Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 15382 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 15382 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 09/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso n. 14619/2022 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, nella persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO, con domicilio eletto presso lo studio di detto difensore sito in RomaINDIRIZZO, giusta procura in calce al ricorso per cassazione;
PEC: EMAIL
–
ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, nella persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’RAGIONE_SOCIALE, presso la cui sede è domiciliata, in Roma, alla INDIRIZZO
PEC: EMAIL
avverso la sentenza RAGIONE_SOCIALEa Commissione tributaria regionale del Lazio n. 5538/2021, depositata il 2 dicembre 2021, non notificata; udita la relazione RAGIONE_SOCIALEa causa svolta nella camera di consiglio del 26 febbraio 2025 dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO CHE
1. La Commissione tributaria regionale ha accolto l’appello proposto dall ‘RAGIONE_SOCIALE avverso la sentenza di primo grado che aveva accolto il ricorso presentato dalla società RAGIONE_SOCIALE, avente ad oggetto il diniego del rimborso indicato in atti, per tardività ex art. 21, comma 2, d.lgs. n. 546 del 1992, RAGIONE_SOCIALEa richiesta di restituzione RAGIONE_SOCIALE‘IVA corrisposta in eccesso sulla fattura n. 2 del 24 gennaio 2013, emessa nei confronti del RAGIONE_SOCIALE, concernente la somma anticipata nella fase di esecuzione dei lavori ed assoggettata ad aliquota IVA ordinaria, in luogo di quella agevolata, applicata dalla società subappaltatrice sulla base RAGIONE_SOCIALE attività effettivamente svolte nel corso del periodo d’imposta 201 3.
2. I giudici di secondo grado, per quanto rileva in questa sede, hanno ritenuto applicabile l’art. 21, comma 2, del d.lgs. n. 546 del 1992 e hanno evidenziato la piena compatibilità RAGIONE_SOCIALE‘art. 21 citato con il diritto europeo, individuando il presupposto per la restituzione nel momento in cui le società subappaltatrici avevano fatturato le proprie prestazioni, applicando un’aliquota agevolata, in quanto in tale momento la società contribuente aveva potuto constatare l’avvenuto versamento di una somma, a titolo d’Iva, maggiore rispetto al dovuto; la società ricorrente avrebbe dovuto produrre gli atti al fine di dimostrare la tempestività RAGIONE_SOCIALEa propria azione e, in ogni caso, pur in assenza di prova, le fatture non potevano avere una data successiva a quella di presentazione RAGIONE_SOCIALEa rendicontazione prodotta al RAGIONE_SOCIALE (27 novembre 2014), data comunque
inidonea a garantire il rispetto del termine biennale di decadenza rispetto alla data di presentazione RAGIONE_SOCIALE‘istanza di rimborso (28 novembre 2017); nessun rilievo rivestiva la data del 31 dicembre 2015, relativa alla definizione dei rapporti convenzionali tra la società contribuente e la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, ma ininfluente ai fini dei rapporti con l’RAGIONE_SOCIALE; era pure assente la prova, il cui onere incombeva sulla società contribuente, RAGIONE_SOCIALE‘avvenuta restituzione al committente RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE‘importo pa gato a titolo di rivalsa, in assenza RAGIONE_SOCIALEa quale si poteva verificare un indebito arricchimento in favore RAGIONE_SOCIALEa stessa società ricorrente.
La società RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione con atto affidato a due motivi.
L’RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso.
CONSIDERATO CHE
1. Il primo motivo di ricorso deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione o falsa applicazione degli artt. 21, comma 2, del d.lgs. n. 546 del 1992, 2946 c.c., 21 del d.P.R. n. 633 del 1972 e 4, par. 3, del Trattato UE. La CTR adita aveva errato nella individuazione di un dies a quo impossibile e sconnesso dalla prassi commerciale regolata dalle relative norme di applicazione RAGIONE_SOCIALE‘imposta sul valore aggiunto. Una corretta interpretazione RAGIONE_SOCIALEa norma che si denunciava violata imponeva di individuare, rispetto alla fattispecie in esame, la data del 31 dicembre 2015, quale termine perentorio previsto dalla normativa comunitaria (i.e. art. 56, par. I del Regolamento generale), per la ammissibilità RAGIONE_SOCIALE spese sostenute dai beneficiari. La CTR adita non aveva considerato che l’ordinaria prescrizione decennale, in luogo del termine biennale ex art. 21 del d.lgs. n. 546 del 1992, derivava dalla natura di indebito oggettivo del rimborso in parola, riferito ad un’imposta versata in eccesso rispetto a quanto effettivamente dovuto. Inoltre, per la CTR adita, il dies a quo
da cui far decorrere il termine di decadenza coincideva con un momento (i.e. la fatturazione) addirittura anteriore al requisito primario individuato dall’art. 21 citato del «versamento» RAGIONE_SOCIALE‘imposta di cui si chiedeva la restituzione. La CTR adita aveva errato nella parte in cui aveva affermato la decorrenza del termine decadenziale dalla ricezione di una fattura passiva che esponeva un’Iva con aliquota agevolata (i.e. al 10%) che la Società si era limitata ad onorare, in quanto non era logicamente possibile avvedersi del versamento di una maggiore imposta dovuta nel momento in cui si riceveva una fattura passiva con una aliquota Iva già ridotta, né diversamente poteva opinarsi con riferimento alla ricezione di una fattura con aliquota agevolata, atteso che, come era emerso dagli atti versati in giudizio, la CTR adita non si era nemmeno avveduta che la RAGIONE_SOCIALE riceveva fatture passive dai propri subappaltatori sia con aliquota ordinaria (i.e. 21% e 22%), che con aliquota agevolata (i.e. 10%); per quanto attiene alla reportistica di rendicontazione relativa alla RAGIONE_SOCIALE era il 31 dicembre 2015 il termine per l’ammissibilità RAGIONE_SOCIALE spese «per le quali non era prevista alcuna possibilità di proroga» e soltanto successivamente al 31 dicembre 2015 (ovvero il 1° gennaio 2016) si cristallizzavano in via definitiva gli importi contenuti nelle rendicontazioni che RAGIONE_SOCIALE doveva produrre al RAGIONE_SOCIALE o aveva precedentemente prodotto, come previsto dal Regolamento Comunitario che, in quanto norma self-executing , era atto vincolante con portata generale, direttamente applicabile ed obbligatorio in tutti i suoi elementi (art. 249 TFUE). Conseguentemente, al fine di una corretta interpretazione RAGIONE_SOCIALEa norma che si denunciava violata, la CTR adita non avrebbe potuto che individuare in tale data (i.e. il 31 dicembre 2015) il dies a quo per il decorso del termine decadenziale di cui all’art. 21, comma 2 , del d.lgs. n. 546 del 1992.
