Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 7645 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 7645 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 22/03/2025
AGENZIA DELLE ENTRATE
– intimata – per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia n. 1320/05/2021 depositata in data 01/04/2021; Udita la relazione della causa svolta nell’adunanza camerale del 13/02/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Rilevato che:
la società ricorrente presentava all’Agenzia delle entrate -Direzione Regionale della Lombardia -Ufficio Grandi contribuenti (‘Ufficio’) istanza per la restituzione, ai sensi dell’art. 8, co. 4, L. n. 212 del 2000,
Oggetto:
rimborso oneri fideiussori per rimborso iva – decadenza della
termine
domanda
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 22743/2021 R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE in persona del suo legale rappresentante pro tempore rappresentata e difesa nel presente giudizio di cassazione in forza di procura speciale in atti dall’avv. prof. NOME COGNOME (PEC: EMAIL
-ricorrente – contro
degli oneri fideiussori -pari ad € 45.626,41 – sostenuti per le fideiussioni presentate ( ex art. 38bis , co. 1, d.p.r. n. 633 del 1972, vigente ratione temporis ) al fine di ottenere il rimborso dei crediti Iva relativi al I, II e III trimestre 2012 per un importo pari ad € 3.470.000,00;
-l’Ufficio negava il rimborso; la NOME COGNOME RAGIONE_SOCIALE impugnava tale diniego;
la CTP rigettava il ricorso; la società appellava e l’Ufficio proponeva appello incidentale;
la sentenza qui impugnata ha accolto l’appello incidentale dell’Ufficio -incentrato sulla tardività dell’istanza di rimborso -e dichiarato inammissibile il ricorso principale della società contribuente;
ricorre a questa Corte la società contribuente con atto affidato a due motivi che illustra con memoria;
-l’Amministrazione Finanziaria è rimasta intimata nel presente giudizio di Legittimità;
Considerato che:
– il primo motivo di doglianza si incentra sulla violazione degli artt. 2909 c.c., 324 c.p.c. e 49, d. Lgs. n. 546 del 1992, in relazione all’art. 360, co. 1, n. 3, c.p.c.; secondo parte ricorrente la sentenza d’appello merita di essere cassata, in relazione all’art. 360, co. 1, n. 3, c.p.c., perché in contrasto con il giudicato esterno ( ex artt. 2909 c.c., 324 c.p.c. e 49, d. Lgs. n. 546 del 1992) formatosi in data 25 settembre 2019 (dunque, prima della data – 22 febbraio 2021 -di pronunciamento della sentenza qui impugnata) a seguito del passaggio in giudicato della sentenza n. 834/2019 del 25 febbraio 2019 con cui la Commissione Tributaria Regionale della Lombardia (Sez. 17), in accoglimento del ricorso in appello proposto dalla Società esponente e in rigetto dell’appello incidentale formulato dall’Ufficio (con cui era stata riproposta in sede d’appello l’eccezione in punto di asserita decadenza -ex art. 21, d.lgs. n. 546/1992 -dell’azione di rimborso), ha riconosciuto: in via preliminare, l’infondatezza della eccezione -formulata in sede contenziosa dall’Ufficio – in merito ad una asserita decadenza ( ex art.
21, co. 2, d. Lgs. n. 546 del 1992) della Società esponente dall’azione di rimborso degli oneri fideiussori de quibus ;
tale pronuncia ha poi, in ogni caso, ritenuta l’illegittimità dei similari provvedimenti di diniego ivi impugnati con condanna dell’Agenzia delle entrate alla restituzione degli oneri fideiussori pagati dalla Società esponente con riferimento ai rimborsi infrannuali dei crediti Iva per gli anni 2008, 2009, 2010;
il motivo è infondato;
è invero pacifico, nella stessa narrazione e documentazione offerta da parte ricorrente, che il giudicato che si invoca si sia formato prima del pronunciamento della sentenza impugnata, quindi anteriormente alla conclusione del giudizio di merito;
trova allora applicazione la costante giurisprudenza di questa Corte secondo la quale (Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 5370 del 29/02/2024) l’eccezione di giudicato esterno non può essere dedotta per la prima volta in cassazione se il giudicato si è formato nel corso del giudizio di merito, attesa la non deducibilità, in tale sede, di questioni nuove; se, invece, il giudicato esterno si è formato dopo la conclusione del giudizio di merito (e, cioè, dopo il termine ultimo per ogni allegazione difensiva in grado di appello), la relativa eccezione è opponibile nel giudizio di legittimità;
