Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 4555 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 4555 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 20/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 17136 -20 17 R.G. proposto da:
AGENZIA RAGIONE_SOCIALE TERRITORIO , in persona del Direttore pro tempore , rappresentata difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato (pec: EMAILavvocaturastatoEMAIL), presso i cui uffici sono domiciliati in Roma, alla INDIRIZZO
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa, per procura speciale a margine del controricorso, dagli avv.ti NOME
Oggetto: TRIBUTI -IVA -detrazione ex art. 19bis1 del d.P.R. n. 633 del 1972 -ius superveniens -rimborso – termine ex art. 21 d.lgs. n. 546 del 1992 – decorrenza
COGNOME (pec: EMAIL) e NOME COGNOME (pec: EMAIL);
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 2488/16/2016 della Commissione tributaria regionale dela SICILIA, Sezione staccata di SIRACUSA, depositata in data 27/06/2017;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio non partecipata del 13 febbraio 2025 dal Consigliere relatore dott. NOME COGNOME
Rilevato che:
La RAGIONE_SOCIALE, stante l’illegittimità delle limitazioni poste dal Legislatore nazionale al diritto di detrazione dell’IVA versata per l’acquisto di autovetture e di telefoni portatili impiegati nell’ambito dell’attività d’impresa, conseguente alla sentenza della Corte di Giustizia dell’UE , del 14 settembre 2006, in C-228/05, RAGIONE_SOCIALE , cui faceva seguito la promulgaazione da parte del d.l. 15 settembre 2006, n. 258, conv, con modif., dalla legge n. 10 novembre 2006, n. 278, che prevedeva la possibilità di richiedere, in via telematica, il rimborso forfetario dell’Iva pagata in relazione a detti acquisti con istanza da avanzarsi ai sensi dell’art. 21 del d.lgs. 546 del 1992, in data 28 ottobre 2005 presentava all’Agenzia delle entrate istanza di rimborso dell’IVA versata e non detratta per l’acquisto di detti beni con riferimento agli anni d’imposta 2001 e 2002.
1.1. Il provvedimento di diniego di rimborso emesso dall’Agenzia delle entrate in data 20/03/2006 (prot. n. 20725) veniva impugnato dalla società contribuente dinanzi alla CTP (ora Corte di giustizia tributaria di primo grado) di Siracusa, che rigettava il ricorso, ma la CTR (ora Corte di giustizia tributaria di secondo grado) della Sicilia, Sezione staccata di Siracusa, accoglieva l’appello della società.
1.2. Sostenevano i giudici di appello che « nel caso di specie, per gli acquisti dei beni e servizi, di cui si controverte, effettuati nel corso dell’anno 2001, nella previsione dell’art. 19 ut supra il diritto alla detrazione poteva essere esercitato già nella prima liq uidazione periodica dell’imposta, nel 2001, e in quelle successive e fino alla dichiarazione relativa al secondo anno successivo al 2001, ossia in sede di dichiarazione relativa all’anno 2003, il cui termine di presentazione scadeva il 31.10.2004. La suddetta data costituisce, infatti, il dies a quo dal quale far decorrere il termine biennale per la produzione dell’istanza di rimborso, come previsto dall’art. 21, ultimo cpv, del d.lgs. n.546/92. Analoga congettura va fatta per l’imposta assolta nell’anno 2002, il cui termine per la presentazione della dichiarazione scadeva il 31.10.2005. L’istanza di rimborso presentata dalla richiedente in data 28.10.2005 è, quindi, tempestiva ».
1.3. Sostenevano, inoltre, che, a seguito della sopra citata sentenza della CGUE, «I contribuenti, dunque, come anche l’odierna appellante, che non avevano potuto detrarre l’Iva assolta sulle spese d’acquisto e d’impiego dei suddetti autoveicoli nonché l’imposta relativa all’acquisto e alle spese di gestione di apparecchiature terminali per il servizio radiomobile, dovevano ritenersi legittimati a ricalcolare il loro debito d’imposta a titolo Iva, in conformità alle disposizioni di cui all’art. 17, n. 2 della sesta direttiva CE, nella misura in cui i beni erano stati impiegati ai fini delle operazioni soggette a imposta » e che «a tal fine, il d.l. n. 258/2006 aveva previsto, scandendo modalità di esercizio e cadenze temporali con decorrenza dalla data della sua entrata in vigore. Il decreto ut sopra, ha anche chiarito che trattasi di disciplina destinata a non interferire con i giudizi in corso su istanze avanzate e disattese, come nel caso di specie, prima della sentenza comunitaria del 14 settembre 2006,
228 ». Osservavano, quindi, che «nei casi di richieste di rimborso e successivo ricorso al giudice presentati prima del 15.09.2006, data di entrata in vigore del d.l. n. 258/2006, non torna applicabile la normativa sopravvenuta, destinata, invece, a regolare, in sede di prima applicazione, solo la procedura amministrativa delle istanze di rimborso successive alla sentenza della C.G:C.E. (C-228/05 –RAGIONE_SOCIALE) e in quanto tali finalizzate alla sua attuazione, non potendo riconoscersi all’adempimento degli oneri formali e temporali di cui al d.l. citato, carattere costitutivo del diritto (Cass., n. 3457/2014) » e che «nel disposto normativo dell’art. 2 del decreto citato non emergono preclusioni implicanti l’improcedibilità delle domande di rimborso già presentate dai soggetti passivi del tributo, né, tantomeno, emerge alcuna esigenza di una loro ‘rimessione in termini ‘, atteso che termine di decadenza (…) concerneva soltanto la presentazione dell’istanza in via telematica del rimborso forfetario d ell’imposta, restando in ogni caso consentita la presentazione dell’istanza di rimborso in modo ordinario, nel termine decadenziale previsto dal d.l. n. 546/92, ex art. 21, comma 2, per ottenere il rimborso in misura integrale delle somme non riscosse ».