1.1 Il motivo è infondato.
1.2 Occorre premettere che il rimborso del credito d’imposta consiste nella restituzione al contribuente RAGIONE_SOCIALE somme che ha indebitamente versato o che ha versato in misura superiore a quelle dovute e si concretizza in una posizione creditoria che può essere oggetto di una domanda di restituzione RAGIONE_SOCIALE somme illegittimamente prelevate. A chi ha erroneamente pagato è attribuita l’azione di ripetizione che, nel diritto tributario, si traduce nella possibilità di presentare l’istanza di rimborso, la cui disciplina si differenzia a seconda RAGIONE_SOCIALEa natura RAGIONE_SOCIALE imposte, periodica e non, dirette e indirette. E mentre con riferimento alle imposte aventi natura periodica, il diritto di credito del contribuente trova origine da una dichiarazione, anche in rettifica RAGIONE_SOCIALEa precedente, e può essere oggetto di una domanda di rimborso o può essere portato in detrazione o compensazione, con riferimento ad altre ipotesi necessita una specifica istanza di rimborso. Inoltre, il rimborso d’ufficio, previsto nei casi tassativamente previsti dalla legge, viene eseguito autonomament e dall’Amministrazione RAGIONE_SOCIALE e determina l’insorgenza a carico RAGIONE_SOCIALE‘Ufficio di un vero e proprio obbligo di provvedere alla restituzione RAGIONE_SOCIALE somme indebitamente versate, a differenza del rimborso su istanza del contribuente che richiede la presentazione di una domanda specifica del contribuente, non inserita nella dichiarazione annuale, con la quale si chiede la restituzione RAGIONE_SOCIALE maggiori somme versate e che deve essere presentata, a pena di decadenza, entro un determinato termine.
1.3 Nell’ordinamento tributario vige, dunque, per la ripetizione del pagamento indebito, un regime speciale basato sull’istanza di parte, da presentare, a pena di decadenza dal relativo diritto, nel termine previsto dalle singole leggi di imposta o, in mancanza di queste, dalle norme del contenzioso tributario: l’art. 38 del d.P.R. n. 602/1973 , l’art. 30 del d.P.R. n. 633 del 1972, e l’art. 21, comma 2, del decreto legislativo n. 546/1992, norma quest’ultima residuale e di chiusura del sistema (Cass., 11 novembre 2019, n. 29043; Cass., 11 dicembre
2019, n. 32424). Alla domanda di rimborso o restituzione del credito maturato dal contribuente si applica, quindi, in mancanza di una disciplina specifica posta dalla legislazione speciale in materia, la norma generale residuale di cui all’art. 21, comma 2, del decreto legislativo n. 546/1992 (Cass., 26 ottobre 2021, n. 30083; Cass., 6 novembre 2019, n. 28565). Sicché, in tema di imposta sul valore aggiunto, la domanda di rimborso non rientrante tra le ipotesi disciplinate dall’art. 30 del d.P.R. n. 633 del 1972, né contemplata da disposizioni specifiche, va proposta a norma RAGIONE_SOCIALE‘art. 21, comma 2, del decreto legislativo n. 546 del 1992; l’art. 21, secondo il quale « la domanda di restituzione, in mancanza di disposizioni specifiche, non può essere presentata dopo due anni dal pagamento ovvero, se posteriore, dal giorno in cui si è verificato il presupposto RAGIONE_SOCIALEa restituzione ». Va, quindi, ribadito il principio secondo cui « In tema d’IVA, alla domanda di rimborso non rientrante tra quelle previste dall’art. 30 del d.P.R. n. 633 del 1972, nel testo “pro tempore” vigente, e perciò non contemplata da disposizioni specifiche, si applica l’art. 21, comma 2, del d.lgs. n. 546 del 1992, di carattere residuale e secondo il quale “la domanda di restituzione, in mancanza di disposizioni specifiche, non può essere presentata dopo due anni dal pagamento ovvero, se posteriore, dal giorno in cui si è verificato il presupposto RAGIONE_SOCIALEa restituzione » (Cass., 31 luglio 2019, n. 20573; Cass., 23 ottobre 2015, n. 21674; Cass., 8 giugno 2011, n. 12433).
