Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 10900 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 10900 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 25/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 6343/2019 R.G. proposto da : RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante in carica, elettivamente domiciliata in ROMA alla INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE, domiciliato digitalmente per legge
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante in carica, elettivamente domiciliata in ROMA alla INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME (CODICE_FISCALE, domiciliato digitalmente per legge
– controricorrente –
avverso la SENTENZA della CORTE d’APPELLO di VENEZIA n. 1890/2018 depositata il 2/07/2018.
Udita la relazione della causa svolta, nella camera di consiglio del 19/02/2025, dal Consigliere relatore NOME COGNOME
Ritenuto che:
la RAGIONE_SOCIALE, ora RAGIONE_SOCIALE, convenne in giudizio, dinanzi al Tribuna di Venezia, con rito sommario di cognizione, la RAGIONE_SOCIALE al fine di ottenere il rimborso delle somme, pari a oltre settemila euro (€ 7.597,31) corrisposte alla stessa a titolo di IVA sugli importi per TIA1, Tariffa d’Igiene ambientale, e TIA2, Tariffa Integrata Ambientale, dal l’anno 2003 all’anno 2010, incluso;
la RAGIONE_SOCIALE si costituì in giudizio e resistette alla domanda; la domanda venne rigettata dal Tribunale di Venezia;
RAGIONE_SOCIALE propose impugnazione e la Corte d’appello di Venezia, nel ricostituito contraddittorio con la RAGIONE_SOCIALE con sentenza n. 1890 del 2/07/2018, ha rigettato l’appello;
avverso la sentenza della Corte territoriale propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi, la RAGIONE_SOCIALE;
risponde con controricorso la RAGIONE_SOCIALE;
il Procuratore generale non ha presentato conclusioni; entrambe le parti hanno depositato memoria per l’adunanza camerale del 19/02/2025, alla quale il ricorso è stato trattenuto in decisione e il Collegio ha riservato di depositare l’ordinanza nel termine di sessanta giorni.
Considerato che
i motivi di ricorso sono i seguenti:
violazione o falsa applicazione degli artt. 2033 c.c. e 19 del d.PR. n. 633 del 1972 e comunque della normativa concernente la detrazione dell’I.V.A., nonché dell’art. 2697 c.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c.;
violazione o falsa applicazione del l’a rt. 92 c.p.c. in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c.;
il primo motivo censura, con diffuse argomentazioni e richiami delle pronunce di legittimità e della Corte dell’Unione Europea , la decisione dei giudici territoriali per avere questi escluso l’indebita imposizione dell’IVA sulla TIA stante la neutralità della detta imposta per i soggetti che possono portarla in detrazione e quindi anche per la RAGIONE_SOCIALE e contesta le deduzioni della RAGIONE_SOCIALE in ordine al carattere indebito della detrazione dell’IVA ;
il secondo motivo censura la decisione della Corte territoriale laddove ha compensato per intero le spese dei gradi di merito, ritenendo sussistenti gravi ed eccezionali ragioni al di fuori dei casi «eccezionali e tassativi»;
il ricorso è fondato con riferimento alla TIA1, ossia per tutto il periodo in contestazione ed escluso soltanto l’ultimo semestre dell’ anno 2010, posto che in concreto la TIA2 è stata applicata, in luogo della TIA1, dal 1/07/2010 e, quindi, con riferimento all’attuale controversia, gli importi a titolo di IVA sono stati versati dalla RAGIONE_SOCIALE dal 1/07/2010 e fino al 31/12/2010;
secondo la giurisprudenza nomofilattica di questa Corte la TIA2 è una prestazione di natura privatistica e su di essa, quindi, è dovuta l’IVA (Sez U n. 8631 del 07/05/2020 Rv. 657620 – 01; Cass. n. 454 del 13/01/2021 Rv. 660266 – 01) viceversa la TIA1, in quanto essa stessa Tributo, non è assoggettabile a IVA (Cass. n. 6149 del 5/03/2020 Rv. 657290 -01; Sez. U n. 5078 del 15/03/2016 Rv. 639013 – 01) e, pertanto, le somme versate a detto titolo dalla RAGIONE_SOCIALE dall’anno 2003 al 30/06/2010 costituiscono un indebito, del quale legittimamente è esperita la ripetizione dalla società stessa nei confronti della RAGIONE_SOCIALEp.a.;
la sentenza impugnata, che ha confermato la sentenza di primo grado, di rigetto della domanda di ripetizione dell’IVA versata sulla TIA, deve, pertanto, essere cassata non risultando conforme a diritto nella parte in cui ha ritenuto assoggettabile a IVA gli importi versati a titolo di TIA1;
poiché non è possibile, pur trattandosi di somma inferiore agli ottomila euro per sorte capitale, oltre interessi, procedere a uno scorporo anno per anno degli importi dovuti, in quanto nelle fasi di merito l’importo è stato complessivamente determinato e in ogni caso si tratta di un accertamento di fatto, non agevolmente delibabile in questa sede, anche per l’indisponibilità di tutti gli atti delle fasi di merito, deve procedersi ad accogliere il ricorso con cassazione della sentenza con riferimento al mancato riconoscimento del rimborso dell’IVA relativo alla TIA 1 per gli anni dal 1/01/2003 al 30/06/2010 e rinvio della causa al la Corte d’appello di Venezia, in diversa composizione , affinché accerti in concreto l’importo che deve essere rimborsato in favore della società odierna ricorrente;
