Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 13149 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 13149 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 13/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 21374/2021 R.G. proposto da:
VENEZIANA RAGIONE_SOCIALE RISORSE IDRICHE RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante in carica, elettivamente domiciliato in ROMA alla INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), con domicilio digitale come in atti
– ricorrente –
contro
4 FONTANE DI RAGIONE_SOCIALE
– intimata – avverso la SENTENZA del TRIBUNALE di VENEZIA n. 110/2021 depositata il 26/01/2021.
Udita la relazione della causa, svolta nella camera di consiglio del 18/03/2024, dal Consigliere relatore NOME COGNOME.
Rilevato che
RAGIONE_SOCIALE (in seguito RAGIONE_SOCIALE impugna con un unico motivo di ricorso la sentenza del Tribunale di Venezia n. 110 del 25/09/2021 che, in riforma della sentenza del Giudice di Pace n. 887 del 2017, l’ha condannata a rifondere alla RAGIONE_SOCIALE la somma di oltre euro duemila ottocento (€ 2.888,73) a titolo di IVA sulla tariffa di igiene ambientale TIA1, oltre interessi legali dalla domanda al saldo;
la società in nome collettivo RAGIONE_SOCIALE è rimasta intimata;
il ricorso venne, originariamente, avviato a trattazione mediante proposta di definizione accelerata , ai sensi dell’art. 380 bis posto che pur risalendo esso all’anno 2021 non era stata ancora fissata l’udienza o l’adunanza alla data del 1/01/2023;
emanata la proposta la RAGIONE_SOCIALE ha chiesto la trattazione in forma ordinaria;
il ricorso è stato, pertanto, rimesso all’adunanza camerale non partecipata del 18/03/2024;
il Procuratore Generale non ha presentato conclusioni;
la RAGIONE_SOCIALE ha depositato memoria per l’adunanza camerale del 18/03/2024, alla quale il ricorso è stato trattenuto per la decisione;
Considerato che
l’unico motivo di ricorso afferma v iolazione e (o) falsa applicazione degli artt. 2033 cod. civ. e 19 del d.P.R. n. 633 del 26/10/1972 e comunque della normativa concernente la detrazione dell’IVA, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., per avere la sentenza impugnata erroneamente escluso che la detrazione dell’IVA pagata sulla tariffa di igiene ambientale di cui
R.g. n. 21374 del 2020; Ad 18/0372024; est. C. COGNOME
all’art. 49 del d.lgs. n. 22 del 5/02/1997, detrazione effettuata e non esclusa dall’Amministrazione, (i) faccia venir meno la natura di pagamento rile vante ai sensi dell’art. 2033 cod. civ. del pagamento di tale IVA e (o) comunque (ii) precluda la ripetibilità della stessa IVA e (o) comunque (iii) determini, nel caso di restituzione dell’IVA alla controparte, un indebito e (o) ingiustificato arricchimento in capo ad essa;
in tema di IVA, questa Corte ha chiarito (Cass. n. 21351 del 06/10/2020, non massimata, la cui motivazione è qui, di seguito, pressoché integralmente riportata) che: ai sensi dell’art. 19 del d.P.R. n. 633 del 1972, e in conformità con l’art. 17 della direttiva del Consiglio del 17 maggio 1977, n. 77/388/CEE, nonché con gli artt. 167 e 63 della successiva direttiva del Consiglio del 28/11/2006 n. 2006/112/CE, non è ammessa la detrazione dell’imposta pagata a monte per l’acquisto o l’importazione di beni o servizi -ovvero per conseguire la prestazione di servizi necessari all’impresa -per il solo fatto che tali operazioni attengano all’oggetto dell’impresa stessa e siano fatturate, poiché è, invece, indispensabile che esse siano effettivamente assoggettabili all’IVA, nella misura dovuta, sicché, ove l’operazione sia stata erroneamente assoggettata all’IVA, restano privi di fondamento il pagamento dell’imposta da parte del cedente, la rivalsa da costui effettuata nei confronti del cessionario e la detrazione da quest’ultimo operata nella sua dichiarazione IVA, con la conseguenza che il cedente ha diritto di chiedere all’Amministrazione il rimborso dell’IVA, il cessionario ha diritto di chiedere al cedente la restituzione dell’IVA versata in via di rivalsa, e l’Amministrazione ha il potere-dovere di escludere la detrazione dell’IVA pagata in rivalsa dalla dichiarazione IVA presentata dal cessionario (Cass. n. 15536 del 13/06/2018, in cui si richiama la pregressa giurisprudenza conforme; cfr., nella numerosa