1.4 La giurisprudenza di questa Corte ha pure precisato che, in tema di IVA, l’esposizione di un credito d’imposta nella dichiarazione dei redditi fa sì che non occorra, da parte del contribuente, al fine di ottenere il rimborso, alcun altro adempimento, dovendo solo attendere che l’Amministrazione RAGIONE_SOCIALE eserciti, sui dati esposti in dichiarazione, il potere-dovere di controllo secondo la procedura di liquidazione RAGIONE_SOCIALE imposte ovvero, ricorrendone i presupposti, attraverso lo strumento RAGIONE_SOCIALEa rettifica RAGIONE_SOCIALEa dichiarazione, con la
conseguenza che il relativo credito del contribuente è soggetto all’ordinaria prescrizione decennale, mentre non è applicabile il termine biennale di decadenza previsto dall’art. 21, comma 2, del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, in quanto l’istanza di rimborso non integra il fatto costitutivo del diritto ma solo il presupposto di esigibilità del credito (Cass., 28 settembre 2016, n. 19115; Cass., 1 ottobre 2014, n. 20678; Cass., 27 marzo 2013, n. 7706; Cass., 11 settembre 2012, n. 15229; Cass., 30 settembre 2011, n. 20039 e, più di recente, Cass., 1 settembre 2023, n. 25612).
1.5 Dunque ove si tratti di istanza di rimborso relativa all’eccedenza d’imposta IVA risultante dalla dichiarazione annuale, la fattispecie, regolata dall’art. 30, comma 2, del d.P.R. n. 633 del 1972, è assoggettata all’ordinario termine di prescrizione decennale, non a quello biennale di decadenza di cui all’art. 21, comma 2, del d.lgs. n. 546 del 1992, applicabile, come già detto, solo in via sussidiaria e residuale.
1.6 Dalla lettura RAGIONE_SOCIALEa disposizione di diritto interno di cui all’art. 21, comma 2, del d.lgs. n. 546 del 1992, si evince che la domanda di restituzione di un’imposta non dovuta « in mancanza di disposizioni specifiche, non può essere presentata dopo due anni dal pagamento ovvero, se posteriore, dal giorno in cui si è verificato il presupposto per la restituzion e», non trovando applicazione il diverso termine ordinario di prescrizione decennale previsto per l’indebito oggettivo (artt. 2033 e 2946 c.c.) (cfr. Cass., 14 giugno 2012, n. 9818; Cass., 16 gennaio 2016, n. 1426). Nei casi in cui si fa applicazione RAGIONE_SOCIALEa disciplina generale prevista dal ricordato art. 21, comma 2, il termine di due anni per la presentazione RAGIONE_SOCIALEa domanda di restituzione RAGIONE_SOCIALE‘imposta versata in eccedenza decorre « dal pagamento ovvero, se posteriore, dal giorno in cui si è verificato il presupposto per la restituzione ». Orbene, questa Corte ha ritenuto che il soggetto legittimato può chiedere all’amministrazione RAGIONE_SOCIALE il rimborso RAGIONE_SOCIALE‘Iva (anche) dopo il
decorso del termine di decadenza ex art. art. 21, comma 2, del d.lgs. n. 546 del 1992, nel solo caso in cui abbia a sua volta rimborsato l’imposta al committente in esecuzione di un provvedimento coattivo; ciò conformemente a quanto affermato dalla Corte di giustizia UE con la sentenza del 15 dicembre 2011 (causa C-427/10), per cui il principio di effettività del diritto comunitario non osta ad una normativa nazionale in materia di ripetizione RAGIONE_SOCIALE‘indebito che preveda un termine di prescrizione per il committente più lungo di quello di decadenza previsto per il prestatore del servizio, a meno che il soggetto passivo resti completamente privato del diritto di ottenere dall’Amministrazione RAGIONE_SOCIALE il rimborso RAGIONE_SOCIALE‘IVA non dovuta, ma solo se questo ha ad oggetto l’imposta che «egli stesso ha dovuto rimborsare al committente dei suoi servizi» in forza di un comando imperativo, e non già per qualsiasi imposta RAGIONE_SOCIALEa quale il committente pretenda o abbia preteso il rimborso, né per quella che il prestatore abbia rimborsato spontaneamente (Cass., 20 luglio 2021, n. 12666; Cass. 24 febbraio 2015, n. 3627). Questa Corte ha specificamente ritenuto -sia pur in vicenda che atteneva ai rapporti fra concessionario e amministrazione fiscale- che «… Il soggetto passivo RAGIONE_SOCIALE‘imposta, pertanto, dopo la scadenza del detto termine di decadenza, può chiedere il rimborso RAGIONE_SOCIALE‘IVA non dovuta non già per qualsiasi imposta RAGIONE_SOCIALEa quale il “committente di servizi” pretenda o abbia preteso il rimborso per la sua qualità di “prestatore di detti servizi”, ne’ per quella che esso abbia rimborsato spontaneamente, ma esclusivamente per quell’imposta che ha “dovuto rimborsare al committente” detto, vale a dire per l’imposta il cui rimborso in favore del committente sia stato effettivamente eseguito in esecuzione di un provvedimento coattivo di rimborso a suo danno ed in favore del committente, la cui pretesa restitutoria, siccome inidonea a far sorgere un qualche dovere di rimborso a carico del “prestatore di detti servizi”, non consente di superare la decadenza, eventualmente verificatasi, del “prestatore di detti servizi”
dall’eventuale diritto di rimborso nei confronti RAGIONE_SOCIALE‘amministrazione RAGIONE_SOCIALE finché non si concretizza con l’adempimento RAGIONE_SOCIALE‘afferente comando imperativo da parte del prestatore di servizi. Il più breve termine di decadenza previsto dalla norma nazionale nel regolare i rapporti RAGIONE_SOCIALE stesso con l’amministrazione RAGIONE_SOCIALE può dunque essere disapplicato solo per garantire il principio di effettività, ovvero, per dirla con la Corte di giustizia, per evitare che “le conseguenze dei pagamenti indebiti RAGIONE_SOCIALE‘IVA imputabili allo RAGIONE_SOCIALE” siano sopportate “esclusivamente dal soggetto passivo di tale imposta ‘» (cfr. Cass., 10 dicembre 2014, n. 25988; Cass., 16 gennaio 2016, n. 1426 e, più di recente, Cass., 3 aprile 2023, n. 9199).
