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Rimborso IVA tour operator: la Cassazione decide

Un’ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce la questione del rimborso IVA per tour operator extra-UE. La Corte ha stabilito che l’IVA pagata da un operatore turistico statunitense per servizi acquistati in Italia non è rimborsabile, disapplicando una norma transitoria nazionale in contrasto con il diritto europeo. La decisione conferma il principio di non detraibilità, obbligando l’operatore a restituire le somme precedentemente rimborsate.

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Pubblicato il 23 novembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Rimborso IVA Tour Operator Extra-UE: Stop dalla Cassazione

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha messo un punto fermo su una questione di grande rilevanza per il settore turistico internazionale: il rimborso IVA tour operator con sede al di fuori dell’Unione Europea. La decisione chiarisce che l’IVA pagata in Italia per l’acquisto di servizi, successivamente inclusi in pacchetti turistici, non può essere rimborsata. Questa pronuncia riafferma la supremazia del diritto comunitario e delinea un quadro normativo chiaro per gli operatori del settore.

I Fatti del Caso: La Richiesta di Rimborso

La vicenda trae origine dalla richiesta di un tour operator statunitense che acquistava servizi di autonoleggio in Italia per poi includerli nei suoi pacchetti ‘tutto compreso’ venduti ai clienti. L’operatore, tramite il proprio rappresentante fiscale in Italia, aveva ottenuto il rimborso dell’IVA pagata ai fornitori italiani per gli anni d’imposta 2007 e 2008.

Successivamente, l’Amministrazione Finanziaria ha contestato la legittimità di tale rimborso, emettendo avvisi di accertamento per recuperare le somme indebitamente restituite. La Commissione Tributaria Regionale aveva dato ragione all’operatore, basando la propria decisione su una norma transitoria nazionale. L’Amministrazione Finanziaria ha quindi proposto ricorso in Cassazione.

La Controversia e il Regime del Rimborso IVA Tour Operator

Il cuore della questione giuridica risiedeva nell’interpretazione dell’art. 74-ter del Decreto IVA e della sua compatibilità con la normativa europea. Una legge successiva (art. 55 del D.L. n. 69/2013) aveva chiarito, con effetto retroattivo, che l’IVA per questi servizi non era rimborsabile. Tuttavia, la stessa legge conteneva una clausola di salvaguardia per i rimborsi già effettuati e non ancora recuperati alla sua entrata in vigore.

Il dubbio era se questa clausola di salvaguardia nazionale potesse prevalere sui principi sanciti dalla direttiva IVA europea (2006/112/CE), che non prevede alcuna eccezione alla non rimborsabilità dell’imposta per i tour operator extra-UE. La Corte di Cassazione è stata chiamata a risolvere questo conflitto tra norma interna e diritto unionale.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte ha accolto il ricorso dell’Amministrazione Finanziaria, basando la sua decisione su un principio consolidato: la supremazia del diritto dell’Unione Europea. I giudici hanno affermato che il regime speciale per le agenzie di viaggio, come delineato dalla direttiva IVA, non consente la detrazione o il rimborso dell’imposta assolta in Italia da tour operator stabiliti fuori dall’UE.

Questa limitazione, spiegano i giudici, è fondamentale per due ragioni:

1. Corretta attribuzione del gettito fiscale: Assicura che l’imposta venga incassata dallo Stato in cui il servizio è effettivamente fruito.
2. Parità di trattamento: Evita di creare una disparità tra le agenzie di viaggio stabilite all’interno dell’Unione e quelle extra-UE, che altrimenti godrebbero di un vantaggio competitivo indebito.

La Corte ha quindi stabilito che la norma transitoria nazionale, la quale faceva salvi i rimborsi già erogati, doveva essere disapplicata perché in palese contrasto con l’art. 310 della direttiva 2006/112/CE. Continuare ad applicarla avrebbe significato una rinuncia ingiustificata alla riscossione del tributo e una discriminazione basata su un elemento puramente casuale, ovvero la data di esecuzione del rimborso.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

In conclusione, la Corte di Cassazione cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta l’originario ricorso del contribuente. La pronuncia ha implicazioni pratiche immediate e significative. I tour operator con sede legale al di fuori dell’Unione Europea non possono richiedere il rimborso dell’IVA pagata per l’acquisto di beni e servizi in Italia destinati ai loro pacchetti turistici. L’Amministrazione Finanziaria è legittimata a recuperare eventuali rimborsi già concessi che rientrino in questa casistica. La decisione rafforza la coerenza del sistema IVA a livello europeo e garantisce una concorrenza leale nel mercato turistico.

Un tour operator con sede fuori dall’Unione Europea ha diritto al rimborso dell’IVA pagata in Italia per servizi turistici?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che, in base all’art. 74-ter del decreto IVA e in conformità con la direttiva europea, l’IVA assolta in Italia da agenzie di viaggio stabilite in Stati fuori dall’UE per beni o servizi inclusi in pacchetti turistici non è detraibile né rimborsabile.

La legge nazionale che faceva salvi i rimborsi già effettuati prima di una certa data è applicabile?
No. La Corte ha deciso di disapplicare la norma transitoria nazionale (contenuta nell’art. 55 del d.l. n. 69 del 2013) che proteggeva i rimborsi già eseguiti e non recuperati. Questa norma è stata ritenuta in contrasto con il diritto dell’Unione Europea, che non prevede tale eccezione.

Perché la Corte ha deciso di disapplicare la norma nazionale a favore di quella europea?
La Corte ha disapplicato la norma nazionale per garantire l’uniforme applicazione del diritto europeo, evitare disparità di trattamento tra operatori UE ed extra-UE e assicurare la corretta attribuzione del gettito fiscale allo Stato in cui le prestazioni sono rese, prevenendo una rinuncia ingiustificata alla riscossione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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