giurisprudenza successiva conforme, Cass. n. 4874 17/02/2019 Cass. n. 1642 24/01/2020);
stante quanto sopra, non rileva che l’Amministrazione non abbia previamente proceduto a rettifica negando la detrazione, posto che:
il pagamento indebito dev’essere come visto «neutralizzato» in modo circolare, coerentemente al regime dell’imposta in questione;
nessuna rettifica potrebbe farsi a fronte di un pagamento del tributo effettuato in ragione della rivalsa, mentre è a séguito della pronuncia qui in scrutinio che dovrà viceversa procedersi alla richiamata neutralizzazione;
l’ IVA sulla c.d. TIA1 non è dovuta trattandosi di tributo (Sez. U., n. 8822 del 10/04/2018; cfr. anche, in motivazione, Sez. U., nn. 8631 e n. 08632 07/05/2020), come non più in discussione neppure tra le parti dell’odierno giudizio;
è stato argomentato che il rapporto qui in questione è quello tra cedente e cessionario e non quello tra fisco e contribuente;
l’osservazione non è dirimente, poiché, come appena visto, l’erroneo assoggettamento a IVA esclude la sussistenza di base legale per il relativo pagamento, per la rivalsa e per la detrazione, proprio in applicazione della circolarità correlata alla neutralità dell’imposta indiretta in parola, sicché non vi è all’evidenza alcun dubbio anche sulla conformità della ricostruzione alla sopra richiamata normativa comunitaria, così come sul rispetto dei principi di ragionevolezza e pari trattamento;
il Collegio ritiene quindi di riaffermare l’orientamento esposto, e fatto proprio da molteplici precedenti specifici, senza che possa ostare il precedente, rimasto isolato, di Cass. n. 12927 del 11/02/2020 (richiamata a proprio favore dalla RAGIONE_SOCIALE), secondo cui la neutralità dell’imposta verrebbe meno in ipotesi di perdita del gettito fiscale, che, per converso, non si ritiene possa
incidere sulla complessiva disciplina, posto che all’esclusione della sussistenza del tributo, giudizialmente accertata, non può che seguire il ripristino delle corrette posizioni;
il diverso opinamento deve ritenersi superato e non sussistono quindi, ragioni per la rimessione della causa alle Sezioni Unite pubblica udienza, come richiesto dalla RAGIONE_SOCIALE, la cui istanza era già stata in precedenza, con decreto del 1720/02/2023, disattesa dal Primo Presidente di questa Corte;
il ricorso deve, pertanto, essere rigettato;
la mancata costituzione della RAGIONE_SOCIALE preclude la statuizione di condanna ai sensi dell’art. 91 e dell’art. 96 comma 3, cod. proc. civ., ma non quella ai sensi dell’art. 96, comma 4, atteso che (Cass. n. 27947 del 04/10/2023 (Rv. 669107 – 01): nel caso in cui il ricorrente abbia formulato istanza di decisione e la Corte abbia definito il giudizio in conformità alla proposta, l’omessa costituzione dell’intimato, se da un lato preclude la statuizione ex art. 96, comma 3, cod. proc. civ. (non ricorrendo una situazione che consenta una pronuncia sulle spese), dall’altro ne impone la condanna al pagamento, in favore della cassa delle ammende, della somma di cui all’art. 96, comma 4, cod. proc. civ., alla stregua dell’autonoma valenza precettiva del richiamo a tale ultima disposizione, contenuto nel citato art. 380bis , comma 3, c.p.c., che si giustifica in funzione della ratio di disincentivare la richiesta di definizione ordinaria a fronte di una proposta di definizione accelerata (esigenza che sussiste anche nel caso di mancata costituzione dell’intimato);
il Collegio ritiene equo liquidare, a detto titolo, la somma di euro 1.500,00, in considerazione del valore della controversia;
stante il rigetto del ricorso deve attestarsi la sussistenza dei presupposti processuali (rigetto, ovvero dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione) di cui all’art. 13, comma 1 quater , del d.P.R. n. 115 del 30/05/2002, introdotto
dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 24/12/2012 n. 228, per il cd. raddoppio del contributo unificato, se dovuto;
il deposito della motivazione è fissato nel termine di cui al secondo comma dell’art. 380 bis 1 cod. proc. civ.;
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna la ricorrente al pagamento, in favore della Cassa delle Ammende, della somma di Euro 1.500,00.
Ai sensi dell’art. 13 , comma 1, quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 , della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Corte di