1.7 Più in particolare la Corte di Giustizia UE ha evidenziato che proprio in mancanza di una disciplina eurounitaria in materia di ripetizione di imposte nazionali indebitamente riscosse, spetta all’ordinamento giuridico interno di ciascuno RAGIONE_SOCIALE membro regolare le procedure per l’esercizio dei diritti suindicati stabilendo i relativi termini di decadenza o di prescrizione, purché ragionevoli, per la presentazione RAGIONE_SOCIALE domande di rimborso e non lesivi dei principi di effettività e non discriminazione (cfr. Corte di giustizia UE, 17 novembre 1998, causa C- 228196; Corte di Giustizia UE, 11 luglio 2002, causa C-62/00; Corte di Giustizia UE, 21 gennaio 2010, causa C- 472/08) e che un termine di decadenza di due anni, come quello in discussione, è da ritenersi ragionevole (Corte di Giustizia UE, 8 maggio 2008, causa C-95/07; con espresso riguardo al termine biennale previsto dall’art. 21 del d.lgs. n. 546 del 1992, Corte di Giustizia UE, 15 dicembre 2011, causa C427/10, punto 25, citata).
1.8 Inoltre il principio di neutralità RAGIONE_SOCIALE‘IVA richiede che il soggetto che abbia versato l’imposta non dovuta, in quanto erroneamente liquidata in fattura, possa recuperare tale importo, essendo necessario considerare, per quanto di qui a poco si dirà, che il soggetto «obbligato al pagamento RAGIONE_SOCIALEa imposta» non coincide con il soggetto «obbligato in
rivalsa», disponendo l’art. 21, paragrafo 1, lett. c), RAGIONE_SOCIALEa Sesta direttiva 77/388/CEE del Consiglio del 17 maggio 1977, e che il soggetto passivo d’imposta è esclusivamente colui che «indichi l’imposta sul valore aggiunto in una fattura o in altro documento che ne fa le veci», disposizione riprodotta nell’art. 203 RAGIONE_SOCIALEa nuova Direttiva IVA, 2006/112/CE del Consiglio del 28/11/2006, che prevede che « L’IVA è dovuta da chiunque indichi tale imposta in una fattura ». Però, in caso di operazione erroneamente assoggettata ad IVA (come, nella specie, ad un’aliquota eccedente quella applicabile) non è ammessa la detrazione RAGIONE_SOCIALE‘imposta pagata e fatturata atteso che, ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 19, del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, e in conformità RAGIONE_SOCIALE‘art. 17 RAGIONE_SOCIALEa direttiva del Consiglio CEE del 15 maggio 1977, n. 77/388/CEE, e degli artt. 167 e 63 RAGIONE_SOCIALEa successiva direttiva del Consiglio del 28 novembre 2006 n. 2006/112/CE, l’esercizio del relativo diritto presuppone l’effettiva realizzazione di un’operazione assoggetta bile a tale imposta nella misura dovuta. Si profila, pertanto, una divergenza tra il rapporto di diritto civile, instaurato tra cedente/prestatore e cessionario/committente avente ad oggetto l’adempimento RAGIONE_SOCIALE‘obbligazione in rivalsa, ed il rapporto di diritto tributario, instaurato tra cedente/prestatore (emittente fattura e soggetto passivo d’imposta) ed Amministrazione (Cass., 17 febbraio 2025, n. 4101, in motivazione).
1.9 La giurisprudenza di questa Corte sul tema può essere sintetizzata nei seguenti princìpi di diritto: «In caso di operazione erroneamente assoggettata ad IVA (nella specie ad un’aliquota eccedente quella applicabile) non è ammessa la detrazione RAGIONE_SOCIALE‘imposta pagata e fatturata atteso che, ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 19, del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, e in confo rmità RAGIONE_SOCIALE‘art. 17 RAGIONE_SOCIALEa direttiva del Consiglio CEE del 15 maggio 1977, n. 77/388/CEE, e degli artt. 167 e 63 RAGIONE_SOCIALEa successiva direttiva del Consiglio del 28 novembre 2006 n. 2006/112/CE (come interpretati dalla giurisprudenza RAGIONE_SOCIALEa Corte di giustizia), l’esercizio del
relativo diritto presuppone l’effettiva realizzazione di un’operazione assoggettabile a tale imposta nella misura dovuta», con la conseguenza che, «ove l’operazione sia stata erroneamente assoggettata all’IVA, per la misura non dovuta sono privi di fondamento il pagamento RAGIONE_SOCIALE‘imposta da parte del cedente (il quale ha diritto di chiedere all’Amministrazione il rimborso di quanto versato in eccesso); la rivalsa effettuata dal cedente nei confronti del cessionario (il quale ha diritto di chiedere al cedente la restituzione RAGIONE_SOCIALE‘IVA in via di rivalsa, nella parte erroneamente versata); la detrazione operata dal cessionario nella sua dichiarazione IVA, con conseguente poteredovere RAGIONE_SOCIALE‘Amministrazione di escludere la detrazione RAGIONE_SOCIALE‘imposta così pagata in rivalsa»; (cfr., in termini, Cass. 17 febbraio 2025, n. 4101; Cass. 8 novembre 2022, n. 32900; Cass., 3 dicembre 2020, n. 27649 Cass., 24 maggio 2019, n. 14179).
