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Rimborso IVA tardivo: la Cassazione sui termini

Una società di infrastrutture ha richiesto un rimborso per l’IVA versata in eccesso, ma l’istanza è stata considerata un rimborso IVA tardivo. La Corte di Cassazione ha confermato la decisione, stabilendo che il termine di decadenza applicabile è quello biennale previsto dall’art. 21 del D.Lgs. 546/1992. Il termine decorre dal momento in cui il contribuente ha la possibilità di accertare l’errore, ovvero dalla ricezione delle fatture del subappaltatore con l’aliquota corretta, e non da scadenze successive legate alla rendicontazione del progetto.

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Pubblicato il 28 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Rimborso IVA tardivo: Quando inizia a decorrere il termine per la richiesta?

Nel complesso mondo fiscale, il rispetto delle scadenze è fondamentale. Un ritardo può costare caro, trasformando un diritto in una mera pretesa non più esigibile. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito questo principio in un caso di rimborso IVA tardivo, chiarendo in modo definitivo da quale momento inizi a decorrere il termine biennale per la richiesta di restituzione dell’imposta versata in eccesso. La decisione sottolinea l’importanza della diligenza del contribuente nell’accertare tempestivamente i propri diritti.

I Fatti del Caso

Una società operante nel settore delle infrastrutture e telecomunicazioni, nell’ambito di un progetto di sviluppo della banda larga, aveva ricevuto un’anticipazione da un committente pubblico. Sulla base di tale anticipo, la società aveva emesso una fattura applicando l’aliquota IVA ordinaria (all’epoca al 21%) e aveva versato la relativa imposta. Successivamente, la società subappaltatrice incaricata dei lavori aveva emesso le proprie fatture applicando un’aliquota IVA agevolata (al 10%).

Resasi conto della discrepanza e di aver quindi versato un’imposta maggiore del dovuto, la società appaltatrice presentava un’istanza di rimborso all’Amministrazione Finanziaria. L’Agenzia, tuttavia, respingeva la richiesta, ritenendola presentata oltre il termine di decadenza di due anni previsto dalla legge.

La Decisione della Cassazione sul Rimborso IVA Tardivo

La Corte di Cassazione, confermando la decisione dei giudici di secondo grado, ha rigettato il ricorso della società. I giudici hanno stabilito che, per le richieste di rimborso IVA non derivanti dalla dichiarazione annuale, si applica il termine speciale di decadenza di due anni previsto dall’art. 21, comma 2, del D.Lgs. n. 546/1992, e non il termine ordinario di prescrizione decennale.

Il punto cruciale della controversia, e della decisione, risiede nell’individuazione del cosiddetto dies a quo, ovvero il giorno dal quale far partire il conteggio dei due anni.

Le Motivazioni: Il “Dies a Quo” per la Restituzione dell’Imposta

La Corte ha chiarito che il termine biennale per la richiesta di rimborso non decorre necessariamente dalla data del pagamento dell’imposta, ma, se posteriore, “dal giorno in cui si è verificato il presupposto della restituzione”. Nel caso di specie, questo presupposto si è concretizzato nel momento in cui la società ricorrente ha ricevuto le fatture dalla propria subappaltatrice con l’applicazione dell’aliquota agevolata.

È in quel momento, infatti, che la società è stata messa nelle condizioni di poter constatare l’errore commesso e, di conseguenza, di aver versato un’IVA superiore a quella dovuta. Da quella data, il diritto al rimborso era immediatamente esercitabile. La Corte ha ritenuto irrilevante la data di rendicontazione finale del progetto al committente pubblico (invocata dalla società come dies a quo alternativo), poiché tale scadenza attiene ai rapporti interni tra appaltatore e committente e non a quelli tra contribuente e Amministrazione finanziaria.

Secondo la Cassazione, attendere scadenze successive per far valere il proprio diritto avrebbe alterato il meccanismo di neutralità dell’IVA e avrebbe premiato una mancanza di diligenza da parte del contribuente. Il termine biennale, considerato ragionevole anche dalla giurisprudenza europea, è posto proprio per garantire certezza nei rapporti tributari, sanzionando il “soggetto passivo non sufficientemente diligente”.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche

La pronuncia in esame offre un’importante lezione per tutte le imprese: la gestione fiscale richiede massima attenzione e tempestività. Il diritto a ottenere un rimborso per un’imposta versata indebitamente è protetto, ma a condizione che venga esercitato entro i termini perentori stabiliti dalla legge.

L’insegnamento pratico è chiaro: il cronometro per la richiesta di rimborso IVA inizia a ticchettare non appena l’errore diventa conoscibile e l’azione esercitabile. Le aziende devono quindi monitorare costantemente i flussi di fatturazione attiva e passiva per individuare prontamente eventuali discrepanze e agire di conseguenza, senza attendere la chiusura di bilanci o rendicontazioni di progetto. In caso contrario, il rischio di vedersi negare un legittimo diritto per un rimborso IVA tardivo diventa una certezza.

Qual è il termine per richiedere un rimborso IVA non derivante dalla dichiarazione annuale?
Secondo la Corte di Cassazione, per le domande di rimborso IVA che non rientrano nelle ipotesi della dichiarazione annuale (art. 30 D.P.R. 633/72), si applica il termine di decadenza di due anni previsto dall’art. 21, comma 2, del D.Lgs. n. 546/1992, che ha carattere residuale.

Da quale momento inizia a decorrere il termine biennale per la richiesta di rimborso IVA?
Il termine di due anni inizia a decorrere dal giorno del pagamento dell’imposta o, se posteriore, dal giorno in cui si è verificato il presupposto per la restituzione. Nel caso specifico, questo presupposto è stato identificato nel momento in cui la società ha ricevuto le fatture dal subappaltatore con l’aliquota agevolata, diventando così consapevole dell’errore e del versamento in eccesso.

Perché la Corte ha escluso l’applicazione del termine di prescrizione decennale in questo caso?
La Corte ha escluso il termine ordinario di prescrizione decennale (art. 2946 c.c.) perché in materia tributaria vige un regime speciale per la ripetizione dell’indebito, basato su termini di decadenza più brevi. La norma dell’art. 21, comma 2, D.Lgs. 546/1992 è considerata una norma residuale e di chiusura del sistema, applicabile a tutte le istanze di rimborso per cui non sia prevista una disciplina specifica, come nel caso di specie.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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