con riferimento alla questione proposta dalla RAGIONE_SOCIALE, sostanzialmente avallata dalla Corte territoriale, relativa alla indebita spettanza del rimborso, avendo anch’essa versato l’IVA, deve ribadirsi che in tema di IVA, questa Corte ha chiarito (Cass. n. Cass n. 13841 del 17/05/2024; Cass. n. 21351 del 06/10/2020) che: ai sensi dell’art. 19 del d.P.R. n. 633 del 26/10/1972, e in conformità con l’art. 17 della direttiva del Consiglio del 17 maggio 1977, n. 77/388/CEE, nonché con gli artt. 167 e 63 della successiva direttiva del Consiglio del 28/11/2006 n. 2006/112/CE, non è ammessa la detrazione dell’imposta pagata a monte per l’acquisto o l’importazione di beni o servizi -ovvero per conseguire la prestazione di servizi necessari all’impresa -per il solo fatto che tali operazioni attengano all’oggetto dell’impresa stessa e siano fatturate, poiché è, invece, indispensabile che esse siano effettivamente assoggettabili all’IVA, nella misura dovuta, sicché, ove l’operazione sia stata erroneamente assoggettata all’IVA, restano privi di fondamento il pagamento dell’imposta da parte del cedente, la rivalsa da costui effettuata nei confronti del cessionario e la detrazione da quest’ultimo operata nella sua dichiarazione IVA, con la conseguenza che il cedente ha diritto di chiedere
all’Amministrazione il rimborso dell’IVA, il cessionario ha diritto di chiedere al cedente la restituzione dell’IVA versata in via di rivalsa, e l’Amministrazione ha il potere-dovere di escludere la detrazione dell’IVA pagata in rivalsa dalla dichiarazione IVA presentata dal cessionario (Cass. n. 15536 del 13/06/2018, in cui si richiama la pregressa giurisprudenza conforme; cfr., nella numerosa giurisprudenza successiva, Cass. n. 4874 17/02/2019 Cass. n. 1642 24/01/2020);
stante quanto sopra, non rileva che l’Amministrazione non abbia previamente proceduto a rettifica negando la detrazione, posto che:
il pagamento indebito dev’essere come visto «neutralizzato» in modo circolare, coerentemente al regime dell’imposta in questione;
nessuna rettifica potrebbe farsi a fronte di un pagamento del tributo effettuato in ragione della rivalsa, mentre è a séguito della pronuncia qui in scrutinio che dovrà viceversa procedersi alla richiamata neutralizzazione;
è stato altresì argomentato che il rapporto qui in questione è quello tra cedente e cessionario e non quello tra fisco e contribuente;
l’osservazione non è dirimente, poiché, come appena visto, l’erroneo assoggettamento a IVA esclude la sussistenza di base legale per il relativo pagamento, per la rivalsa e per la detrazione, proprio in applicazione della circolarità correlata alla neutralità dell’imposta indiretta in parola, sicché non vi è all’evidenza alcun dubbio anche sulla conformità della ricostruzione alla sopra richiamata normativa comunitaria, così come sul rispetto dei principi di ragionevolezza e pari trattamento;
il Collegio ritiene quindi di riaffermare l’orientamento esposto, e fatto proprio da molteplici precedenti specifici, senza che possa ostare il precedente, rimasto isolato, di Cass. n. 12927 del 11/02/2020 (richiamata a proprio favore dalla VERITAS S.p.a.), secondo cui la neutralità dell’imposta verrebbe meno in ipotesi di
perdita del gettito fiscale, che, per converso, non si ritiene possa incidere sulla complessiva disciplina, posto che all’esclusione della sussistenza del tributo, giudizialmente accertata, non può che seguire il ripristino delle corrette posizioni;
inoltre non si ritiene che sussistano i presupposti per investire della questione la Corte di Giustizia dell’Unione Europea, non risultando la normativa in materia contraria al diritto unionale, posto che non si ravvisano orientamenti che escludono la ripetibilità dell’IVA indebitamente versata e non si ravvisano dubbi interpretativi in ordine a una norma comunitaria (Cass. n. 15041 del 16/06/2017 Rv. 644553 – 04), dovendosi rimarcare che la procedura di rinvio pregiudiziale, anche per un giudice nazionale di ultima istanza, quale la Corte di Cassazione, rimane in ogni caso rimessa alle valutazioni di non manifesta infondatezza e che il rinvio sia necessario per consentire al giudice di decidere la questione, presupposti che nel caso di specie, alla stregua del consolidato quadro giurisprudenziale richiamato, non appaiono sussistenti attesa l’evidenza dell’interpretazione delle dette norme come già affermato in precedenza da questa Corte (Cass. n. 22103 del 22/10/2007 Rv. 599710 -01), secondo la quale il giudice nazionale di ultima istanza non è soggetto all’obbligo di rimettere alla Corte di giustizia delle Comunità europee la questione di interpretazione di una norma comunitaria quando non la ritenga rilevante ai fini della decisione o quando ritenga di essere in presenza di un acte claire che, in ragione dell’esistenza di precedenti pronunce della Corte ovvero dell’evidenza dell’interpretazione, rende inutile (o non obbligato) il rinvio pregiudiziale (cfr. Corte di Giustizia CEE 6 ottobre 1982 in causa C-283/81, Cilfit, sulla cui linea, tra le più recenti, si sono poste le sentenze 5 aprile 2016, C-689/13, RAGIONE_SOCIALE, 28 luglio 2016 e 6 ottobre 2021, C-561/19 RAGIONE_SOCIALE.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione; cassa la sentenza in relazione al rigetto della domanda di rimborso dell’IVA sulle somme dovute a titolo di TIA1 per gli anni dal 1/01/2003 al 30/06/2010; rinvia alla Corte di appello di Venezia in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Corte di