1.10 Siffatto orientamento trova conferma nella giurisprudenza unionale, la quale ha riconosciuto che un sistema nel quale, da un lato, il venditore del bene che ha versato erroneamente alle autorità tributarie l’IVA può chiederne il rimborso e, dall’altro, l’acquirente di tale bene può esercitare un’azione civilistica di ripetizione RAGIONE_SOCIALE‘indebito nei confronti di tale venditore, è rispettoso dei principi di equivalenza ed effettività nonché di quello di neutralità (Corte di Giustizia UE, 15 marzo 2007, Reemtsma Cigarettenfabriken, punti 38 e 39) (cfr. Cass. 17 febbraio 2025, n. 4101, in motivazione).
1.11 Tanto premesso, va anzitutto rammentato che nel presente procedimento viene in discussione la pretesa al rimborso del tributo IVA versato in eccesso sulla fattura emessa con applicazione RAGIONE_SOCIALE‘aliquota al 21% nei confronti del RAGIONE_SOCIALE, che aveva corrisposto alla società contribuente un’anticipazione all’inizio dei lavori, rispetto a quanto effettivamente dovuto, in ragione RAGIONE_SOCIALE‘applicazione RAGIONE_SOCIALE‘aliquota agevolata al 10% da parte RAGIONE_SOCIALEa società subappaltatrice RAGIONE_SOCIALE, la quale aveva emesso fatture applicando, appunto, questa aliquota. In
particolare, si riferisce in ricorso, nell’ambito RAGIONE_SOCIALEa realizzazione dei RAGIONE_SOCIALE, di cui la società ricorrente (che ha come unica azionista il RAGIONE_SOCIALE), in virtù di accordi di programmi e di convenzioni operative sottoscritte tra le Regioni e il RAGIONE_SOCIALE, aveva curato il procedimento di attuazione con l’utilizzo di risorse comunitarie, la società RAGIONE_SOCIALE, ricevuta un’anticipa zione da parte del RAGIONE_SOCIALE, aveva emesso nei confronti del RAGIONE_SOCIALE la fattura n. 2 del 24 gennaio 2013 con l’aliquota del 21% in relazione alla RAGIONE_SOCIALE per lo sviluppo RAGIONE_SOCIALEa banda larga sul territorio regionale campano sottoscritta il 24 gennaio 2013 tra la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE e il RAGIONE_SOCIALE; la società subappaltatrice dei lavori RAGIONE_SOCIALE aveva emesso le fatture per il periodo d’imposta 2013 con l’aliquota del 10% (come si legge a pag. 6 del ricorso per cassazione, mentre alle attività di realizzazione degli impianti in fibra ottica era stata applicata l’aliquota agevolata, pari al 10%, all e altre prestazioni di servizi collegate, quali manutenzione RAGIONE_SOCIALE‘infrastruttura e cessione di diritti d’uso, era stata applicata l’ordinaria aliquota IVA). Da ciò la richiesta di rimborso del credito RAGIONE_SOCIALEa differenza tra quanto fatturato al RAGIONE_SOCIALE con l’aliquota del 21% e quanto in realtà si doveva ribaltare sul RAGIONE_SOCIALE con l’aliquota agevolata del 10%, pari ad euro 794.779,61: non si tratta, all’evidenza, di richiesta di rimborso di un credito esposto in dichiarazione, per cui, per quanto detto sopra, trova il referente normativo specifico nell’art. 21, comma 2, d.lgs. n. 546 del 1992.
1.12 Non trova, infatti, applicazione l’art. 30 ter del d.P.R. n. 633 del 1972, introdotto dall’art. 8, comma 1, RAGIONE_SOCIALEa legge n. 167 del 2017 (entrata in vigore il 12 dicembre 2017) successivamente alla presentazione RAGIONE_SOCIALE domande di rimborso in questione (28 novembre 2017) , in quanto l’art. 30 ter del d.P.R. n. 633 del 1972 (che al primo comma stabilisce che « il soggetto passivo presenta la domanda di restituzione RAGIONE_SOCIALE‘imposta non dovuta, a pena di decadenza, entro il termine di due anni dalla data del versamento RAGIONE_SOCIALEa medesima ovvero,
se successivo, dal giorno in cui si è verificato il presupposto per la restituzione ») contempla espressamente all’interno del sistema IVA il diritto alla restituzione RAGIONE_SOCIALE‘indebito, che già era riconosciuto in termini generali in ragione RAGIONE_SOCIALE‘applicazione RAGIONE_SOCIALE‘art. 21 del d.lgs. n. 546 del 1992, la cui formulazione coincide con quella de ll’art. 30 ter comma 1 del d.P.R. n. 633 del 1972.
1.13 Nel caso in esame, dunque, correttamente il giudice di appello ha ritenuto applicabile l’art. 21, comma 2, del d.lgs. n. 546 del 1992 (non trovando applicazione, per i principi suesposti, il diverso termine ordinario di prescrizione decennale) e, sempre correttamente, ha ritenuto tardiva l’istanza di rimborso in quanto presentata dopo il decorso dei due anni previsto dall’art. 21, comma 2, d.lgs. n. 546 del 1992, individuando il presupposto per la restituzione nel momento in cui la società subappaltatrice RAGIONE_SOCIALE aveva fatturato le proprie pr estazioni alla società ricorrente, applicando l’aliquota agevolata del 10%, individuando in questo specifico momento quello in cui la società ricorrente aveva potuto constatare l’errore nell’applicazione RAGIONE_SOCIALE‘aliquota Iva, ovvero l’avvenuto versamento di una somma, a titolo d’Iva, maggiore rispetto al dovuto.