Avverso tale statuizione l’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione affidato ad un motivo, illustrato con memoria, cui replica l’intimata con controricorso .
Il Pubblico ministero, nella persona del sostituto procuratore generale, dott. NOME COGNOME ha depositato conclusioni scritte chiedendo il rigetto del ricorso.
Considerato che:
Con il motivo di ricorso viene dedotta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione dell’art. 21 del d.lgs. 546 del 1992, degli artt. 19, 19 -bis , 28, 30 e 38bis del d.P.R. n. 633 del 1972 e, «per quanto occorrer possa»,
dell’art. 8 della legge 212 del 2000, dell’art. 2, comma 8 -bis , del d.P.R. 322 del 1998 e dell’art. 1 del d.l. 258 del 2006, conv. in legge n. 278 del 2006, nonché dell’art. 11 delle disposizioni preliminari al codice civile.
1.1. Sostiene la ricorrente che i giudici di appello avevano errato nel determinare la decorrenza del termine biennale previsto dall’art. 21 del d.lgs. n. 546 del 1992 per le istanze di rimborso cd. anomale, come quella di specie, dalla consumazione del diritto alla detrazione (ex art. 2, comma 1, ultima parte, del d.lgs. n. 313 del 1997, secondo cui «Il diritto alla detrazione dell’imposta relativa ai beni e servizi acquistati o importati sorge nel momento in cui l’imposta diviene esigibile e può essere esercitato, al più tardi, con la dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui il diritto alla detrazione è sorto ed alle condizioni esistenti al momento della nascita del diritto medesimo»), di fatto postergando di un ulteriore biennio il termine, anch’esso biennale, previsto dal citato art. 21.
Il motivo è fondato e va accolto.
Il ricorso in esame ripropone la questione, più volte esaminata da questa Corte (cfr., ex multis , Cass. n. 16763 del 2017; Cass. n. 4150 del 2018; Cass. n. 2534 del 2018) delle detraibilità dell’IVA sugli acquisti di autoveicoli e telefoni portatili impiegati nell’ambito dell’attività d’impresa, le cui limitazioni , previste all’epoca dei fatti di causa dall’art. 19 -bis1, comma 1, lett. c) e d), del d.P.R. n. 633 del 1972, hanno trovato regolamentazione con il d.l. n. 258 del 2006, conv., con modif. in l. n. 278 del 2006, emanato per dare attuazione alla sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione del 14 settembre 2006 in C-228/05, non self excuting , che ha stabilito che i limiti posti dalla legislazione italiana alla detrazione Iva per determinati beni erano contrari alle disposizioni del diritto comunitario: pertanto i contribuenti ai quali la normativa nazionale non aveva consentito di
detrarre l’Iva assolta sull’acquisto di detti beni avrebbero potuto recuperare tale imposta conformemente alle disposizioni contenute nell’articolo 17 della sesta direttiva comunitaria (“nella misura in cui i beni e i servizi sono stati impiegati ai fini di operazioni soggette ad imposta”) a partire dal 15 settembre 2006 anche per le annualità pregresse.
3.1. Con il sopra citato decreto-legge è stato vietato ai contribuenti di portare in detrazione secondo le regole ordinarie l’Iva pagata dal 1° gennaio 2003 al 13 settembre 2006, e con il provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate del 22 febbraio 2007 sono state individuate due procedure alternative per il recupero dell’imposta: una basata sulla determinazione forfetaria del rimborso (da chiedere attraverso l’utilizzo di un apposito modello approvato con il successivo provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate 22 febbraio 2007, da inviare telematicamente entro il 22 ottobre 2007) e l’altra sulla determinazione analitica degli importi da chiedere in restituzione.
