sensi dell’art. 360, 1 comma, n. 4 c.p.c. nella parte in cui si è pronunciata sull’inammissibilità del ricorso di primo grado rispetto ad una nuova questione proposta per la prima volta in appello. Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 56, 57 e 58 Dlgs. 546/92, degli artt. 112 e 345 c.p.c. , la ricorrente deduce il vizio di ultrapetizione cui sarebbe incorsa la CTR.
1.1. Nel corso del giudizio di primo grado, rileva la ricorrente, l’Ufficio aveva eccepito l’inammissibilità del ricorso per assenza di un atto autonomamente impugnabile. Tale eccezione veniva successivamente ampliata contestando anche l’omessa indicazione della detassazione ambientale nell’esercizio di realizzazione dell’investimento ambientale o, in alternativa, l’omessa presentazione di una dichiarazione integrativa in relazione al medesimo esercizio.
1.2. La società contribuente deduce che l’RAGIONE_SOCIALE, nel giudizio di appello, avrebbe quindi ecce pito l’ inammissibilità dei ricorsi in base ad argomentazioni, totalmente differenti rispetto a quelle esposta in primo grado, secondo cui l’ inammissibilità non era da imputare all’assenza di un atto autonomamente impugnabile, in violazione dell’art. 19 Dlgs. 546/1992, quanto piuttosto all’inutile decorso dei termini sanciti dall’art. 21 del medesimo decreto. In particolare, aveva dedotto l’Ufficio, l’esito del controllo formale della dichiarazione dei redditi comunicato ex art. 36-bis D.P.R. 600/73 doveva essere interpretato come l’equivalente di un atto di diniego al rimborso, e come tale autonomamente impugnabile nei termini di cui al citato art. 21.
Afferma pertanto la ricorrente che i giudici del merito avrebbero dovuto rilevare l’inammissibilità dell’appello per mutamento della causa petendi .
1.3. La censura è infondata, osservandosi, in via dirimente, che ai sensi dell’ art. 21 D.Lgs. n. 546/1992, nel processo tributario il ricorso deve essere proposto, a pena di inammissibilità, entro sessanta giorni dalla notifica dell’atto impugnato.
Il termine è perentorio e non è disponibile a cura RAGIONE_SOCIALE parti, dunque l’inammissibilità del ricorso è rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio, anche se la parte resistente si costituisce, con la conseguenza che la sua condotta silente od acquiescente non può avere alcun effetto sanante (Cass.nn.26391/2010, 21356/2012, 4247/2013).
Con il secondo motivo di ricorso si denuncia la: «Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 36 bis D.P.R. 600/73 e dell’art. 6 commi da 13 a 19, L. 388/2000 nonché del combinato disposto di cui agli artt. 19 D.lgs. 546/1992, 6, comma 5 e 7 L. 212/2000, in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c. . Sostiene la ricorrente che sarebbe illegittimo attribuire all’esito del controllo formale della dichiarazione dei redditi (ossia alla comunicazione di irregolarità) un’efficacia
analoga ad un provvedimento di diniego, sia in quanto il legislatore non prevede applicazioni estensive a fattispecie diverse da quelle tassativamente indicate (riscontri meramente cartolari), sia in quanto difforme dal modello legale del vero e proprio provvedimento di diniego. L’Ufficio, dopo aver rilevato che le differenze riscontrate nelle dichiarazioni non derivavano da un mero errore di calcolo ma dall’applicazione della disposizione agevolativa, avrebbe dovuto avviare un’istruttoria completa ad esito della quale, ove lo avesse ritenuto opportuno, procedere con la notifica di un motivato provvedimento di diniego al rimborso.