1.13.1 Sul punto, infatti, non è condivisibile la prospettazione RAGIONE_SOCIALEa società ricorrente secondo cui, così individuato il momento temporale di decorrenza del termine biennale, il dies a quo da cui far decorrere il termine di decadenza verrebbe a coincidere con un momento (la fatturazione passiva ricevuta da una controparte commerciale), anteriore al requisito primario RAGIONE_SOCIALE‘art. 21, comma 2, d.lgs. n. 546 del 1992, ovvero del pagamento RAGIONE_SOCIALE‘ imposta di cui si chiede la restituzione, tenuto conto anche che nella prassi commerciale il pagamento di una fattura avviene in un momento successivo all’emissione RAGIONE_SOCIALEa stessa dalla controparte commerciale.
1.13.2 Al riguardo è necessario chiarire che il rimborso di imposta dà, invero, origine ad un rapporto giuridico nel quale – con una netta
inversione dei ruoli rispetto allo schema paradigmatico del rapporto tributario – è il contribuente a rivestire il ruolo attivo, assumendo nei confronti RAGIONE_SOCIALE‘Erario la posizione di creditore di una determinata somma di denaro, per il fatto di avergliela in precedenza versata (Cass., 2 settembre 2022, n. 25999; Cass., 3 marzo 2020, n. 5827). Ed infatti l’istanza di rimborso altro non è se non la richiesta di restituzione di somme indebitamente versate. Non si configura rimborso, difatti, se non vi sia stato prima il versamento del tributo.
Ora, va precisato che il fatto generatore RAGIONE_SOCIALE‘Iva di norma coincide con l’esigibilità, ma ne rimane ontologicamente distinto, giacché esso in realtà s’identifica col materiale espletamento RAGIONE_SOCIALE‘operazione. È, quindi, questo a determinare l’insorgenza del presupposto impositivo e la rilevanza fiscale RAGIONE_SOCIALE‘attività ai fini RAGIONE_SOCIALE‘Iva (Cass., Sez. U., 21 aprile 2016, n. 8059; Cass. 15 ottobre 2018, n. 25658; Cass., 10 maggio 2019, n. 12468). E, tuttavia, come già precisato da questa Corte « Ai fini, poi, RAGIONE_SOCIALEa valutazione di rilevanza RAGIONE_SOCIALE‘adempimento anticipato o RAGIONE_SOCIALE‘anticipata fatturazione, l’art. 10, paragrafo 2, n. 2, RAGIONE_SOCIALEa sesta direttiva (corrispondente all’art. 65 RAGIONE_SOCIALEa direttiva n. 2006/112, nonché, nell’ordinamento interno, all’art. 6, comma 4, del d.P.R. n. 633/72), si discosta dall’ordine cronologico consueto, là dove prevede che, nel caso di versamento di un acconto – o di fatturazione anticipata, l’Iva diventa esigibile senza che la cessione o la prestazione siano state ancora eseguite. Ciò in quanto nel caso di anticipato pagamento (come in quello di anticipata fatturazione RAGIONE_SOCIALE‘acquisto), il contenuto economico RAGIONE_SOCIALE‘operazione si considera già – in tutto o in parte realizzato, dando vita al presupposto fiscalmente sufficiente per la sua imponibilità, sia pure limitatamente all’importo pagato o fatturato, purché tutti gli elementi rilevanti RAGIONE_SOCIALEa futura operazione siano noti al committente/acquirente e l’operazione nel momento RAGIONE_SOCIALE‘acconto o RAGIONE_SOCIALEa fatturazione anticipata sembri certa (Cass. 22 maggio 2015, n. NUMERO_DOCUMENTO; 29 gennaio 2020, n. 1961; 30 dicembre 2020, n. 29859;
quanto alla giurisprudenza unionale, si veda in particolare Corte giust. 31 maggio 2018, cause C-660 e 661/16)» (Cass., 27 maggio 2021, n. 14716). L’orientamento è conforme alla giurisprudenza unionale, secondo cui, ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘articolo 203 RAGIONE_SOCIALEa direttiva IVA, l’IVA è dovuta da chiunque indichi tale imposta in una fattura, posto che, secondo la giurisprudenza RAGIONE_SOCIALEa Corte, l’IVA indicata in una fattura è dovuta dall’emittente di tale fattura, anche in assenza di una qualsiasi operazione imponibile reale (Corte di Giustizia UE, 8 maggio 2019, causa C-712/17, punto 26; Corte di Giustizia UE, 8 dicembre 2022, causa C-378/21, punto 19).
1.13.3 Si tratta di principi che si conformano perfettamente alla fattispecie in esame, dove, per quanto rilevato dalla stessa società contribuente, questa, ricevuta l’ «anticipazione» da parte del RAGIONE_SOCIALE aveva ritenuto «prudenzialmente» di emettere la fattura n. 2 del 24 gennaio 2013 con l’aliquota del 21%; dal che deve trarsi la duplice conseguenza che: 1) la fatturazione ha determinato l’esigibilità RAGIONE_SOCIALE‘Iva e, quindi, anche l’obbligo di versamento RAGIONE_SOCIALE‘imposta (e ciò anche senza l’esecuzione RAGIONE_SOCIALEa prestazione); 2) il momento RAGIONE_SOCIALE‘assolvimento RAGIONE_SOCIALE‘imposta, in mancanza di diverse allegazioni, va ancorato al momento RAGIONE_SOCIALEa liquidazione periodica, dovendosi ritenere che l’I va con l’aliquota ordinaria al 21% sull’anticipazione sia stata assolta nella prima liquidazione periodica del tributo da eseguirsi entro il giorno 16 del mese successivo a quello di riferimento.
