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Rimborso IVA splafonamento: sì alla restituzione

Un’azienda esportatrice supera per errore il limite di acquisti senza IVA (splafonamento). Dopo aver pagato l’imposta accertata dall’Agenzia delle Entrate, ne chiede la restituzione. La Corte di Cassazione ha confermato il diritto al rimborso IVA splafonamento, respingendo il ricorso dell’Agenzia. La decisione si fonda sul principio di neutralità dell’IVA, secondo cui l’imposta non deve rappresentare un costo per le imprese, garantendo così il diritto dell’esportatore a recuperare l’IVA indebitamente versata.

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Pubblicato il 26 novembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Rimborso IVA per Splafonamento: La Cassazione Conferma il Diritto alla Restituzione

Il regime IVA per gli esportatori abituali è pensato per agevolare il commercio internazionale, ma un errore di calcolo può portare a complicazioni fiscali. Un caso recente affrontato dalla Corte di Cassazione chiarisce un punto fondamentale: cosa succede quando un’azienda supera il suo limite di acquisti esenti IVA? La risposta della Corte è netta e a favore del contribuente, affermando il pieno diritto al rimborso IVA splafonamento. Questa ordinanza rafforza il principio cardine della neutralità dell’imposta sul valore aggiunto.

Il Caso: Un Errore di Calcolo e la Richiesta di Rimborso

Una società, qualificata come “esportatore abituale”, a causa di un errore materiale nel conteggio delle fatture, ha superato il suo “plafond” IVA, ovvero il limite massimo di acquisti che poteva effettuare in sospensione d’imposta. Di conseguenza, l’Agenzia delle Entrate ha notificato un avviso di accertamento, contestando l’omesso versamento dell’IVA su tali acquisti eccedenti.

La società ha aderito all’accertamento, pagando l’imposta dovuta e le sanzioni in forma ridotta. Successivamente, ha presentato un’istanza di rimborso per l’IVA versata, sostenendo che tale imposta, sebbene dovuta a seguito dell’errore, costituisse comunque un credito. Di fronte al silenzio-rifiuto dell’amministrazione finanziaria, è iniziato un contenzioso tributario che, dopo due gradi di giudizio favorevoli all’azienda, è giunto dinanzi alla Corte di Cassazione su ricorso dell’Agenzia delle Entrate.

La Decisione della Corte: Il Principio di Neutralità dell’IVA Prevale

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, confermando la sentenza della Commissione Tributaria Regionale e, di fatto, il diritto della società al rimborso. La decisione si basa su un’attenta analisi della normativa IVA e, in particolare, sul principio di neutralità dell’imposta, di derivazione europea.

I giudici hanno sottolineato che il sistema del plafond è stato introdotto proprio per evitare che gli esportatori abituali si trovino costantemente in una posizione di credito IVA strutturale. Tuttavia, quando a causa di uno splafonamento l’esportatore (cessionario) è chiamato a versare l’imposta in luogo del suo fornitore (cedente), si genera un credito IVA a suo favore. Negare il rimborso di tale credito violerebbe il principio di neutralità, trasformando l’IVA in un costo per l’impresa, contrariamente alla sua natura di imposta sul consumo finale.

Le Motivazioni: Perché il rimborso IVA per splafonamento è legittimo?

Le motivazioni della Corte si articolano su due pilastri principali: la natura del meccanismo dello splafonamento e l’inapplicabilità delle norme sulla rivalsa ordinaria.

La Logica dietro il Plafond e lo Splafonamento

La Corte chiarisce che il regime del plafond non elimina il debito IVA, ma ne sospende l’esecutività, permettendo una compensazione con i crediti derivanti dalle esportazioni. Nel caso di splafonamento, il soggetto passivo del tributo diventa di fatto il cessionario (l’esportatore), che deve versare l’imposta. Questo pagamento, tuttavia, non è a fondo perduto. Esso genera un credito che, a tutela della neutralità dell’IVA, deve poter essere recuperato, tramite detrazione o, come nel caso di specie, tramite rimborso.

L’Inapplicabilità della Normativa sulla Rivalsa

L’Agenzia delle Entrate basava le sue argomentazioni sull’art. 60, settimo comma, del D.P.R. 633/1972, che disciplina la cosiddetta “rivalsa successiva” del fornitore verso il cliente a seguito di un accertamento. La Corte ha ritenuto tale norma non pertinente al caso. Qui, infatti, non si tratta di un fornitore che si rivale sul cliente, ma del cliente stesso (l’esportatore) che paga direttamente all’Erario un’imposta che non avrebbe dovuto pagare se non avesse commesso l’errore di splafonamento. La situazione è quindi strutturalmente diversa e non può essere regolata dalla medesima disposizione.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche per gli Esportatori Abituali

Questa ordinanza fornisce un’importante tutela per gli esportatori abituali. Stabilisce chiaramente che un errore formale, come lo splafonamento, una volta sanato con il pagamento dell’imposta, non può tradursi in una perdita economica definitiva per l’impresa. Il diritto al recupero dell’IVA versata (tramite detrazione o rimborso) è garantito dal principio supremo di neutralità dell’imposta. Le aziende devono quindi essere consapevoli che, anche a fronte di un accertamento per splafonamento, il pagamento dell’imposta non chiude la partita, ma apre la strada per il legittimo recupero di quanto versato.

Un’azienda che supera il suo “plafond” IVA e paga l’imposta accertata ha diritto al rimborso?
Sì. Secondo la Corte di Cassazione, l’esportatore abituale che versa l’IVA a seguito di uno splafonamento ha diritto a detrarre tale imposta o, se i termini per la detrazione sono scaduti, a chiederne il rimborso. Questo per non violare il principio di neutralità fiscale.

Perché il principio di neutralità dell’IVA è cruciale in un caso di splafonamento?
È cruciale perché garantisce che l’IVA non diventi un costo per l’impresa. L’imposta sul valore aggiunto è concepita per gravare solo sul consumatore finale. Se all’impresa che ha pagato l’IVA per splafonamento fosse negato il rimborso, essa subirebbe un costo indebito, alterando il funzionamento del sistema.

La normativa sulla “rivalsa successiva” si applica in caso di splafonamento da parte dell’esportatore abituale?
No. La Corte ha chiarito che la normativa sulla rivalsa (art. 60, settimo comma, D.P.R. 633/1972) riguarda l’ipotesi in cui il fornitore, a seguito di accertamento, addebita l’IVA al suo cliente. Nel caso di splafonamento, è direttamente il cliente (l’esportatore) a diventare debitore verso l’Erario, quindi la situazione è diversa e quella norma non si applica.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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