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Rimborso IVA: quando il cliente può chiederlo allo Stato?

Una società bancaria ha richiesto all’Amministrazione Finanziaria il rimborso dell’IVA su oneri energetici ritenuti non dovuti. La Corte di Cassazione ha respinto la richiesta, confermando il principio generale secondo cui solo il fornitore (cedente), in qualità di soggetto passivo d’imposta, è legittimato a chiedere il rimborso IVA all’Erario. Il cliente finale (cessionario) deve invece agire in via civilistica contro il proprio fornitore per recuperare l’importo. L’azione diretta del cliente verso lo Stato è ammessa solo in casi eccezionali di impossibilità o eccessiva difficoltà nel rivalersi sul fornitore, condizioni non riscontrate nel caso di specie.

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Pubblicato il 19 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Rimborso IVA: la Cassazione chiarisce chi può chiederlo allo Stato

Il tema del rimborso IVA è spesso fonte di contenziosi tra contribuenti e Amministrazione Finanziaria. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale: chi ha il diritto di chiedere la restituzione dell’IVA versata ma non dovuta? La questione, di grande rilevanza pratica, riguarda la legittimazione del consumatore finale ad agire direttamente nei confronti dell’Erario. Vediamo come i giudici hanno risolto il caso.

I Fatti di Causa

Un importante istituto di credito si era visto addebitare, nelle fatture per la fornitura di energia elettrica relative agli anni 2017 e 2018, l’IVA su una componente specifica della bolletta, i cosiddetti Oneri Generali di Sistema (OGdSE). Ritenendo tale applicazione dell’imposta errata, la società ha presentato un’istanza di rimborso direttamente all’Agenzia delle Entrate.

Al diniego dell’Amministrazione, è seguito un percorso giudiziario che ha visto la società vincitrice in primo grado, ma soccombente in appello. La Corte di giustizia tributaria di II grado ha infatti negato la legittimazione della banca a richiedere il rimborso, sostenendo che tale diritto spetti unicamente al fornitore di energia, in quanto unico soggetto passivo del rapporto tributario con lo Stato.

La questione è così giunta all’esame della Corte di Cassazione.

La questione del rimborso IVA e la legittimazione attiva

Il nodo centrale della controversia è stabilire chi, nel rapporto trilaterale tra fornitore (cedente), cliente (cessionario) e Stato, sia legittimato a chiedere la restituzione dell’IVA indebitamente versata.

* Il Principio Generale: La normativa IVA stabilisce un rapporto diretto esclusivamente tra il cedente/prestatore (il fornitore) e l’Erario. È il fornitore che versa l’IVA allo Stato. Di conseguenza, è sempre il fornitore ad essere titolare del diritto di chiederne l’eventuale rimborso.
* La Posizione del Cliente: Il cliente finale, pur sopportando il costo economico dell’imposta attraverso il meccanismo della rivalsa, non ha un rapporto tributario diretto con l’Amministrazione Finanziaria. Il suo rapporto giuridico è con il fornitore. Pertanto, per recuperare l’IVA pagata in eccesso, deve intentare un’azione civilistica di ripetizione dell’indebito contro il fornitore stesso.

Le Motivazioni della Cassazione

La Corte di Cassazione, nel respingere il ricorso della società, ha confermato l’orientamento consolidato, arricchendolo con i principi derivanti dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea.

I giudici hanno chiarito che la regola generale subisce delle deroghe solo in circostanze eccezionali. Il cliente finale può agire direttamente contro lo Stato per il rimborso IVA solo quando l’azione verso il fornitore sia impossibile o eccessivamente difficile. Questo può accadere, ad esempio, in caso di fallimento del fornitore o quando l’illegittimità del versamento derivi dalla violazione di una direttiva europea non correttamente recepita, che il privato non può far valere direttamente contro un altro privato (inefficacia orizzontale delle direttive).

Nel caso specifico, la Corte ha stabilito che nessuna di queste eccezioni era applicabile. La controversia sugli oneri di sistema non deriva da un’incompatibilità con il diritto dell’Unione, ma da una questione interpretativa interna. Pertanto, non sussisteva alcun impedimento per la banca ad agire in sede civile contro la società erogatrice dell’energia per ottenere la restituzione delle somme.

La Suprema Corte ha sottolineato che gli eventuali inconvenienti pratici di questa procedura (come i tempi e i costi di un’azione civile) non sono sufficienti a giustificare una deroga ai principi che regolano la struttura del rapporto tributario IVA.

Conclusioni

La sentenza ribadisce con chiarezza la ripartizione dei ruoli e delle tutele in materia di IVA. Salvo casi eccezionali e ben definiti, la strada maestra per il consumatore finale che ha pagato un’imposta non dovuta è quella dell’azione civilistica contro il proprio fornitore. Spetterà poi a quest’ultimo, una volta restituita la somma al cliente, attivarsi per ottenere il rimborso dall’Amministrazione Finanziaria. Questa decisione consolida la certezza dei rapporti giuridici e conferma che la neutralità dell’IVA si realizza attraverso la corretta applicazione delle procedure previste dall’ordinamento.

Chi ha diritto a chiedere il rimborso dell’IVA versata in eccesso?
In linea di principio, il diritto di chiedere il rimborso dell’IVA all’Amministrazione Finanziaria spetta esclusivamente al soggetto passivo d’imposta, ovvero colui che ha effettuato la fornitura del bene o la prestazione del servizio (il cedente/prestatore) e ha versato l’imposta all’Erario.

Il cliente finale (cessionario) può chiedere direttamente allo Stato il rimborso dell’IVA?
No, di norma il cliente finale non può chiedere direttamente il rimborso allo Stato. Egli deve agire con un’azione civilistica (azione di ripetizione dell’indebito) nei confronti del proprio fornitore per recuperare l’importo pagato e non dovuto. Il suo rapporto giuridico è con il fornitore, non con l’Erario.

In quali casi eccezionali il consumatore può agire direttamente contro l’Amministrazione finanziaria per il rimborso IVA?
La sentenza, in linea con la giurisprudenza europea, ammette l’azione diretta del consumatore finale contro lo Stato solo in due ipotesi principali: 1) quando ottenere il rimborso dal fornitore sia impossibile o eccessivamente difficile (ad es. per fallimento di quest’ultimo); 2) quando l’indebito deriva da una norma nazionale contraria a una direttiva UE chiara e incondizionata, che il consumatore non potrebbe invocare in un giudizio civile contro il fornitore.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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