1.13.4 Deve pertanto confermarsi, in questo specifico caso, l’applicabilità del termine biennale ex art. 21, secondo comma, del d.lgs. n. 546 del 1992 a partire dalla data in cui si verifica il presupposto RAGIONE_SOCIALEa restituzione, che, nel caso in esame, è la data (certa) individuata in quella RAGIONE_SOCIALEa fatturazione (nella sussistenza dei presupposti, che, peraltro, l’RAGIONE_SOCIALE in controricorso contesta ) con aliquota minore da parte RAGIONE_SOCIALEa società subappaltatrice, corrispondente al divario con l’aliquota maggiore, risu ltata non dovuta.
D’altronde, ha precisato la giurisprudenza unionale in fattispecie contigua, « L’articolo 90 RAGIONE_SOCIALEa direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, letto congiuntamente ai principi di neutralità fiscale, di proporzionalità e di effettività, deve essere interpretato nel senso che esso non osta alla normativa di uno RAGIONE_SOCIALE membro che preveda un termine di decadenza, per la presentazione di una domanda di rimborso RAGIONE_SOCIALE‘imposta sul valore aggiunto (IVA) risultante da una ri duzione RAGIONE_SOCIALEa base imponibile RAGIONE_SOCIALE‘IVA in caso di non pagamento totale o parziale, la cui scadenza ha come conseguenza di sanzionare il soggetto passivo non sufficientemente diligente, purché tale termine inizi a decorrere solo dalla data in cui tale soggetto passivo ha potuto, senza dar prova di mancanza di diligenza, far valere il suo diritto alla riduzione » (Corte di Giustizia UE, 29 febbraio 2024, causa C-314/22). Nel caso in esame, il giudice d’appello ha rimarcato l’assenza di prova RAGIONE_SOCIALEa data in cui la contribuente, sulla quale ricadeva il relativo onere, ha ricevuto le fatture RAGIONE_SOCIALEa subappaltatrice e, in mancanza di tale prova, ha ritenuto che le fatture in questione non potessero essere successive alla data (27 novembre 2014) di rendicontazione al RAGIONE_SOCIALE. Nessuna deduzione in fatto contraria, quanto al momento di ricezione RAGIONE_SOCIALE fatture da parte RAGIONE_SOCIALEa RAGIONE_SOCIALE, è stata opposta in ricorso.
1.13.5 Al riguardo, senz’altro n on riveste rilievo, ai fini RAGIONE_SOCIALEa decorrenza del dies a quo , come affermato anche dai giudici di secondo grado, la data del 31 dicembre 2015, termine ultimo di ammissibilità RAGIONE_SOCIALE spese sostenute dai beneficiari, in conformità al Regolamento CE n. 1803/2006 RAGIONE_SOCIALE’11 luglio 2006, e relativo alla definizione dei rap porti convenzionali tra la società ricorrente e la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, perché termine significativo in tema di reportistica di rendicontazione, che individua il termine ultimo entro il quale è possibile sostenere le spese per poi inserirle nella domanda finale di pagamento e che cristallizza in
definitiva gli importi contenuti nella rendicontazione da consegnare al RAGIONE_SOCIALE.
1.13.6 Sul punto, per quanto rilevato sopra, va sottolineato che per il principio di neutralità RAGIONE_SOCIALE‘IVA il soggetto passivo che può agire per il rimborso RAGIONE_SOCIALE‘imposta versata in eccedenza è colui che ha indicato l’imposta sul valore aggiunto in fattura o in altro documento che ne fa le veci e che diversi sono i rapporti che si instaurano tra cedente/prestatore e cessionario/committente avente ad oggetto l’adempimento RAGIONE_SOCIALE‘obbligazione in rivalsa, ed il rapporto di diritto tributario, instaurato tra cedente/prestatore (emittente fattura e soggetto passivo d’imposta) ed Amministrazione (Cass., 17 febbraio 2025, n. 4101, citata, in motivazione). Sicché la data del 31 dicembre 2015, che individua il termine ultimo entro il quale è possibile sostenere le spese per poi inserirle nella domanda finale di pagamento e che cristallizza in definitiva gli importi contenuti nella rendicontazione da consegnare al RAGIONE_SOCIALE, è un momento temporale che rileva nei rapporti (interni) tra la società contribuente e il RAGIONE_SOCIALE e non anche tra la società contribuente e l’Amministrazione RAGIONE_SOCIALE proprio perché differente è il soggetto obbligato ad assolvere l’imposta e il soggetto obbligato in rivalsa.
1.14 Dunque, il termine biennale di decadenza è cominciato a decorrere dalla data di emissione RAGIONE_SOCIALE fatture da parte RAGIONE_SOCIALEa società subappaltatrice, che si colloca, come accertato senza smentita dalla CTR, in un momento non successivo alla rendicontazione del 27 novembre 2014; da quel momento era possibile l’immediato esercizio del diritto al rimborso e solo da tale data poteva dirsi definitivamente acclarata l’erronea applicazione RAGIONE_SOCIALE‘imposta e, dunque, sorgeva la natura indebita del versamento a suo tempo effettuato dalla società ricorrente che imponeva la restituzione di quanto ora come allora non era dovuto. Sorto in tale momento il diritto al rimborso, la cui garanzia e tutela è difesa dal principio di neutralità RAGIONE_SOCIALE‘IVA, la domanda di
restituzione poteva essere, quindi, presentata dalla società ricorrente entro il successivo termine decadenziale di due anni, così evitando l’alterazione del meccanismo di neutralità RAGIONE_SOCIALE‘imposta.