3.2. I contribuenti che non avevano inteso aderire al rimborso nella percentuale forfetaria stabilita dall’Agenzia, ovvero che per un motivo qualsiasi non avevano presentato istanza entro il 22 ottobre 2007, avevano la possibilità di dimostrare il diritto ad una detrazione in misura superiore presentando apposita istanza ai sensi del d.lgs. n.546 del 1992, art.21, entro il 15 novembre 2008, ovvero entro due anni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del d.l. n.258 del 2006.
3.3. Gli effetti della sentenza sono stati immediati per tutti gli acquisti effettuati dal 14 settembre 2006, mentre per quelli precedenti il decreto-legge è stato recuperata, a favore dei contribuenti pregiudicati dalla norma dichiarata incompatibile con la norma comunitaria, la detraibilità dell’Iva sugli acquisti di beni e
servizi inerenti all’esercizio dell’impresa a partire «dall’1gennaio 2003 e fino al 13 settembre 2006» (provvedimento Direttore Agenzia delle Entrate del 22 febbraio 2007;
3.4. Questa Corte – premesso che la sentenza della Corte di giustizia richiedeva una disciplina amministrativa di attuazione adottata con il D.L. 258 e dettante modalità di esercizio e cadenze temporali con decorrenza dalla sua data di entrata in vigore (Cass. n. 5411 del 2012 e n. 27185 del 2014; conf. nn. 3008, 3024, 3259, 3260 del 2013) – ha chiarito che tale disciplina non interferisce, però, coi giudizi in corso su istanze di rimborso avanzate e disattese prima della ridetta sentenza comunitaria del 14 settembre 2006 (Cass. n. 11943 del 2012). Infatti, la circostanza che sia la richiesta di rimborso IVA sia il ricorso al giudice tributario siano stati presentati anteriormente all’entrata in vigore del D.L. n.258/2006, porta ad escludere l’applicabilità della normativa sopravvenuta riguardo alle formalità prescritte per l’ammissibilità della domanda. Le previsioni sopravvenute sono estranee alla fattispecie perché regolano – in sede di prima applicazione ovverosia allorché la statuizione comunitaria sia invocata per la prima volta dal contribuente – unicamente la procedura amministrativa delle istanze fondate sulla sentenza della Corte di giustizia del 14 settembre 2006 (C-228/05), alla cui attuazione sono espressamente destinate, quindi, le istanze di rimborso presentate all’amministrazione finanziaria successivamente a detta sentenza (cfr. Cass. n. 5174 del 2016 che richiama Cass. n. 14064 del 2012). In altri termini, la normativa attuativa, per evidente coerenza logica e costituzionale, è applicabile ai giudizi pendenti alla data del 14 settembre 2006 unicamente laddove essa è diretta a considerare, per gli acquisti effettuati dal primo gennaio 2003 al 13 settembre 2006, in ogni caso ampliati i termini di decadenza per la presentazione dell’istanza, ossia estesi sino alla scadenza del biennio
dal 15 novembre 2006, come precisato nel provvedimento direttoriale, ovvero, in base a una diversa tesi, dal 23 febbraio 2007 data di pubblicazione in G.U. del provvedimento direttoriale che fissa alcuni contenuti dell’istanza (così Cass. n. 5176 del 2016; Cass. n. 8373, n. 14789 e n. 14790 del 2015; v. anche Cass. n. 27185 e n. 23552 del 2014).
3.5. Orbene, nel caso in esame, l’IVA sugli acquisti è stata versata in epoca precedente al 1° gennaio 2003 e, conseguentemente, è esclusa dal recupero generalizzato di cui al citato provvedimento. L’istanza di rimborso – fondata sulla non conformità della norma interna con la sesta direttiva – è stata presentata il 28 ottobre 2005, ossia in epoca anteriore alla data (14 settembre 2006) della pronuncia comunitaria. Essa, intervenuta in corso di causa, ha solo confermato il sostrato giuridico della tesi della non conformità, costituente già la causa petendi della richiesta di rimborso e del ricorso al giudice tributario (conf. Cass. ult. cit.).
3.6. Ne deriva, alla luce dei principi sopra illustrati, che nel caso in esame, vertendosi su rimborsi per gli anni 2001 e 2002, riguardo a tutte le somme pagate dalla contribuente per IVA assolta prima del 12 maggio 2003 non operano i termini ampliati di cui al d.l. n.258 del 2006, né gli art. 19 e 57 del d.P.R. 633 del 1972, bensì l’ordinario termine di decadenza previsto dall’art. 21 del d.lgs. n. 546 del 1992 per qualsivoglia rimborso atipico anche di derivazione comunitaria (conf. nello stesso senso Cass., Sez. U, n.13676 del 2014).