2.1. Il motivo è infondato.
2.2. Merita ricordare che, in plurime pronunce rese da questa Corte in fattispecie analoghe sono stati affermati i seguenti principi:
la mancata immediata fruizione del beneficio fiscale nel relativo anno di imposta non può dirsi imputabile ad una scelta discrezionale della società contribuente, ma all’incertezza interpretativa relativa alla cumulabilità RAGIONE_SOCIALE agevolazioni consistenti nella tariffa incentivante prevista dal conto energia (art. 25, comma 10, del 8 d.lgs. 3 marzo 2011 n. 28), di cui già usufruivano le società partecipate dai contribuenti, e della detassazione degli investimenti ambientali previsti dalla c.d. ‘Tremonti ambientale’ (art. 6, commi da 13 a 19, della Legge 23 dicembre 2000 n. 388);
-l’incertezza interpretativa è stata risolta solo a seguito dell’art. 19 del D.M. 5 luglio 2012, il quale ha posto fine ad ogni incertezza circa la possibilità di cumulare i due benefìci fiscali, permettendo da quella data ai contribuenti di accedere a tale agevolazione (in termini: Cass., 27/07/2020, n. 15982);
-in tale direzione, anche la risoluzione resa dall’RAGIONE_SOCIALE il 20 luglio 2016 n. 58/E si è espressa in senso favorevole alla possibilità di beneficiare ‘ora per allora’ dell’agevolazione c.d. ‘Tremonti ambientale’ mediante dichiarazione dei redditi integrativa ex art. 2, comma 8-bis, del D.P.R. 22 luglio 1998 n. 322, chiarendo
quanto segue: ‘con riguardo, infine, alla possibilità di beneficiare dell’agevolazione in un periodo d’imposta successivo a quello di effettuazione dell’investimento ambientale, conformemente a quanto chiarito con la risoluzione n. 132/E del 20 dicembre 2010 in relazione alla già citata agevolazione ‘Tremonti -ter’, si è ritenuto che la mancata indicazione della deduzione per fruire della detassazione ambientale entro il termine di presentazione della dichiarazione originaria non sia di ostacolo alla possibilità di avvalersi di tale deduzione in sede di dichiarazione dei redditi integrativa ai sensi dell’articolo 2, comma 8 -bis, del D.P.R. n. 322 del 1998;
decorsi i termini per la presentazione della dichiarazione a favore di cui all’articolo 2, comma 8 -bis, del D.P.R. n. 322 del 1998, è altresì possibile recuperare l’agevolazione presentando un’istanza di rimborso, ai sensi dell’articolo 38 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602» (Cass. 12/01/2022, n. 746; conf., Cass. 31/01/2023, n. 2931, Cass. 15/11/2022, n. 33660 e Cass. 19/07/2022, n. 22589).
2.3. Nel caso di specie, la contribuente ha optato per la richiesta di rimborso.
2.4. A tale riguardo, è opportuno ricordare che la domanda di rimborso o di restituzione del credito d’imposta maturato dal contribuente deve ritenersi già presentata con la compilazione, nella dichiarazione annuale, del quadro relativo al credito (si vedano, ex plurimis , Cass. 12/09/2012, n. 15229; Cass. 22/02/2017, n. 4559; Cass. 07/09/2018, n. 21788 e ancora, di recente, Cass. 06/11/2023, n. 30768).