1.15 Deve, pertanto, affermarsi che la CTR, nel ritenere, in questo specifico caso, applicabile alla fattispecie il termine biennale di cui all’art. 21, comma 2, d.lgs. n. 546 del 1992 a partire dalla data di emissione RAGIONE_SOCIALE fatture da parte RAGIONE_SOCIALEa società subappaltatrice con l’aliquota agevolata , che ha collocato nel tempo ancorandola, in mancanza di diversa allegazione e prova, al più tardi alla presentazione RAGIONE_SOCIALEa rendicontazione del 2014, tenendo conto del pregresso versamento del tributo, comprensivo RAGIONE_SOCIALEa parte non dovuta perché corrispondente all’aliquota ordinaria applicata in luogo di quella agevolata, ha correttamente pronunciato.
Il secondo motivo lamenta, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, in quanto la sentenza impugnata non aveva fatto alcun riferimento ai fatti e alle prove addotti dalla società a sostegno RAGIONE_SOCIALEa propria posizione limitandosi ad affermare che la ricorrente avrebbe dovuto produrre gli atti al fine di dimostrare la tempestività RAGIONE_SOCIALEa propria azione e che, in ogni caso, pur in assenza di prova, le fatture non potevano avere una data successiva a quella di presentazione RAGIONE_SOCIALEa rendicontazione prodotta al RAGIONE_SOCIALE (27 novembre 2014), data comunque inidonea a garantire il rispetto del termine biennale di decadenza rispetto alla data di presentazione RAGIONE_SOCIALE‘istanza di rimborso (28 novembre 2017). La società, infatti, aveva fornito un elemento probatorio concreto e idoneo a dimostrare la tempestività RAGIONE_SOCIALEa domanda di rimborso e i giudici di merito avrebbero dovuto necessariamente fare riferimento alla data di trasmissione, a mezzo PEC, del rendiconto finale al RAGIONE_SOCIALE, avvenuta in data 4 dicembre 2015.
2.1 Il motivo è inammissibile.
2.2 Ed invero il vizio contemplato dall’art. 360, comma primo, n. 5, cod. proc. civ. (nella formulazione disposta dall’art. 54 del decreto legge n. 83 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 134 del 2012, applicabile ratione temporis ), concerne esclusivamente l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che sia stato oggetto di discussione tra le parti e postula l’esatto adempimento degli specifici oneri di allegazione sanciti da Cass., Sez. U., 7 aprile 2014, n. 8053, qui, invece, rimasti assolutamente inosservati.
2.3 Inoltre, il vizio dedotto non può consistere in un apprezzamento dei fatti e RAGIONE_SOCIALE prove in senso difforme da quello preteso dalla parte, spettando soltanto al giudice di merito di individuare le fonti del proprio convincimento, controllare l’attendibilità e la concludenza RAGIONE_SOCIALE prove, scegliere tra le risultanze probatorie quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione dando liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova (Cass., 3 ottobre 2018, n. 24035; Cass., 8 ottobre 2014, n. 21152; Cass., 23 maggio 2014, n. 11511); né la Corte di cassazione può procedere ad un’autonoma valutazione RAGIONE_SOCIALE risultanze degli atti di causa (Cass., 7 gennaio 2014, n. 91; Cass., Sez. U., 25 ottobre 2013, n. 24148).
2.4 Infine, questa Corte ha chiarito che il fatto storico prospettato, deve essere inteso come un preciso accadimento o una precisa circostanza in senso storico-naturalistico e deve essere decisivo, ovvero per potersi configurare il vizio è necessario che la sua assenza conduca, con un giudizio di certezza e non di mera probabilità, ad una diversa decisione, in un rapporto di causalità fra la circostanza che si assume trascurata e la soluzione giuridica data, vale a dire un fatto che se esaminato avrebbe determinato un esito diverso RAGIONE_SOCIALEa controversia (Cass., 8 ottobre 2014, n. 21152; Cass., 14 novembre 2013, n. 25608), mentre, nel caso in esame, la società ricorrente richiama dapprima «la buona fede RAGIONE_SOCIALEa società» (pag. 4 del ricorso per cassazione) e poi assume che la società aveva fornito un elemento
probatorio concreto e idoneo a dimostrare la tempestività RAGIONE_SOCIALEa domanda di rimborso e i giudici di merito avrebbero dovuto necessariamente fare riferimento alla data di trasmissione, a mezzo PEC, del rendiconto finale al RAGIONE_SOCIALE, avvenuta in data 4 dicembre 2015 (pagine 19 e 20 del ricorso per cassazione), non specificando dunque quale sarebbe il « fatto», come in precedenza definito e delimitato, il cui esame sarebbe stato omesso dai giudici di secondo grado, risolvendosi la doglianza, nella sostanza, in una mera contrapposizione, come tale inammissibile, alla valutazione che il giudice di merito ha compiuto e di cui ha dato adeguata motivazione.
Per le ragioni di cui sopra, il ricorso deve essere rigettato e la società ricorrente va condannata al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali, sostenute dalla RAGIONE_SOCIALE controricorrente e liquidate come in dispositivo, nonché al pagamento RAGIONE_SOCIALE‘ulteriore importo, previsto per legge e pure indicato in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la società ricorrente al pagamento, in favore RAGIONE_SOCIALEa RAGIONE_SOCIALE controricorrente, RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 10.000,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito.
Ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, RAGIONE_SOCIALEa legge n. 228 del 2012, dà atto RAGIONE_SOCIALEa sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte RAGIONE_SOCIALEa società ricorrente, RAGIONE_SOCIALE‘ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis , RAGIONE_SOCIALE stesso articolo 13, ove dovuto.
Così deciso in Roma, in data 26 febbraio 2025.