3.7. Costituisce, invero, ius receptum il principio secondo cui, i tributi dichiarati in contrasto con il diritto comunitario sono equiparati ai tributi pagati in base a norma dichiarata incostituzionale, che è eliminata con effetto retroattivo dall’ordinamento, con la conseguenza che i pagamenti assumono ex post la qualifica di pagamenti non dovuti, con il limite per cui il rimborso non è dovuto quando il
pagamento si collega a un rapporto esaurito (intendendosi con tale espressione anche il caso in cui sia scaduto il termine per chiedere il rimborso, che decorre in questo caso dal pagamento: cfr. Cass., Sez. U., n.13676 del 2016 cit. e, di recente, tra le molte, nella specifica materia Cass. n. 16763 del 2017). Nell’ordinamento tributario vige, per la ripetizione del pagamento indebito, un regime speciale basato sull’istanza di parte, da presentare, a pena di decadenza, nel termine previsto dalle singole leggi di imposta o, comunque in difetto dalle norme sul contenzioso tributario (art.16, comma sesto, del d.p.r. 26 ottobre 1972 n.636 e, ora, artt.19, comma 1, lett. g, e 21, comma 2, del d.1gs. 31 dicembre 1992 n. 546, secondo il quale «la domanda di restituzione, in mancanza di disposizioni specifiche, non può essere presentata dopo due anni dal pagamento ovvero, se posteriore, dal giorno in cui si è verificato il presupposto della restituzione»).
3.8. Ed al riguardo va osservato, che, in ipotesi, quale quella in esame, in cui «in mancanza di disciplina comunitaria di domande di rimborso delle imposte indebitamente prelevate, spetta all’ordinamento giuridico interno di ciascuno Stato membro stabilire i requisiti al ricorrere dei quali tali domande possano essere presentate, purché i requisiti in questione rispettino i principi di equivalenza e di effettività» (Corte di Giustizia, sentenza 15 marzo 2007, causa C-35/05 Reemtsma RAGIONE_SOCIALE) e che «la previsione di un termine di decadenza di due anni entro il quale il soggetto passivo può reclamare il rimborso dell’IVA versata a torto nei confronti dell’Amministrazione finanziaria, mentre il termine di prescrizione per le azioni di ripetizione dell’indebito oggettivo tra privati è decennale» è compatibile con il diritto dell’Unione in quanto «non è di per sé contraria al principio di effettività» (cfr. Corte di Giustizia, 15 dicembre 2011, C427/10, p-27 che richiama la sentenza 17 novembre 1998, causa C-228/96, Aprile, punto 19; sent. 30
giugno 2011, causa C-262/09 Meilicke e a., punto 56; sentenza 8 settembre 2011, cause riunite C-89/10 e C-96/10. Q-Beef) e COGNOME, punto 42), essendo idoneo a consentire a qualsiasi soggetto passivo normalmente diligente di far validamente valere di diritti attribuitigli dall’ordinamento giuridico dell’Unione (Corte di Giustizia 15 dicembre 2011, C-427/10, che richiama la sentenza 21 gennaio 2010, causa C.472/08, RAGIONE_SOCIALE, punti 20 e 21).
3.9. In applicazione di tali principi questa Corte, proprio in relazione al rimborso dell’IVA sugli acquisti dei veicoli, ha chiarito che relativamente agli acquisti effettuati prima del 1° gennaio 2003 (quelli successivi hanno beneficiato del d.l. n.258 del 2006), il termine di decadenza ex art. 21 del d.lgs. 546 del 1992 decorre dalla data del pagamento (Cass. n. 8373/2015; n. 9034/2015; conf. Cass. n. 16763 del 2017); che diversamente, la CTR ha determinato la decorrenza del termine biennale dalla consumazione del diritto alla detrazione, sulla base di una ricostruzione teorica non condivisibile sulla base dei principi di cui sopra si è detto sull’indebito comunitario.
Il complesso delle argomentazioni svolte giustifica la cassazione della sentenza e, non essendovi necessità di ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito dichiarando inammissibile l’originario ricorso della società contribuente stante la tardività dell’istanza di rimborso, avanzata, per come ampiamente detto sopra, ben oltre il termine biennale di ci all’ art. 21 del d.lgs. n. 546 del 1992, applicabile nella fattispecie in esame.
La controricorrente, rimasta soccombente, va condannata al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità nella misura liquidata in dispositivo, mentre vanno compensate tra le parti le spese dei gradi di merito.
accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, dichiara inammissibile l’originario ricorso della società contribuente che condanna al pagamento delle spese processuali liquidate in euro 8.200,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito. Compensa le spese dei gradi di merito.
Così deciso in Roma il 13 febbraio 2025