2.5. È, inoltre, costante orientamento di questa Corte che, in tema di contenzioso tributario, qualora, a fronte di un’istanza di rimborso d’imposta, l’Amministrazione finanziaria si limiti ad emettere un provvedimento di rimborso parziale, senza evidenziare alcuna riserva o indicazione nel senso di una sua eventuale natura interlocutoria, il provvedimento, per la parte relativa all’importo non rimborsato, ha valore di rigetto – sia pure implicito – della richiesta
originariamente presentata dal contribuente. Ne consegue che detto provvedimento costituisce atto impugnabile quale rifiuto espresso, nel termine di sessanta giorni dalla notificazione, ai sensi degli artt. 19 e 21 del d.lgs. n. 546 del 1992, ed è improponibile una seconda istanza di rimborso per il mancato accoglimento integrale della prima, con conseguente inidoneità della stessa alla formazione di un silenzio-rifiuto impugnabile (Cass. n. 26907 del 13/09/2022, n. 23157 del 22/10/2020; cfr., in precedenza, Cass. n. 18872 del 11/09/2020; n. 14846 del 05/06/2008. In siffatta evenienza la mancata, tempestiva, impugnazione del diniego dell’istanza di rimborso di imposta determina l’intangibilità del relativo rapporto, posto che in campo tributario il diritto soggettivo del contribuente al rimborso è fronteggiato non da un potere discrezionale, ma dall’obbligo dell’Amministrazione tributaria, ex art. 53 Cost., di ristabilire la giusta imposizione nel rispetto della capacità contributiva, sicché la riproposizione della medesima istanza, ormai rivolta contro un provvedimento ormai definitivo, corrisponde ad una richiesta di esercizio del potere di autotutela da parte dell’Amministrazione finanziaria, il quale presuppone l’esistenza di un interesse di rilevanza generale alla rimozione (Sez. 6 – 5, Sentenza n. 26087 del 11/12/2014). In definitiva, è stato affermato ivi il principio secondo cui, qualora l’amministrazione finanziaria accolga solo parzialmente l’istanza del contribuente proposta ai sensi dell’art. 38 del d.P.R. n. 602 del 1973, rivolta ad ottenere lo sgravio e rimborso di un tributo iscritto a ruolo, il relativo provvedimento, ove evidenzi la volontà di negare tale rimborso per l’altra parte del tributo, integra un rigetto implicito, impugnabile davanti alle commissioni tributarie ai sensi e nel termine di cui all’art. 21 del d. lgs. n. 546/1992), decorrente dalla data di notifica del provvedimento, senza che sia possibile proporre tale impugnativa rispetto ad una seconda e successiva istanza di rimborso, non prevista dalla norma contenuta nel citato art. 38 del d.P.R. n. 602.
2.6. In applicazione dei superiori principi, a fronte alle domande di rimborso contenute nelle dichiarazioni dei redditi per gli anni 2015 e 2016, alle due comunicazioni di irregolarità ex art. 36-bis D.P.R. n. 600/1973 con le quali l’Amministrazione finanziaria ha informato la società contribuente di aver ridotto l’importo del rimborso IRES richiesto da 147.013,00 euro a 70.211,00 euro con riguardo all’anno d’imposta 2015, e da 55.000,00 euro a 1.300,00 euro con riguardo all’anno d’imposta 2016, va attribuita valenza di provvedimenti di rimborso parziale e, contestualmente, in relazione agli imposti non riconosciuti, di rigetto implicito, sostitutivi del silenzio/rifiuto tacito serbato sino a quel momento.
2.7. Come correttamente rilevato dai giudici di appello, se è vero che le comunicazioni di irregolarità, laddove contenenti inviti a regolarizzare errori o omissioni che, ove non adempiuti, sono seguiti da cartelle di pagamento, non hanno carattere definitivo e quindi la loro impugnazione è una facoltà e non un onere (così Cass. VI-5, n. 3315/2016), è però altrettanto vero che, nel caso RAGIONE_SOCIALE richieste di rimborso, la comunicazione di diniego, totale o parziale, non richiede alcun atto esecutivo, dal che derivando che, in difetto di impugnazione, rappresenti un procedimento suscettibile di diventare definitivo.
2.8. Nel caso di specie è incontestato che i suddetti provvedimenti non siano stati tempestivamente impugnati nel termine di 60 giorni dalla notificazione, e dunque, ai sensi degli artt. 19 e 21 D. Lgs. n. 546/1992, sono divenuti definitivi.
In conclusione, il ricorso deve essere rigettato, con conseguente condanna della ricorrente al rimborso, in favore della controricorrente, RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità, che si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M .
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità che liquida in euro 5.600,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 14/04/2025.