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Rimborso IVA società non operative: la Cassazione chiarisce

L’Agenzia Fiscale negava un rimborso IVA a una società S.a.s. ritenendola non operativa. La Corte di Giustizia di secondo grado accoglieva il ricorso della società, ma la Cassazione ha cassato la sentenza. La Suprema Corte ha chiarito che, sebbene le soglie di operatività non possano da sole negare il rimborso IVA per contrasto con il diritto UE, spetta sempre al contribuente dimostrare di aver svolto un’effettiva attività economica. La Corte ha anche censurato l’errata interpretazione dei documenti da parte del giudice d’appello.

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Pubblicato il 6 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Rimborso IVA per Società Non Operative: La Cassazione Fa Chiarezza

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione affronta un tema cruciale per molte imprese: il diniego del rimborso IVA a società non operative. La decisione chiarisce l’importante equilibrio tra le normative nazionali anti-abuso, come quella sulle società di comodo, e i principi fondamentali del diritto dell’Unione Europea in materia di IVA. Il caso analizzato offre spunti fondamentali sull’onere della prova a carico del contribuente e sui limiti del potere di accertamento dell’amministrazione finanziaria.

I Fatti di Causa

Una società S.a.s. si vedeva negare dall’Agenzia Fiscale il rimborso di un credito IVA relativo all’anno 2016. L’amministrazione basava il diniego sulla presunta inattività della società. La contribuente impugnava l’atto e, dopo un primo esito sfavorevole, la Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado accoglieva le sue ragioni. Secondo i giudici d’appello, una comunicazione dell’Agenzia Fiscale, con cui si richiedevano documenti per valutare l’istanza, costituiva un vero e proprio riconoscimento del debito. Inoltre, la Corte d’appello riteneva che il silenzio dell’amministrazione a seguito di una richiesta di interpello avesse consolidato il diritto al rimborso. Contro questa decisione, l’Agenzia Fiscale proponeva ricorso per Cassazione.

I Motivi del Ricorso dell’Agenzia Fiscale

L’Amministrazione Finanziaria lamentava diversi errori nella sentenza d’appello. In particolare, sosteneva che i giudici avessero:
1. Omesso di esaminare un fatto decisivo: La comunicazione del 15 maggio 2019 era una mera richiesta di documenti e non un riconoscimento del debito. Inoltre, contrariamente a quanto affermato, l’Agenzia aveva risposto negativamente all’interpello del contribuente tramite posta elettronica certificata (PEC).
2. Violato le norme sull’IVA: Il diniego si fondava sulla mancanza di esercizio di un’attività economica rilevante, un presupposto fondamentale per il diritto alla detrazione e al rimborso, e non sulla mera cessazione dell’attività.
3. Omesso di pronunciarsi sulla questione centrale: La Corte d’appello non aveva valutato il punto cruciale sollevato dall’Agenzia, ovvero la mancata prova, da parte della società, dei presupposti per ottenere il rimborso.

Rimborso IVA Società Non Operative e Onere della Prova

La Corte di Cassazione ha ritenuto fondati i motivi relativi all’onere della prova e all’errata valutazione dei documenti. La Suprema Corte ha ribadito un principio cardine del diritto tributario: spetta sempre al contribuente che chiede un rimborso dimostrare l’esistenza dei fatti che costituiscono il suo diritto. Nel caso di specie, l’Agenzia aveva contestato proprio la mancanza di un’attività economica, e la Corte d’appello aveva completamente ignorato tale eccezione, senza verificare se la società avesse fornito le prove necessarie. Inoltre, la Cassazione ha censurato l’interpretazione della comunicazione del 2019, qualificandola come un palese travisamento della prova: una richiesta di documenti non può mai essere equiparata a un’ammissione del diritto altrui.

Le Società Non Operative alla Luce del Diritto UE

Il punto più interessante della decisione riguarda il trattamento delle cosiddette ‘società di comodo’. La Corte Suprema, allineandosi a una recente sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea (causa C-341/22), ha affermato un principio di notevole importanza. La normativa nazionale che presume l’assenza di operatività (e quindi nega il rimborso IVA) basandosi unicamente sul mancato raggiungimento di soglie di ricavi predeterminate, si pone in contrasto con il diritto europeo e deve essere disapplicata. Tuttavia, questo non significa che il rimborso sia automatico. La disapplicazione della presunzione legale non esonera il contribuente dal suo onere della prova. L’azienda deve comunque dimostrare, anche a fronte di ricavi minimi, di aver svolto un’effettiva attività economica, seppur embrionale o preparatoria, finalizzata alla produzione di beni o servizi.

Le Motivazioni della Decisione

La Cassazione ha basato la sua decisione sui seguenti principi giuridici:
Onere della Prova: Nel processo tributario, chi chiede un rimborso agisce come attore in senso sostanziale e deve provare i fatti a fondamento della sua pretesa creditoria. Il silenzio dell’amministrazione non inverte tale onere.
Travisamento della Prova: I giudici di merito commettono un errore censurabile in Cassazione se attribuiscono a un documento un significato che esso oggettivamente non possiede.
Principi UE sull’IVA: Il principio di neutralità dell’IVA impone che le norme nazionali anti-abuso non possano negare il diritto alla detrazione o al rimborso in modo sproporzionato. Negare il rimborso solo perché non si raggiunge una soglia di ricavi è contrario al diritto UE. Resta però ferma la necessità di verificare in concreto l’esistenza di un’attività economica.

Conclusioni

Con questa ordinanza, la Corte di Cassazione cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa a un’altra sezione della Corte di Giustizia Tributaria per un nuovo esame. L’implicazione pratica è chiara: la qualifica di ‘società non operativa’ non è più una barriera insormontabile per ottenere il rimborso IVA. Tuttavia, le imprese non sono esentate dal dover provare concretamente di aver posto in essere operazioni economiche reali, rilevanti ai fini dell’imposta. La sostanza dell’attività economica prevale sulla forma e sulle presunzioni legali, ma deve essere rigorosamente dimostrata dal contribuente.

Una società classificata come “non operativa” ha automaticamente perso il diritto al rimborso IVA?
No. La Corte di Cassazione, in linea con la giurisprudenza europea, ha stabilito che la normativa nazionale sulle società non operative non può negare automaticamente il diritto al rimborso basandosi solo su presunzioni di ricavi minimi.

Su chi ricade l’onere di provare il diritto al rimborso IVA?
L’onere della prova ricade sempre sul contribuente che richiede il rimborso. Deve dimostrare i fatti costitutivi del suo credito, inclusa l’effettiva esistenza di un’attività economica rilevante ai fini IVA.

Una comunicazione dell’Agenzia Fiscale che richiede documenti per un rimborso può essere considerata un riconoscimento del debito?
No. La Corte ha chiarito che una semplice richiesta di documenti è un atto istruttorio e non può essere interpretata come un riconoscimento del diritto al rimborso, ma solo come parte del procedimento di verifica.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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