il secondo motivo censura la sentenza impugnata per violazione e/o falsa applicazione degli artt. 21, co. 2, del d. Lgs. n. 546 del 1992 e 8, co. 4, L. n. 212 del 2000, in relazione all’art. 360, co. 1, n. 3, c.p.c.; secondo la società contribuente in ogni caso la sentenza d’appello merita di essere cassata, in relazione all’art. 360, co. 1, n. 3, c.p.c., perché pronunciata in violazione degli artt. 21, co. 2, d. Lgs. n. 546/1992 e 8, co. 4, L. n. 212 del 2000; sostiene la ricorrente che il Giudice d’appello ha deciso la controversia accogliendo l’eccezione preliminare – fatta valere dall’Ufficio in sede di appello incidentale -relativa ad una asserita intervenuta decadenza dell’azione di rimborso degli oneri fideiussori de quibus ( ex art. 8, co. 4, l. n. 212 del 2000) in ragione del decorso del termine di due anni per la presentazione dell’istanza di rimborso previsto
dall’art. 21, co. 2, d. Lgs. n. 546 del 1992 ritenendo erroneamente applicabile alla vicenda in esame, ai fini della richiesta di restituzione degli oneri fideiussori in esame, la disposizione di cui al citato art. 21, co. 2, d. Lgs. n. 546 del 1992, in forza del quale « la domanda di restituzione » di « tributi, sanzioni pecuniarie ed interessi o altri accessori non dovuti » ( ex art. 19, co. 1, lett. g), d. Lgs. n. 546/1992) ‘ in mancanza di disposizioni specifiche, non può essere presentata dopo due anni dal pagamento, ovvero, se posteriore, dal giorno in cui si è verificato il presupposto per la restituzione ‘ ;
orbene, questa Corte ha già avuto occasione di stabilire che l’art. 8, comma 4, della l. n. 212 del 2000, laddove impone all’amministrazione finanziaria di rimborsare il costo delle garanzie fideiussorie richieste dal contribuente per ottenere la sospensione del pagamento o la rateizzazione o il rimborso dei tributi, comprende i costi di tutte le garanzie che il contribuente ha richiesto: ciò perché l’espressione «ha dovuto richiedere» si deve intendere non nel senso dell’esistenza di un ipotetico obbligo normativo, bensì con riferimento alla necessità (intesa come onere) della richiesta della garanzia in rapporto allo scopo perseguito, consistente nell’ ottenere la sospensione del pagamento di tributi o la rateizzazione o il rimborso (Cass. n. 16409 del 2015; Cass. n. 22720 del 2020);
quindi, in tema di IVA, il diritto al rimborso dei costi relativi alla garanzia fideiussoria, chiesta dal contribuente per ottenere la sospensione, la rateizzazione o il rimborso dei tributi, ha portata generale ed è del tutto indipendente dalla fisionomia della controversia tributaria, stante l’esigenza ad essa sottesa di preservare l’integrità patrimoniale dei contribuenti, in caso di infondatezza della pretesa impositiva o di legittimità della pretesa di rimborso di somme dovute, che una diversa interpretazione frustrerebbe, oltre a porsi in contrasto con il diritto unionale (Cass. n. 5508 del 2020; in termini anche Cass. n. 31092 del 2021, citata opportunamente dalla difesa della contribuente in memoria ex art. 378 c.p.c.);
infatti, va considerato il consolidato orientamento della Corte di giustizia dell’Unione Europea, in base al quale gli Stati membri indubbiamente dispongono di una certa libertà quanto alla determinazione delle modalità di rimborso dell’eccedenza di iva, purché, però, il sistema di rimborso adottato non faccia correre alcun rischio finanziario al soggetto passivo (CGUE, 28 febbraio 2018, causa C387/16, punto 24; 6 luglio 2017, causa C-254/16, Glencore, punto 20; 12 maggio 2011, causa C-107/10, RAGIONE_SOCIALE COGNOME, punto 33); è evidente che assoggettare al più ristretto termine decadenziale biennale l’azione di restituzione renderebbe evidente -per non dire certo, dati i tempi di erogazione del rimborso necessariamente non brevi alla luce degli adempimenti e dei controlli che si rendono a tal fine necessari -proprio l’addossamento al contribuente del rischio finanziario di cui sopra;
il secondo motivo di ricorso va quindi accolto e l’impugnata sentenza è pertanto cassata;
la controversia, non necessitando di ulteriori accertamenti in fatto, può essere decisa nel merito con l’accoglimento dell’originario ricorso della società contribuente;
le spese del presente giudizio seguono la soccombenza mentre quelle relative ai giudizi di merito vanno compensate tra le parti;
p.q.m.
accoglie il secondo motivo di ricorso e rigetta il primo; cassa l’impugnata sentenza, in relazione al motivo accolto, e, decidendo nel merito, accoglie l’originario ricorso proposto dalla ricorrente; condanna l’Agenzia delle Entrate al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che si liquidano in euro 4.300,00 per compensi oltre 200,00 per esborsi e rimborso forfettario oltre ad oneri accessori; compensa le spese relative ai giudizi della fase di merito.
Così deciso in Roma, il 13 febbraio 2025.
Il Presidente NOME COGNOME
Cons. Est. NOME COGNOME – 5